In tema di risarcimento del danno da protesto di assegno bancario, la semplice illegittimità del protesto non è di per sé sufficiente al risarcimento in quanto il danno alla reputazione ed onorabilità scaturente da illegittima iscrizione non è in re ipsa ma deve essere provato, anche per presunzioni, sulla base delle circostanze del caso concreto, fermo restando l’onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l’esistenza e l’entità del pregiudizio, come la lesione di un diritto della persona, sotto il profilo dell’onore e della reputazione, o la lesione della vita di relazione o della salute.
Questi il principio espresso dal Tribunale di Nocera Inferiore, Giudice Gustavo Danise con la sentenza n. 190 del 01.02.2018.
Nella fattispecie esaminata un cliente conveniva in giudizio la banca lamentando la mancata concessione di un finanziamento a causa della risultanza a proprio carico di alcuni protesti relativi ad assegni tratti su un conto corrente a lui intestato in data successiva all’estinzione dello stesso e recanti una firma di traenza chiaramente non a lui appartenente.
Deduceva altresì che la Banca successivamente provvedeva ad inviare comunicazione per la cancellazione dei due protesti nella quale, però, era fatto riferimento ad un precedente insoluto del 2004 non risultante da alcun registro informatico protesti e lamentando, dunque, la divulgazione di tale informazione in violazione degli obblighi di segretezza e riservatezza. Chiedeva quindi la condanna dell’intermediario al risarcimento dei danni alla propria sfera personale, nonché al decoro, all’immagine ed alla reputazione, nonché per il danno patrimoniale determinato dalla mancata concessione del richiesto mutuo.
Si costituiva in giudizio la Banca chiedendo il rigetto della domanda attorea e precisando che, per quanto concerne la comunicazione del protesto per l’ulteriore assegno insoluto, la circostanza era necessariamente già nota alla CCIA che ne aveva curato la pubblicazione, sebbene inspiegabilmente il predetto protesto non risultava iscritto nel registro; e che la negoziazione ed il protesto dei due assegni di contestati era avvenuto prima della estinzione del conto, diversamente da quanto riferito dall’attore.
Il Tribunale ha precisato che la divulgazione dell’esistenza del protesto elevato nel 2004 non è avvenuta nei confronti di soggetti terzi ed esterni, ma verso l’ente deputato a curare la pubblicazione e l’iscrizione dei protesti sul dossier personale CERVED e che la camera di commercio era già necessariamente a conoscenza dell’esistenza di tale iscrizione.
Quanto invece al danno conseguente al protesto degli assegni con firma di traenza falsa, il Giudicante ha specificato che il danno alla reputazione ed onorabilità conseguente all’illegittima iscrizione non si verifica in re ipsa ma deve essere provato, anche per presunzioni, sulla base delle circostanze del caso concreto.
Nella specie, il Magistrato ha rilevato che dalla visura camerale a carico del cliente risultavano precedenti protesti correttamente levati per importi ben maggiori di quelli contestati, sicchè di per sé soli considerati questi erano idonei a determinare la sfiducia degli operatori di mercato ed in generale degli istituti bancari nei suoi confronti, per cui l’iscrizione aggiuntiva sul di altri due protesti era, per la esiguità della somma, inidonea ad aumentare sensibilmente tale sfiducia.
Sulla scorta di tali rilievi il Tribunale ha ritenuto non debitamente provate le domande proposte, pronunciandosi per il rigetto integrale delle stesse e condannando il cliente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’intermediario convenuto.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
PROTESTO CAMBIALE: L’ILLEGITTIMITÀ NON È DI PER SE SUFFICIENTE A GIUSTIFICARE IL RISARCIMENTO
E’ NECESSARIO FORNIRE LA PROVA DELLA GRAVITÀ DELLA LESIONE E DELLA NON FUTILITÀ DEL DANNO
Sentenza | Corte d’ Appello di Roma, Pres. Cofano – Rel. Thellung de Courtelary | 17.01.2018 | n.308
ASSEGNI: LA SEMPLICE ILLEGITTIMITÀ DEL PROTESTO NON È DI PER SÈ SUFFICIENTE PER LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO
NECESSARIO PROVARE ANCHE MEDIANTE PRESUNZIONI SEMPLICI GRAVITÀ LESIONE E NON FUTILITÀ DEL DANNO
Sentenza | Cassazione civile, sez. terza, Pres. Vivaldi – Rel. Moscarini | 05.05.2017 | n.10904
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