Procedimento patrocinato da DE SIMONE LAW FIRM
Non sussiste alcun obbligo, normativamente previsto, in capo al trattario di avvisare il traente della mancanza sul conto corrente a questi intestato della provvista necessaria per il pagamento integrale dell’importo del titolo in questione, atteso che a norma dell’art. 8 bis l. 386/90 nei casi di emissione di assegni senza provvista, previsti dall’articolo 2 della citata legge, il trattario dà comunicazione del mancato pagamento al pubblico ufficiale che deve levare il protesto o effettuare la constatazione equivalente mentre con il preavviso di cui all’art. 9bis l. 386/90 il trattario comunica al traente che, scaduto il termine indicato nell’articolo 8 senza che abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, il suo nominativo sarà iscritto nell’archivio di cui all’articolo 10 bis e che dalla stessa data gli sarà revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni.
Questo il principio di diritto espresso dal Tribunale di Napoli Nord, Giudice Giovanni Di Giorgio, con l’ordinanza del 7 luglio 2020.
Una società, con un ricorso ex art. 700 cpc, ha chiesto disporsi la cancellazione del proprio nominativo dal registro informativo dei protesti, nonché dall’archivio della Banca d’Italia ex art. 10 bis legge 1.12.1999, n. 389, effettuata dalla banca. In particolare, ha dedotto l’illegittimità di tale atto, in quanto l’importo dell’assegno portato all’incasso e protestato per difetto di provvista in realtà era ampiamente rientrante nell’ambito dell’affidamento bancario accordato e ha rilevato la mancanza di qualsivoglia comunicazione preventiva all’iscrizione da parte dell’istituto bancario.
Il Giudice ha rigettato il ricorso per carenza del requisito del fumus bonis iuris, ritenendo assorbita ogni valutazione relativa all’ulteriore presupposto del periculum in mora.
Nello specifico, in merito al fumus boni iuris, il Tribunale ha affermato, sulla base dei documenti prodotti dall’istituto, che la società ha sì beneficiato di un’apertura di credito a partire dal 23.10.2017, ma nei limiti di 10.000 €. Pertanto, se alla data di presentazione dell’assegno per l’incasso il saldo del conto era pari a –8.277,03 €, la possibilità di sconfinamento intra fido del resistente era limitata in quella data a 1.722,97 €: sicché sul conto corrente intestato alla ricorrente, anche tenendo conto dell’affido concesso, non sussisteva provvista sufficiente all’integrale pagamento dell’assegno in questione (che ammontava invece a 2.000 €).
Riguardo invece all’assenza della preventiva comunicazione, da parte della Banca, circa il difetto di provvista dell’assegno portato all’incasso, il Giudice ha ribadito che non sussiste alcun onere a carico della banca di avvertire il cliente prima della elevazione del protesto di un assegno emesso per mancanza di fondi. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che “il protesto, quale evento dannoso, non è riferibile alla condotta dell’istituto di credito, ma al correntista il quale è sempre a conoscenza del conto corrente a lui intestato avendo contezza della reale consistenza del conto, ragion per cui un eventuale protesto per mancanza di fondi sarà sempre a lui addebitabile e non ha diritto ad alcun avviso preventivo” (cfr. Corte di Cassazione, sentenza del 12 febbraio 2013, n.3286).
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
PROTESTO ASSEGNI: la banca non deve avvertire il cliente
Il correntista non ha diritto ad alcun preventivo avviso prima del protesto
Sentenza | Cassazione civile, sezione terza | 12.02.2013 | n.3286
SEGNALAZIONE CAI: irrilevante il caso fortuito o la forza maggiore
L’impossibilità anche in ipotesi “oggettiva” del pagamento tempestivo non vale a qualificare come illecita l’iscrizione
Ordinanza | Tribunale di Lanciano, Giudice Giovanni Nappi | 25.01.2018
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