ISSN 2385-1376
Testo massima
Nell’ipotesi in cui la mancanza di provvista su conto corrente sia conseguenza diretta ed esclusiva della condotta del correntista, deve ritenersi che quest’ultimo non abbia adempiuto all’obbligo sullo stesso gravante di assicurarsi che sul conto vi fossero fondi disponibili in maniera sufficiente per garantire il buon fine dei titoli emessi. In circostanze del genere, il cliente non può dolersi del rifiuto della banca di pagare e della conseguente levata del protesto.
Non rileva, ai fini del giudizio sulla legittimità del protesto, l’eventuale sussistenza di un credito restitutorio a favore dei clienti nei confronti della banca. Invero, la mera allegazione di un credito, peraltro oggetto di contestazione, non vale a configurare l’esistenza di una provvista.
La domanda finalizzata all’accertamento della illegittimità del protesto, con conseguente risarcimento del danno, in difetto della provvista integra un’ipotesi di lite temeraria.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Reggio Emilia, dott.ssa Chiara Zompi, con sentenza n. 955, depositata in data 06.07.2015.
Nel caso in esame, i clienti convenivano in giudizio la Banca, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non, da imputarsi all’illegittima levata del protesto a carico degli istanti, nonché a specifici profili di responsabilità, in relazione alle inesatte informazioni fornite, addebitati alla convenuta. In particolare, gli istanti deducevano che “l’erronea, illegittima ed errata applicazione di commissioni ed oneri da parte della banca, aveva determinato la virtuale assenza di provvista a causa della quale l’assegno era stato protestato“.
Si costituiva in giudizio l’istituto di credito, il quale contestava ogni addebito, chiedendo la condanna degli attori per lite temeraria, ex art. 96 c.p.c..
Il Tribunale, accertata la radicale infondatezza delle doglianze attoree, ne ha disposto l’integrale rigetto, con condanna dei clienti per lite temeraria, ravvisando a carico di questi ultimi “una colpa grave, consistita nell’aver promosso l’azione in modo manifestamente temerario, come dimostrato dall’assoluta infondatezza peraltro già emersa in fase cautelare in fatto ed in diritto della domanda“. In virtù di tali rilievi, il Giudice ha quantificato l’entità della condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., nella metà di quanto liquidato a titolo di spese di lite.
Preliminarmente, il provvedimento in commento ha accertato la legittimità del protesto oggetto di causa, elevato poiché, “al momento della presentazione all’incasso dell’assegno de quo, sul conto corrente cointestato agli attori non vi erano fondi sufficienti al pagamento del titolo, in quanto l’intera giacenza era stara precedentemente prelevata da uno dei clienti“. Da quanto esposto, come chiarito dal Tribunale, “consegue la legittimità del protesto, circostanza che esclude la responsabilità della banca trattaria convenuta per averlo richiesto“. Irrilevante, in tale ottica, il controcredito per giunta contestato allegato dai clienti nei confronti della banca, non idoneo a scalfire il giudizio di legittimità relativo al protesto de quo.
L’ulteriore rilievo sul quale il Giudice ha fatto leva al fine di escludere qualsivoglia profilo di responsabilità della banca, si sostanzia nelle comunicazioni da questa inoltrate ai clienti, allo scopo di allertarli prima di procedere al contestato protesto. Solleciti, però, ignorati dagli istanti.
Da ultime, le statuizioni relative alla espletata CTU, da cui era emerso che “anche a voler decurtare dalle somme addebitate ai correntisti sia le spese di chiusura trimestrale, sia le commissioni di disponibilità fondi e mancanza fondi, alla data di levata del protesto, il saldo del conto corrente cointestato agli attori sarebbe stato comunque passivo e, pertanto, del tutto insufficiente a garantire il regolare pagamento dell’assegno“.
Testo del provvedimento
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 399/2015