ISSN 2385-1376
Testo massima
L’onere di contestazione – la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova – sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per i fatti ad essa ignoti. (Cassa con rinvio, App. Milano, 22/07/2009).
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 25162-2010 proposto da:
B.G.
– ricorrente –
contro
BE.FR.
– controricorrente–
avverso la sentenza n. 2086/2009 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/07/2009, R.G.N. 4410/2005
Svolgimento del processo
1.- Questo l’antefatto.
Il commercialista Be.Fr., in rappresentanza di B. G. che il 2.3.1993 gli aveva conferito procura a vendere un appartamento di cui era proprietario, il 22 marzo successivo alienò a S.D. l’immobile in questione, informando il rappresentato che s’era trattato di vendita simulata (nel 1999 ne fu infatti, per questo, dichiarata la nullità con sentenza del tribunale di Milano passata in giudicato, emessa nella causa promossa il 9.6.1993 nei confronti del B. e del S. dal Credito Italiano, che in data 1.3.1993 aveva richiesto al B. il pagamento di poco meno di trecento milioni di lire quale fideiussore dell’inadempiente debitore principale).
L’immobile fu poi venduto il 22.11.1993 dall’acquirente S. ai coniugi M. – Mo., ai quali si rese tuttavia opponibile la trascrizione dell’atto di citazione del Credito Italiano, effettuata il 22.6.1993, sicchè l’immobile fu infine venduto all’asta nell’esecuzione per espropriazione immobiliare iniziata dalla banca nei confronti del B..
2.- Tale essendo l’antefatto, nel dicembre 2001 il B. convenne in giudizio il Be. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni, indicati in L. 200.000.000, per aver esercitato infedelmente il mandato, che contemplava la procura a vendere e non a concludere una vendita simulata. Ne prospettò inoltre la responsabilità extracontrattuale in ordine ai danni anche morali cagionatigli per aver fatto sì che l’immobile fosse poi clandestinamente trasferito ai M. – Mo., appropriandosi interamente del corrispettivo e facendogli credere, per molti anni, che l’immobile fosse ancora nella disponibilità e nella gestione del Be. stesso e del fiduciario S..
Il convenuto resistette.
Con sentenza del 7.7.2005 il tribunale di Milano accolse parzialmente la domanda del B.: ritenne che il Be. avesse violato il mandato, conferito per vendere l’immobile a titolo oneroso e non gratuito e che, inoltre, attraverso il doloso occultamento dell’intestazione dei beni ai M. – Mo., avesse posto in essere un comportamento integrante il reato di truffa. Liquidò dunque il danno patrimoniale e non patrimoniale, complessivamente ed indistintamente, nella somma di Euro 30.000, ponendo le spese processuali a carico del convenuto.
3.- La Corte d’appello di Milano, in accoglimento dell’appello del Be., ha invece rigettato la domanda con sentenza n. 2086 del 22.7.2009 sui sostanziali rilievi:
– che per stessa ammissione effettuata dall’attore nell’atto di citazione in primo grado, egli aveva acconsentito a vendere simulatamente al S. ed aveva comunque ratificato l’operato del Be.;
– che, in ogni caso, nessun danno patrimoniale il B. aveva subito, giacchè il bene era comunque rientrato nel suo patrimonio (a seguito della sentenza che aveva dichiarato la nullità della vendita al S. per simulazione assoluta);
– che, in particolare, un danno patrimoniale non era configurabile neppure sotto il profilo del ritardo, giacchè per un verso il B. aveva acconsentito alla vendita simulata e, per altro verso, il bene avrebbe dovuto essere messo a disposizione del Credito Italiano e non esser da lui utilizzato;
– che neppure era configurabile un danno “morale derivante da reato, perchè parte lesa di un eventuale reato di truffa sarebbero i coniugi M. – m., che hanno pagato il corrispettivo e si sono visti privare del bene, ma non B.”.
Ha poi compensato le spese di entrambi i gradi “con particolare riguardo al fatto che il Be. ha messo a disposizione la sua attività e la sua competenza per effettuare una operazione diretta a sottrarre il bene ai creditori”.
4.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione B.G., affidandosi a tre motivi, cui resiste con controricorso Be.
F..
Motivi della decisione
1.- Va pregiudizialmente chiarito, in relazione ai rilievi del controricorrente in ordine alla inammissibilità della produzione in questa sede delle sentenze del tribunale di Milano nn. 6982/2006 e 3944/2004, che nel giudizio di legittimità non è effettivamente ammesso il deposito di documenti non prodotti nei precedenti gradi e che non riguardino la nullità della sentenza o l’ammissibilità del ricorso e del controricorso (art.372 cpc).
2.- Col primo motivo (illustrato alle pagine da 22 a 36 del ricorso) la sentenza è censurata per violazione o falsa applicazione dell’art.183 cpc., comma 5 e art.45 cpc., artt.24 e 111 Cost., nonchè per indeterminato vizio di motivazione per aver dato ingresso ad eccezioni nuove.
Col secondo (pp. 36-40 del ricorso) è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art.112 cpc. per essere la sentenza affetta da ultrapetizione nella parte in cui ha escluso che il B. avesse sofferto un danno, in primo grado invece “considerato in re ipsa rispetto al fatto illecito dedotto” (pag. 38, penultimo capoverso del ricorso), giacchè mai “nel corso del giudizio di primo grado il Be. aveva sostenuto che il B. non avesse subito danni come precisati a causa petendi e petitum dell’atto di citazione del 21.12.2001” (inizio di pag. 39 del ricorso).
Col terzo motivo (pp. 40-52) è dedotto vizio della motivazione su fatto controverso e decisivo, in conclusione imputandosi alla Corte d’appello di aver omesso di valutare il quadro probatorio, “ovvero offrendo di esso una prospettiva insufficiente e/o contraddittoria” (così il ricorso, a pag. 52).
3.- Deve preliminarmente esaminarsi il secondo motivo, che direttamente concerne la assorbente ratio decidendi di fondo della sentenza impugnata, costituita dall’affermazione che “in ogni caso manca un danno risarcibile” (cfr. penultimo capoverso della non numerata prima pagina dei motivi della decisione).
Vi si sostiene che la sussistenza del danno era incontestata in primo grado giacchè il suo difetto era stato prospettato dal convenuto Be. sul piano dell’interesse ad agire e non sul diverso piano del merito della causa (inizio di pag. 37 del ricorso).
La censura è infondata per più ragioni:
– perchè l’onere di contestazione è prospettabile solo in relazione a fatti noti al convenuto, e non anche a fatti ignoti, quali la sussistenza di un danno in un complesso contesto connotato dall’intento (affermato in sentenza, in fine, e non negato da alcuno) delle parti di adoperarsi per sottrarre un immobile di una di esse alla garanzia patrimoniale dei creditori;
– perchè è assolutamente irrilevante il “piano” sul quale il convenuto aveva comunque negato l’esistenza del danno, che è fondamentale elemento costitutivo di qualsiasi pretesa risarcitoria, quale che sia il titolo della invocata responsabilità;
– perchè il danno, inteso come effetto pregiudizievole, non è mai in re ipsa, ma è sempre una conseguenza del c.d. evento di danno.
Va dunque escluso che la sentenza sia affetta da ultrapetizione.
4. La censura svolta col primo motivo è infondata nella parte in cui non risulta assorbita, giacchè, per un verso, la diversità degli argomenti addotti in appello non comporta in se stessa violazione dell’art.345 cpc. e poichè, per altro verso, l’allegazione dell’inesistenza di un danno non costituisce comunque eccezione in senso proprio, ma contestazione della sussistenza dei fatti costitutivi della domanda.
5.- Il terzo è fondato limitatamente alla riforma della sentenza di primo grado pure in relazione all’avvenuto riconoscimento da parte del Tribunale – secondo quanto riportato dal ricorrente a pag. 12 del ricorso – del danno derivato dall’occultamento della successiva cessione dell’immobile ai M. – mo. (quale emergeva in modo univoco dal doc, 21 del fascicolo dell’attore), continuando (n.d.e.: il Be.) a richiedere all’attore il pagamento delle spese e degli oneri gravanti sull’immobile in esame (v. doc, 13-14-15 fascicolo attore). Il rigetto della domanda è, infatti, del tutto privo di motivazione sul punto specifico, anche nella parte in cui tanto potesse essere in ipotesi suscettibile di essere qualificato come reato in danno del B..
Per il resto la motivazione è coerente e niente affatto insufficiente anche laddove, in riferimento alla vendita simulata al S., pone in luce la valenza della vicinanza temporale tra la lettera del Credito Italiano (recante la data dell’1.3.1993, quale che sia stato poi il giorno del ricevimento) ed il conferimento al Be., il giorno successivo, della procura a vendere.
6.- Rigettati i primi due motivi, la sentenza va in conclusione cassata esclusivamente in relazione a tale punto (che attiene agli accadimenti coevi o successivi alla vendita dal S. ai Mo. – mo.).
Il giudice del rinvio, che si designa nella stessa Corte d’appello in diversa composizione, regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
PQM
accoglie per quanto di ragione il terzo motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2013
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Numero Protocolo Interno : 446/2013