In tema di controversie inerenti rapporti di conto corrente bancario la produzione in giudizio da parte dell’istituto di credito dell’ordinario estratto conto deve considerarsi idonea a rappresentare prova sufficiente delle movimentazioni, tanto debitorie quanto creditorie relative al rapporto intercorrente con il correntista, nonché delle condizioni praticate dalla banca in riferimento ai singoli servizi offerti. Tale rendicontazione, infatti, assume una certa incontestabilità dopo che, inviato al correntista, questi non ne contesti il contenuto entro un certo periodo di tempo. In sede giudiziale, pertanto, è onere di quest’ultimo, a fronte di tale produzione da parte della banca, contestare in maniera puntuale e specifica le singole poste che assume essere illegittime, determinanti, in quanto tale, un saldo finale abnorme. La contestazione solo generica delle voci contenute nell’estratto conto asseritamene contra legem, pertanto, deve essere considerata insufficiente al fine di minare il valore probante di tale produzione.
IL COMMENTO
La sentenza in esame è stata emessa in giudizio nel quale è stata chiesta la condanna dell’Istituto di credito al risarcimento di tutti i danni cagionati dal recesso improvviso, arbitrario e privo di giusta causa dai rapporti di conto corrente e di apertura di credito in conto corrente intercorsi tra le parti, nonché alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse nell’ambito dei rapporti suddetti a titolo di indebita capitalizzazione trimestrale e di commissione massimo scoperto, con domanda riconvenzionale per la condanna dell’attore al pagamento di quanto dovuto quale saldo contabile debitore del conto corrente.
Il Giudice di merito ha affermato che una volta fornita dalla banca tramite la produzione degli estratti conto la prova dell’ammontare del proprio credito, nonché la intervenuta pattuizione di tutte le condizioni economiche applicate al rapporto, costituisce onere del debitore effettuare puntuali e specifiche contestazioni in relazione alla parte di somma ritenuta non dovuta.
Nel caso di specie, invece, l’attrice si era limitata a contestazioni del tutto generiche in diritto prive di alcun concreto riferimento a singole poste dalle quali discenderebbe il saldo finale.
LA SENTENZA
Con atto di citazione notificato in data 17.11.2008 (OMISSIS) conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Bologna BANCA S.p.A. per sentirla condannare al risarcimento di tutti i danni cagionati dal recesso improvviso, arbitrario e privo di giusta causa dai rapporti di conto corrente e di apertura di credito in conto corrente intercorsi tra le parti, nonché alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse nell’ambito dei rapporti suddetti a titolo di indebita capitalizzazione trimestrale e di commissione massimo scoperto.
Costituitasi, la banca convenuta contestava integralmente la domanda, chiedendone il rigetto e spiegando inoltre domanda riconvenzionale di condanna dell’attrice al pagamento della somma di Euro 53.296,35, pari al saldo contabile debitore del conto corrente, oltre interessi.
Nel corso del giudizio il giudice, su istanza della convenuta, emetteva ordinanza ex art. 186 ter, 2 co. c.p.c. provvisoriamente esecutiva di condanna dell’attrice al pagamento della somma di Euro 53.296,35, oltre interessi legali dalla domanda riconvenzionale al saldo; respingeva inoltre le richieste istruttorie formulate e fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 30.9.2010, all’esito della quale la causa veniva trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
(OMISSIS), titolare del conto corrente di corrispondenza n. (…) acceso il 9.6.2005 presso l’Agenzia di Casale Monferrato di BANCA S.p.A. otteneva in data 8.11.2005 un affidamento di Euro 40.000,00, successivamente aumentato in data 7.2.2006 fino all’importo di Euro 55.000,00.
In seguito a ripetuti sconfinamenti e all’addebito di un numero rilevante di effetti insoluti e protestati, l’istituto di credito in data 8.9.2008 comunicava alla cliente il recesso dal contratto di conto corrente e la revoca di ogni affidamento, intimando il pagamento di Euro 63.101,59, pari al saldo debitore del conto all’epoca del recesso.
Le circostanze appena esposte, sostanzialmente ammesse dalla convenuta e comunque risultanti dalla documentazione in atti, rendono evidente come il recesso operato dalla banca sia stato tutt’altro che arbitrario e ingiustificato, trovando piuttosto fondamento nella condizione di insolvenza della correntista, progressivamente acuitasi – come si evince dagli estratti conto in atti – negli ultimi mesi del rapporto; deve allora ritenersi che il recesso senza preavviso con immeditata richiesta di rientro sia conforme alle previsioni contrattuali, che consentono alla banca di recedere immediatamente senza preavviso del contratto in presenza di giusta causa (vedi condizioni contrattuali allegate al contratto di conto corrente del 9.6.2005: doc. n. 3 di parte convenuta).
Si osserva oltretutto ad abuntatiam che la pretesa risarcitoria avanzata dall’attrice, fondata sulla dedotta responsabilità della banca per violazione della buona fede contrattuale, appare totalmente sfornita di prova in ordine al quantum, difettando non soltanto la dimostrazione, ma anche un’allegazione sufficientemente specifica del danno asseritamente subito.
Per quanto concerne poi la richiesta di restituzione di somme che si afferma essere state illegittimamente addebitate a titolo di capitalizzazione trimestrale di interessi e di commissione massimo scoperto, deve rilevarsi che il contratto di conto corrente stipulato tra le parti prevede espressamente che i rapporti di dare e avere tra le parti relativi al conto corrente, sia esso debitore o creditore, siano regolati con identica periodicità trimestrale; la capitalizzazione degli interessi appare dunque legittimamente operata in conformità alla delibera CICR 9.2.2000, che prevede appunto una identica periodicità per le parti del rapporto.
Con riguardo alla commissione massimo scoperto – costituente non un accessorio che si aggiunge all’interesse passivo, bensì un autonomo corrispettivo dovuto alla banca per aver posto e mantenuto a disposizione del cliente la somma da questo richiesta – deve in generale ritenersi che la stessa (per il periodo antecedente l’entrata in vigore dell’art. 2 bis della legge 28 gennaio 2009, n. 2, che l’ha esplicitamente regolamentata) possa essere addebitata solo se espressamente pattuita, nella misura convenuta e per i periodi per i quali risulta pattuita, con esclusione della capitalizzazione trimestrale (Cass. n. 870/2006; n. 11772/2002).
Ebbene, nel caso di specie la commissione risulta specificamente pattuita in contratto in misura determinata; per il resto, l’attrice non ha sollevato contestazioni in ordine all’esistenza e all’ammontare della somma complessivamente richiesta dalla banca in via riconvenzionale a titolo di saldo contabile debitore del suddetto conto corrente – che trova riscontro negli estratti conto relativi all’intera durata del rapporto di conto corrente prodotti in giudizio dalla banca convenuta – né in relazione a determinate voci di essa.
In proposito deve osservarsi che l’ordinario estratto conto – che riporta le movimentazioni debitorie e creditorie intervenute dall’ultimo saldo, con le condizioni attive e passive praticate dalla banca, ed assume una relativa incontestabilità dopo un certo periodo di tempo dalla sua comunicazione al Correntista – è senz’altro idoneo a fungere da prova nell’ordinario giudizio di cognizione (S.U., n. 6707/1994; n. 2751/2002; n. 12233/2003; n. 11749/2006).
Pertanto, una volta fornita dalla banca tramite la produzione degli estratti conto la prova dell’ammontare del proprio credito, costituisce onere del debitore effettuare puntuali e specifiche contestazioni in relazione alla parte di somma ritenuta non dovuta.
Nel caso di specie, invece, l’attrice si è limitata a contestazioni del tutto generiche in diritto prive di alcun concreto riferimento a singole poste dalle quali discenderebbe il saldo finale.
In conclusione, dunque, la domanda principale appare nel complesso infondata e va respinta, mentre va accolta la domanda riconvenzionale proposta dalla banca, con condanna dell’attrice al pagamento dell’importo richiesto, oltre interessi, a conferma dell’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. emessa in data 5.11.2009, da intendersi assorbita nella pronuncia di condanna. Le spese di lite seguono la soccombenza.
PQM
Il Tribunale di Bologna in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel giudizio proposto con atto di citazione notificato il 17.11.2008 da (OMISSIS) nei confronti di BANCA S.p.A. rigetta la domanda principale e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condanna l’attrice al pagamento in favore della convenuta BANCA S.p.A. della somma di Euro 53.296,35, oltre interessi legali dalla data della domanda riconvenzionale (30.4.2009) sino al saldo, con conseguente conferma dell’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. emessa in corso di causa data 5.11.2009.
Condanna l’attrice a rifondere alla convenuta le spese di lite, che liquida d’ufficio in Euro 6.000,00 per diritti e onorari, oltre 12,5% rimborso spese generali, IVA e CPA.
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