ISSN 2385-1376
Testo massima
Non è dato addivenire ad una esibizione officiosa della documentazione, ai sensi dell’art.210 cod. proc. civ., per sopperire all’inerzia della parte nel dedurre mezzi di prova, potendo tale potere discrezionale del giudice essere esercitato solo se la prova del fatto che si intende dimostrare non sia acquisibile aliunde, non anche per fini meramente esplorativi
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 30533/2006 proposto da:
COND (OMISSIS) P.I.
– ricorrente –
contro
D.S.E. C.F. (OMISSIS)
– controricorrente –
e contro
S.H.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 106/2006 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO SEZ.DIST. DI di BOLZANO, depositata il 27/5/2006;
Svolgimento del processo
Il Condominio (OMISSIS), corrente in (OMISSIS), conveniva in giudizio l’amministratore rimasto in carica sino al 5 luglio 2001, formalmente S. H., ma sostanzialmente D.S.E., per sentirli condannare al pagamento della complessiva somma di Euro 11.505,55 a titolo di importi incassati dagli stessi e non dovuti e per importi in uscita privi di giustificazione e della relativa documentazione.
Si costituiva in giudizio soltanto il D.S. adducendo che, al fine di potersi difendere, occorreva l’acquisizione della documentazione condominiale contabile relativa agli anni 2000 e 2001, da esibirsi da parte del Condominio stesso; quanto poi al contestato prelievo assumeva trattarsi di compenso per lavori di amministrazione straordinaria fatturati in base alle tabelle Anci. Concludeva, pertanto, per la reiezione della domanda attorea, invocando in ogni caso la produzione della documentazione contabile completa.
L’adito Tribunale di Bolzano rigettava la domanda proposta dal condominio, negando l’ammissione di consulenza tecnica, ritenuta esplorativa, e ritenendo precluso l’esame sulla fondatezza della pretesa spiegata in mancanza della produzione in giudizio della documentazione contabile da parte del Condominio attore.
2. – Avverso tale sentenza interponeva gravame lo stesso Condominio (OMISSIS), dolendosi della mancata ammissione della c.t.u. contabile, tramite la quale soltanto avrebbe potuto essere dimostrata la fondatezza della domanda, sostenendo che i documenti ben potevano essere acquisiti dal consulente in sede indagini tecniche.
Si costituiva nel giudizio di gravame soltanto il D.S., chiedendo la reiezione dell’appello.
Con sentenza resa pubblica il 27 maggio 2006, la Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, rigettava l’impugnazione, condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado.
La Corte territoriale escludeva di poter ascrivere la consulenza contabile tra quelle c.d. percipienti e riteneva giuridicamente corretta la decisione di primo grado nell’aver impedito l’espletamento della auspicata c.t.u. in ragione della “mancata preventiva dimissione di tutta la documentazione bancaria ed amministrativo contabile (delibere dell’assemblea e conti preventivi e consuntivi)”.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Condominio (OMISSIS) affidando le sorti dell’impugnazione a tre motivi di censura.
Resiste con controricorso D.S.E., mentre non ha svolto difese S.H., ritualmente intimata.
Motivi della decisione
1. – Con il PRIMO mezzo è denunciata omessa e/o insufficiente motivazione, ex art.360 cpc., comma 1, n.5, in ordine a fatti decisivi della controversia, “con particolare riferimento alla denegata ammissione della richiesta c.t.u. contabile”.
Il ricorrente premette che la “prova della regolarità sotto il profilo contabile della gestione amministrativa S. – D. S. non poteva che essere fornita attraverso una consulenza tecnica e di ciò prendeva atto lo stesso D.S.”, nonchè la stessa sentenza impugnata, la quale però non avrebbe tenuto conto del “preventivo generalizzato consenso di entrambe le parti in causa all’esame contabile, nonchè conseguentemente all’analisi in sede di consulenza della documentazione amministrativo-contabile del Condominio non prodotta in giudizio, ma facilmente rintracciabile e data per pacifica da entrambe le parti”.
Ciò posto, si assume che la consulenza c.d. percipiente è pacificamente ammessa dalla giurisprudenza, trovando autorevole avallo nella sentenza delle Sezioni Unite n. 9522 del 1996, che ne indica i requisiti di ammissione, nella specie tutti riscontrabili, giacchè si trattava di verificare un “fatto… possibile, rilevante e tale da lasciare tracce accertabili”, ciò evincendosi dalle deduzioni degli atti di causa, dalla mancata contestazione degli importi quanto al loro prelevamento, dalla documentazione prodotta, segnatamente bancaria, restando agevole per il consulente individuare la documentazione relativa alla pregressa gestione condominiale, che, seppur non depositata agli atti, era stata “indicata nel verbale di consegna redatto e sottoscritto dal precedente amministratore e, inoltre, ritualmente prodotto in giudizio“. Di tutto ciò la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto.
Il ricorrente soggiunge che non sarebbe poi condivisibile l’affermazione della Corte territoriale sulla mancanza di ragioni relative al fatto che la documentazione “non era stata potuta produrre”, posto che era proprio la “complessità tecnica dell’accertamento e della ricerca degli elementi di fatto da sottoporre all’esame del perito a consigliare che l’acquisizione della documentazione avvenisse direttamente in sede di operazione peritale”, là dove inoltre il convenuto appellato non aveva mai invocato la produzione di delibere assembleari, conti preventivi e presuntivi (documenti ad esso noti), “bensì unicamente di copia degli estratti conto bancari per gli anni 2000 e 2001, nonchè copia degli assegni emessi dall’amministrazione nel medesimo periodo”. Di siffatta documentazione il giudice di primo grado non ha richiesto l’ordine di esibizione e di ciò il giudice di appello non altresì tenuto conto.
In definitiva, ci si duole che la Corte di appello, acriticamente adagiandosi sulla motivazione resa dal primo giudice, non abbia considerato numerose e decisive circostanze che avrebbero avvalorato l’ammissione di c.t.u. contabile e, segnatamente, la “presenza di un comune accordo in ordine alla necessità di dare ingresso” a detta c.t.u., “in assenza di alcuna contestazione del D.S. in ordine alla mancata dimissione della documentazione amministrativo-contabile del condominio”.
2. – Con il SECONDO mezzo si prospetta la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto, ex art.360 cpc., comma 1, n. 3, in relazione all’art.198 cod. proc. civ..
Il ricorrente deduce che la controversia sulla precedente amministrazione condominiale “veniva instaurata in una logica di chiarezza“, cui corrispondeva lo stesso comportamento processuale del D.S., che aderiva alla richiesta di c.t.u. contabile, del resto imprescindibile per la verifica dell’operato dell’amministratore; elementi, questi, che avrebbero dovuto indurre il giudice del merito “a non indulgere, solo per un opinabile proprio convincimento, ad un atteggiamento di contestazione in ordine a presunte carenze procedurali“, cosi da sostituirsi “ad una delle parti del giudizio, senza corrispondente presa di posizione di quest’ultima, che, anzi,… era perfettamente d’accordo con la richiesta di parte attrice”.
Il motivo si chiude con la formulazione del seguente quesito ai sensi dell’art.366-bis cod. proc. civ.: “che il Giudice del merito non possa, come in realtà ha fatto, disattendere l’istanza di ammissione della consulenza medesima sic et simpliciter ritenendo non provati i fatti che questa avrebbe, invece, verosimilmente accertato, e che non possa, quindi, in presenza di una richiesta congiunta delle parti di ammissione dell’esame contabile con il medesimo o analogo quesito, nonchè in presenza di un preventivo, anche implicito, consequenziale consenso alla esibizione differita, direttamente in sede di indagine peritale, dei documenti da far analizzare al consulente, rigettare, pena la violazione di legge processuale, l’istanza di ammissione di consulenza tecnica, limitandosi a dedurre il mancato assolvimento dell’onus probandi per la mancata previa produzione della documentazione da sottoporre al vaglio del perito (cfr. Cass., sez. 2, 14 gennaio 1999, n. 321; ex multis Cass., sez. 2, 15 gennaio 1997, n. 342; Cass., sez. lav., 5 luglio 1996, n. 6166, Cass., sez. lav., 16 marzo 1996, n. 2205)”.
3. – I primi due motivi, che vanno congiuntamente esaminati per la loro stretta connessione, sono infondati.
La Corte territoriale si è, infatti, attenuta ai principi enunciati da questa Corte in materia di ammissione di c.t.u. contabile e di produzione documentale ad essa correlata, là dove, peraltro, le doglianze del ricorrente non indugiano con la dovuta specificità sulla questione da ultima richiamata, che invece assume centralità nella decisione impugnata.
Difatti, il giudice di appello ha messo in rilievo che la denegata ammissione della richiesta c.t.u. (già in primo grado) è dipesa dalla “mancata preventiva dimissione di tutta la documentazione bancaria ed amministrativo contabile (delibere dell’assemblea e conti preventivi e consuntivi)” da parte del Condominio attore, con ciò facendo mostra, in definitiva, di prestare adesione al principio secondo cui non è dato addivenire ad una esibizione officiosa della documentazione stessa, ai sensi dell’art.210 cod. proc. civ., per sopperire all’inerzia della parte nel dedurre mezzi di prova, potendo tale potere discrezionale del giudice essere esercitato solo se la prova del fatto che si intende dimostrare non sia acquisibile aliunde, non anche per fini meramente esplorativi (Cass., 24 marzo 2004, n. 5908).
In siffatta ottica, pertanto, rinviene ancor più forza l’affermata esclusione della ricorrenza, nella specie, di un’ipotesi di c.t.u. c.d. “percipiente“, che si armonizza al dictum secondo il quale, “la consulenza tecnica d’ufficio costituisce un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, la cui interpretazione richiede nozioni tecnico- scientifiche, e non un mezzo di soccorso volto a sopperire all’inerzia delle parti; la stessa, tuttavia può eccezionalmente costituire fonte oggettiva di prova, per accertare quei fatti rilevabili unicamente con l’ausilio di un perito. Ne consegue che, qualora la consulenza d’ufficio sia richiesta per acquisire documentazione che la parte avrebbe potuto produrre, l’ammissione da parte del giudice comporterebbe lo snaturamento della funzione assegnata dal codice a tale istituto e la violazione del giusto processo, presidiato dall’art.111 Cost., sotto il profilo della posizione paritaria delle parti e della ragionevole durata” (Cass., 19 aprile 2011, n. 8989; ancora per la non ammissibilità di c.t.u. c.d. “esplorative“, cfr. Cass., 5 luglio 2007, n. 15219; Cass., 19 ottobre 2009, n. 22115; Cass., 8 febbraio 2011, n. 3130).
Del resto, proprio in tema di consulenza contabile in materia condominiale, questa Corte aveva già in precedenza ritenuto che legittima la mancata ammissione c.t.u. da parte il giudice di merito “richiesta non per evidenziare le singole poste contabili sulla scorta delle acquisizioni fatte ad iniziativa delle parti bensì per ricercare ed indicare i documenti ad esse astrattamente idonei” (Cass., 2 febbraio 2000, n. 1132).
Nè, in siffatto contesto, può aver rilievo il presunto consenso (posto che, in base a quanto si evince dalle conclusioni di parte appellata riportate nella sentenza impugnata, esso non risulta tale, per esservi opposizione all’ammissione di c.t.u. a “carattere esplorativo“) della controparte all’acquisizione documentale in sede di c.t.u., dovendosi rammentare (a tacer d’altro) che detto consenso, per un verso, non avrebbe potuto comunque surrogare la valutazione propria del giudice del merito in ordine all’ammissibilità o meno della consulenza d’ufficio e, dall’altro, che, ai sensi dell’art.198 cod. proc. civ., esso avrebbe potuto essere espresso solo con riferimento all’esame di documenti accessori, cioè utili a consentire una risposta più esauriente ed approfondita al quesito posto dal giudice (una volta ammessa la c.t.u.), ma non già a consentire la produzione di prove documentali concernenti fatti e situazioni poste direttamente a fondamento della domanda e delle eccezioni di merito, essendo al riguardo irrilevante (Cass., 2 dicembre 2010, n. 24549).
4. – Con il terzo mezzo denuncia la violazione dell’art.112 cod. proc. civ. e, in particolare, la “omessa pronuncia su uno dei capi della domanda autonomamente apprezzabile”.
Il ricorrente assume che nell’atto introduttivo del giudizio venivano imputati alla precedente amministrazione anche “indebite uscite dal conto condominiale di cui ad assegni o prelevamenti per contanti per complessive L. 5.258.775, privi di causale, come risultante dall’allegato estratto conto bancario dd. 31.05.2001“, ciò costituendo “un capo autonomo della domanda di restituzione dell’importo complessivo di L. 22.277.843 (pari ad Euro 11.505,55)”.
Siffatta circostanza, soggiunge il Condominio, non costituiva oggetto di alcuna censura o contestazione specifica da parte del D. S., sicchè il giudice del merito, in ossequio al principio di c.d. non contestazione, avrebbe dovuto addivenire ad “una pronuncia quantomeno di parziale accoglimento della pretesa attorea”.
A conclusione del motivo viene formulato il seguente quesito di diritto: “la mancata contestazione di uno dei fatti costitutivi dell’unica domanda di pagamento, integrante un autonomo capo di essa autonomamente apprezzabile, deve dare luogo ad una pronuncia di parziale accoglimento della domanda medesima, non potendo il mancato assolvimento dell’onus probandi eventualmente dichiarato dal giudice, investire anche quell’unico fatto incontestato e perciò solo escluso in modo vincolante per il giudice, quale riflesso del principio dispositivo (sostanziale) e della previsione a carico del convenuto di un onere di contestazione, dalla massa dei fatti suscettibili di prova“.
4.1. – Il motivo è infondato.
E’ sufficiente rilevare che la Corte di appello si è pronunciata su tutta l’“unica domanda di pagamento” (unicità predicata dallo stesso ricorrente) per complessivi Euro 11.505,55, ritenendola infondata per mancato assolvimento dell’onere di prova incombente sull’attore, sicchè non è in alcun modo apprezzabile l’omessa pronuncia dedotta con il motivo in esame, il quale – imperniandosi esclusivamente su tale error in procedendo – non investe, del resto, la correttezza, o meno, della soluzione giuridica adottata dalla Corte territoriale.
6. – Il ricorso va, dunque, rigettato e il ricorrente Condominio condannato, in quanto soccombente, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del grado in relazione ad S.H., per non aver l’intimata svolto attività difensiva.
PQM
LA CORTE rigetta il ricorso; condanna il Condominio “(OMISSIS)”, corrente in (OMISSIS), al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore di D.S. E., che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
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Numero Protocolo Interno : 434/2013