La mancanza di autorizzazione del giudice delegato al curatore perché intraprenda un giudizio, concernendo un’attività svolta nell’esclusivo interesse del fallimento procedente, è suscettibile di sanatoria con effetto “ex tunc”, anche mediante successiva autorizzazione nel corso del processo, purché l’inefficacia degli atti non sia stata nel frattempo già accertata e sanzionata dal giudice.
Questi i principi ripresi dalla Corte di Cassazione, VI sez. civ. -1, Pres. Scaldaferri – Rel. Di Marzio, con l’ordinanza n. 12252 del 23 giugno 2020.
Nel caso di specie, una società e il titolare hanno rilevato – col primo motivo di ricorso – la violazione del principio della regolare costituzione dei Fallimenti (come parte resistente), i quali si sarebbero costituita in mancanza dell’autorizzazione del giudice delegato.
La Suprema Corte ha osservato che, al di là del rilievo che la L. Fall., art. 31, comma 2, esclude la necessità dell’autorizzazione del giudice delegato nei procedimenti promossi per impugnare atti del medesimo, nella vicenda de qua l’autorizzazione era stata richiesta e rilasciata, sebbene in un momento successivo alla pronuncia del provvedimento impugnato.
Per cui trova applicazione il principio di cui sopra, espresso da Cass. 29 settembre 2004, n. 19528, secondo cui la mancanza iniziale di autorizzazione, da parte del giudice delegato, al curatore, perchè svolga attività processuale, essendo attinente all’efficacia di attività processuale svolta nell’esclusivo interesse del fallimento procedente, è suscettibile di sanatoria, con effetto ex tunc; anche mediante successiva autorizzazione in corso di giudizio, sempre – però – che l’inefficacia degli atti non sia stata, nel frattempo, già accertata e sanzionata dal giudice. Cosa nella specie non avvenuta.
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