ISSN 2385-1376
Testo massima
Ai reati tributari, in particolare a quello previsto dall’art. 10 ter del D.Lgs. 74/2000 (omesso versamento dell’IVA), non è applicabile il terzo comma dell’art. 182 bis l.f., il quale stabilisce che non si possono iniziare o proseguire azioni cautelari sul patrimonio del debitore in presenza di un accordo di ristrutturazione dei debiti.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 24875 del 12 giugno 2014, decidendo sul ricorso presentato contro il provvedimento del Tribunale del Riesame che aveva confermato un’ordinanza di sequestro preventivo emessa dal GIP di Foggia.
In particolare il ricorrente, indagato per omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, domandava il dissequestro delle somme congelate a seguito della contestazione del reato, chiedendo l’applicazione dell’art. 182 bis, comma terzo, l.f. per aver inviato, all’Agenzia delle Entrate e all’ente esattore, una istanza di ristrutturazione del debito nella quale erano incluse anche le somme di natura fiscale.
Valutando la assoluta irrilevanza dell’istanza, la Consulta ha precisato come costituisca una forte storpiatura interpretativa la pretesa che un accordo di ristrutturazione del debito consenta di escludere il reato tributario: la normativa fallimentare di cui all’art. 182 bis consente di bloccare solo le azioni civilistiche e non anche quelle di natura penale. Peraltro l’accordo ha natura privatistica e non può derogare a situazioni di diritto pubblico (quali il pagamento dei tributi).
A questo principio la Consulta aveva già riconosciuto valore di diritto vivente con specifico riferimento all’art. 182 ter l.f.: difatti anche in presenza di un concordato preventivo che preveda una transazione fiscale, il debito IVA rimane intangibile, giacché i relativi imponibili costituiscono risorse dello Stato iscritte nel bilancio UE ed il credito corrispondente «non può essere oggetto di accordo per un pagamento parziale» (cfr. Cass. Civ., sentenze nn. 22931/2011 e 7667/2012).
Sulla scorta di queste argomentazioni, la Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’indagato, confermando la confisca delle somme del ricorrente e altresì condannandolo al pagamento delle spese di giudizio.
Testo del provvedimento
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