Il recesso da parte dell’istituto di credito banca è legittimo quando è espressione di una facoltà negoziale non subordinata ad alcuna condizione né, in particolare, alla presenza di una causa giustificativa, da valutarsi, in ipotesi, secondo buona fede.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Castrovillari, Giudice Guglielmo Manera con l’ordinanza del 23.10.2018.
La vicenda ha riguardato una società che, con ricorso ex art. 700 cpc, ha convenuto in giudizio un istituto di credito con cui aveva trattenuto diversi rapporti negoziali dolendosi del recesso dello stesso sulla base di circostanze inidonee a incrinare il rapporto fiduciario con la banca e insufficienti a connotare l’operato di quest’ultima in conformità ai canoni di buona fede sanciti dall’art. 1375 c.c.
La ricorrente ha, dunque, richiesto all’organo adito di ordinare alla controparte di ripristinare tutti i rapporti revocati e inibire la segnalazione del suo nominativo alla Centrale Rischi della Banca d’Italia.
La Banca convenuta, nel costituirsi in giudizio, ha contestato tutto quanto ex adverso formulato, ritenendo insussistenti tanto il periculum in mora quanto il fumus boni iuris.
Il Giudice adito, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 11.10.2018, ha pronunciato l’ordinanza de qua nell’ambito della quale si è soffermato sui singoli rapporti intercorsi tra la società ricorrente e l’istituto di credito, valutando, caso per caso, la sussistenza dei requisiti necessari per l’emanazione di un provvedimento d’urgenza.
Il Tribunale ha rappresentato che, con riferimento all’eventuale sussistenza del fumus boni iuris, le due aperture di credito non contengono alcun termine di durata e prevedono la facoltà per la banca di recedere unilateralmente, senza obbligo di preavviso. In entrambi i casi, dunque, l’istituto di credito resistente aveva la facoltà di porre fine all’efficacia del contratto senza osservare alcun termine e senza necessità che il suo operato fosse sorretto da una giusta causa.
Pertanto, le doglianze della ricorrente in merito alla pretesa obliterazione del principio di cui all’art. 1375 c.c. sono inconferenti poiché la decisione della banca è espressione di una facoltà negoziale non subordinata ad alcuna condizione né, in particolare, alla presenza di una causa giustificativa, da valutarsi, in ipotesi, secondo buona fede.
Il Giudice, inoltre, con riferimento all’eventuale sussistenza del periculum in mora, ha evidenziato che l’art. 700 c.p.c. consente l’accesso alla tutela cautelare, quante volte il tempo occorrente a far valere in via ordinaria il diritto controverso possa esporre a un pregiudizio imminente ed irreparabile.
Tuttavia, quando il diritto pregiudicato abbia consistenza puramente patrimoniale, non sussistono, di regola i presupposti per l’emanazione di un provvedimento d’urgenza. Nel caso di specie, a parere del giudicante, si ricade in tale ipotesi e, pertanto, non può dirsi sussistente alcun periculum in mora.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, l’organo giudicante ha rigettato il ricorso con conseguente condanna della ricorrente alla refusione delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
APERTURA DI CREDITO: È LEGITTIMO IL RECESSO SE IL TERMINE DI PREAVVISO È FISSATO IN UN GIORNO
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Sentenza | Tribunale di Cassino, dott. Salvatore Scalera | 24.05.2014 | n.673
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