Nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, il mancato rispetto del termine di quindici giorni che deve intercorrere tra la data di notifica del decreto di convocazione del debitore e la data dell’udienza (come previsto dalla nuova formulazione dell’art. 15, terzo comma, legge fall.) e la sua mancata abbreviazione nelle forme rituali del decreto motivato sottoscritto dal Presidente del Tribunale, previste dall’art. 15, quinto comma, legge fallimentare, costituiscono cause di nullità astrattamente integranti la violazione del diritto di difesa, ma non determinano, ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., per il generale principio di raggiungimento dello scopo dell’atto, la nullità del decreto di convocazione se il debitore abbia attivamente partecipato all’udienza, rendendo dichiarazioni in merito alle istanze di fallimento, senza formulare, in tale sede, rilievi o riserve in ordine alla ristrettezza del termine concessogli, né fornendo specifiche indicazioni del pregiudizio eventualmente determinatosi, sul piano probatorio, in ragione del minor tempo disponibile.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, sez. sesta, Pres. Dogliotti – Rel. Ragonesi, con la sentenza n. 14814 del 19.07.2016.
Nel caso di specie, il Tribunale di Catania, in accoglimento del ricorso proposto ex art. 147, IV comma, L.F., dalla curatela del fallimento di una società, dichiarava il fallimento per estensione del socio accomandatario ed illimitatamente responsabile di quest’ultima.
Il socio accomandatario proponeva reclamo ex art. 18 L.F. avverso la sentenza emessa, chiedendone la revoca ed il conseguente risarcimento dei danni patiti.
Si costituivano in giudizio il Fallimento ed i soci illimitatamente responsabili della società, eccependo l’infondatezza del reclamo e chiedendone il rigetto.
La Corte d’Appello adita rigettava il reclamo ed il socio accomandatario della società fallita ricorreva per Cassazione sulla base di due motivi.
Con il PRIMO MOTIVO di ricorso, il ricorrente lamentava il pregiudizio subito, conseguente alla violazione dei termini a difesa derivanti dalla tardiva notifica dell’istanza di cui all’art. 154 c.p.c., atteso che la Corte di merito, pur dando atto del perfezionamento della notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del decreto di comparizione delle parti al socio accomandatario oltre il termine perentorio indicato nel provvedimento, aveva ritenuto detto elemento irrilevante ai fini del rispetto dell’integrità del contraddittorio e del diritto di difesa.
La Suprema Corte osservava, in proposito, che il motivo doveva ritenersi inammissibile tenuto conto dell’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui nel procedimento per la dichiarazione di fallimento, il mancato rispetto del termine di quindici giorni che deve intercorrere tra la data di notifica del decreto di convocazione del debitore e la data dell’udienza (come previsto dalla nuova formulazione dell’art. 15, terzo comma, legge fall.) e la sua mancata abbreviazione nelle forme rituali del decreto motivato sottoscritto dal Presidente del Tribunale, previste dall’art. 15, quinto comma, legge fallimentare, costituiscono cause di nullità astrattamente integranti la violazione del diritto di difesa, ma non determinano, ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., per il generale principio di raggiungimento dello scopo dell’atto, la nullità del decreto di convocazione ove il debitore abbia attivamente partecipato all’udienza, rendendo dichiarazioni in merito alle istanze di fallimento, senza formulare, in tale sede, rilievi o riserve in ordine alla ristrettezza del termine concessogli, né fornendo specifiche indicazioni del pregiudizio eventualmente determinatosi, sul piano probatorio, in ragione del minor tempo disponibile.
Nel caso di specie, rilevavano gli ermellini che la Corte d’Appello aveva espressamente sottolineato il fatto che il socio accomandatario si era regolarmente costituito e pur deducendo la nullità della notifica aveva contestato nel merito il ricorso di fallimento senza neppure dedurre di necessitare di ulteriore tempo per meglio argomentare e senza chiedere un termine per integrare le difese.
Con il SECONDO MOTIVO di ricorso, il socio accomandatario deduceva che le censure avanzate con l’atto di reclamo sulla fallibilità della società, discendevano dall’illegittimo ed errato invito rivolto dal Giudice Delegato, con cui si chiedeva al socio accomandatario di prender posizione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa fallita.
All’uopo, la Corte dichiarava l’inammissibilità della censura sollevata dal ricorrente, anzitutto perché nuova e non proposta con il reclamo ed, in subordine, perché irrilevante, attesa la mancata specificazione in termini concreti del pregiudizio derivato al ricorrente stesso.
Per quanto suesposto, il Giudice di legittimità rigettava il ricorso condannando il ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
FALLIMENTO: dopo il vano tentativo di notifica (pec e sede legale), il ricorso va depositato alla casa comunale
Principio valido anche per la società cancellata dal registro delle imprese
Sentenza | Cassazione civile, sez. prima, Pres. Nappi – Rel. Didone | 13.09.2016 | n.17946
RECLAMO EX ART. 18 L.F.: la notifica a mezzo pec del testo integrale della sentenza fa decorrere il termine breve per impugnazione
Se la parte eccepisce l’omessa allegazione deve produrre la comunicazione telematica del deposito
Cassazione Civile, sez. prima, Pres. Nappi – Rel. Di Virgilio | 20.05.2016 | n.10525
RECLAMO EX ART. 18 LF: la sentenza deve essere notificata a mezzo PEC a cura della cancelleria
Il termine di trenta giorni per l’impugnazione decorre dalla PEC della cancelleria
Ordinanza | Cassazione Civile, Sezione Sesta, Pres. Di Palma – Rel. Acierno | 03.09.2015 | n.17574
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