ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di trasferimento della sede sociale all’estero di società di capitale italiane deve “escludersi che il trasferimento della sede all’estero faccia venir meno la continuità giuridica della società trasferita (arg. ex art. 2437 cc, 25, terzo comma, l. n.218/1995)” pur comportando l’applicabilità della legge locale.
La deliberazione di trasferimento della sede all’estero non comporta di per sé alcuno scioglimento dell’ente per l’ordinamento italiano ma la sola modificazione dell’atto costitutivo.
“lo spostamento all’estero della sede legale può determinare il mutamento di statuto personale, anche senza passare dallo scioglimento, qualora il paese d’arrivo ammetta le “trasformazioni internazionali” e la società rispetti la disciplina dettata a tale proposito“.
Così il Tribunale Ordinario di Milano, in persona del Giudice del Registro delle Imprese, dott.ssa Elena Riva Crugnola, si è pronunciata sul ricorso proposto da una Banca volto ad ottenere la cancellazione della iscrizione relativa alla cancellazione di una società dal Registro delle Imprese per trasferimento all’estero.
Il giudice, pronunciandosi sul punto, ha affrontato la delicata questione inerente il trasferimento della sede sociale all’estero di società di capitali italiane, vicenda rispetto alla quale la disciplina normativa appare ancora lacunosa.
Tracciando un breve excursus alle normative di riferimento, in particolare agli artt. 2369, 2437 e art.2473 cc le quali, nel loro insieme, riconoscono il trasferimento della sede all’estero quale vicenda di rilevanza organizzativa per le società di capitali, precisa poi come in realtà nessuna norma regola espressamente gli effetti (in termini di permanenza ovvero di estinzione dell’ente) di tale vicenda e le sorti della iscrizione della società nel Registro delle Imprese a seguito del trasferimento della sede fuori dallo Stato.
D’altra parte l’art.25 della legge n.218/1995 sul diritto internazionale privato dispone al primo comma che le società e ogni altro ente “sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione” e al terzo comma che “i trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati“.
La lettura di tali dati normativi ha dato luogo ad opzioni interpretative variegate:
– secondo l’opzione dottrinale più rigorosa, il tenore letterale del primo comma dell’art.25 legge n.218/1995 nel richiamare la legge del paese originario di costituzione della società quale legge regolatrice dell’ente impedirebbe che il trasferimento della sede all’estero possa comportare un mutamento di disciplina applicabile, con la conseguenza che, pur trasferendo la sede all’estero, l’ente continuerebbe ad essere regolato dal diritto italiano, senza sciogliersi e senza mutare lo statuto personale;
– secondo un filone giurisprudenziale di segno diverso, il terzo comma dell’art.25 citato impone invece di considerare che “il trasferimento della sede all’estero in tanto ha efficacia, come continuità del soggetto giuridico, in quanto, essendo stato il trasferimento medesimo posto in essere conformemente alle leggi degli Stati interessati, questi concordino sugli effetti da attribuire alla vicenda societaria, il che non si verifica quando (come nella specie) la società, come ente societario italiano, venga meno, e la società “ex novo” costituita all’estero sia assoggettata esclusivamente alla nuova “lex societatis“, pervenendo dunque tale opinione a considerare connaturato al trasferimento della sede all’estero con mutamento di statuto personale dell’ente lo scioglimento dell’ente stesso in Italia;
– secondo altro orientamento giurisprudenziale, seguito anche, nel caso di specie, dal Conservatore del Registro delle imprese di Milano, deve invece “escludersi che il trasferimento della sede all’estero faccia venir meno la continuità giuridica della società trasferita (arg. ex art. 2437 cc, 25, terzo comma, l. n.218/1995)” pur comportando l’applicabilità della legge locale, opinione questa sostenuta anche dalla dottrina maggioritaria, la quale ritiene che “lo spostamento all’estero della sede legale possa determinare il mutamento di statuto personale, anche senza passare dallo scioglimento, qualora il paese d’arrivo ammetta le “trasformazioni internazionali” e la società rispetti la disciplina dettata a tale proposito“;
In tale senso il Conservatore del Registro delle imprese di Milano, con la rappresentanza del notariato ha espresso la massima (poi trasmessa dal Conservatore a questo giudice) secondo la quale:
“nel caso di trasferimento della sede di una società da un paese UE in Italia, il notaio italiano dovrà verificare la legittimità e conformità della deliberazione/decisione sociale o gestionale adottata alla “lex societatis” ed alle norme italiane, quindi ricevere la stessa in deposito ai sensi dell’art. 106 l.not. ed infine procedere alla sua iscrizione presso il Registro delle Imprese.
nel caso di trasferimento della sede di una società italiana in diverso Paese UE, la relativa decisione – che auspicabilmente dovrebbe contenere gli elementi sufficienti a stabilire in modo non equivoco se il trasferimento comporta o meno il definitivo “abbandono” dell’ordinamento giuridico italiano – deve comunque essere iscritta nel Registro delle Imprese come modificazione dell’atto costitutivo della società italiana, alla quale
(i) non seguirà alcuna ulteriore formalità pubblicitaria in ordine al trasferimento qualora la società intenda mantenere la soggezione all’ordinamento giuridico italiano (ipotesi verosimilmente piuttosto rara);
(ii) seguirà invece l’istanza di cancellazione della società dal Registro delle Imprese, da presentarsi a cura dell’organo amministrativo, dopo che sarà stata perfezionata all’estero l’iscrizione della società o risulti comunque compiuta la procedura di costituzione secondo la nuova legge di appartenenza.“
L’opzione interpretativa seguita dal Conservatore è stata condivisa anche dal Giudice del Registro, fornendo la soluzione più coerente anche sul piano sistematico.
Seguendo dunque la ricostruzione interpretativa sopra indicata come preferibile, ne consegue che la deliberazione di trasferimento della sede all’estero non comporta di per sé alcuno scioglimento dell’ente per l’ordinamento italiano ma la sola modificazione dell’atto costitutivo.
Solo laddove la società documenti di aver completato le procedure per la sua iscrizione nel paese prescelto per la nuova sede potrà seguire la cancellazione della società dal Registro, la quale avverrà non già in dipendenza del suo scioglimento ma in dipendenza appunto del mutamento di statuto personale deliberato e divenuto efficace -ai sensi dell’art.25 legge n.218/1995- in quanto eseguito in conformità all’ordinamento dell’altro paese interessato.
La detta cancellazione, quindi, non può essere eseguita laddove l’ente non dimostri la eseguita iscrizione nel “paese di arrivo“, e, apparendo del resto inammissibile -secondo i principi generali in materia- la “scomparsa” di una società da un Registro italiano in difetto di una specifica causa di scioglimento nonché di liquidazione e in difetto di una corrispondente iscrizione all’estero.
Applicando tali principi al caso di specie il giudice ha accolto il ricorso proposto dalla Banca disponendo la cancellazione della iscrizione relativa alla cancellazione dal Registro delle Imprese di Milano della società di capitali “per trasferimento all’estero” cancellazione richiesta dalla ricorrente e anche dal Conservatore in quanto la iscrizione relativa alla cancellazione della società di capitali dal Registro imprese è stata eseguita in difetto del presupposto della documentazione dell’avvenuta iscrizione della società nel registro estero.
Testo del provvedimento
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