Testo massima
Non sussiste la responsabilità
professionale dell’avvocato soltanto per il fatto che non vi è
stato un adempimento corretto dell’attività professionale. Per potersi
affermare una responsabilità in capo al professionista è necessario accertarsi
se il comportamento di quest’ultimo sia stato o meno pregiudizievole nei
confronti del cliente ovvero se l’assistenza legale che è stata prestata, a
causa di un non corretto adempimento, abbia potuto realmente pregiudicare la
posizione del cliente danneggiandolo.
Questo è il principio di diritto sotteso alla
pronuncia numero 2638 della Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile del 4
dicembre 2012 e pubblicata il 5 febbraio 2013.
Nel caso di specie, i Giudici di legittimità hanno
rigettato il ricorso proposto dalla società assistita dall’avvocato, la cui
condotta è stata oggetto di esame da parte dei giudici di merito di primo e
secondo grado, i quali hanno affermato che alla insufficiente ed
inadeguata attività del legale è corrisposto un comportamento altrettanto
negligente della società assistita, avvertita per tempo della possibilità di
impugnare e delle conseguenze relative circa la mancata proposizione
dell’impugnazione.
Nel caso di specie, dunque,
“l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dalla società stessa, da
identificarsi per l’appunto nella mancata tempestiva proposizione
dell’impugnazione, non fu causalmente riconducibile all’omissione del legale,
sia pur negligente, bensì all’inerzia della stessa società, la quale ben
avrebbe potuto provvedervi, tempestivamente, in quanto, per come ammesso sia
pure a livello di supposizione dallo stesso legale rappresentante della società
nel corso dell’interrogatorio, la società era in possesso delle fotocopie dei
documenti consegnati all’avvocato da poter utilizzare per la preparazione
dell’atto di impugnazione”. Pertanto, l’infruttuosa scadenza dei termini per
l’impugnazione, è stata determinata dalla colpevole incuria della stessa
assistita.
La Corte di Cassazione ha,
dunque, affermato che la responsabilità dell’avvocato non vi è per il solo
fatto del mancato corretto adempimento dell’attività professionale, poiché bisogna
accertare in primis che il pregiudizio sia ad esso riconducibile e
successivamente che l’opportuna condotta avrebbe consentito al cliente il
riconoscimento delle proprie ragioni: “ove anche risulti provato
l’inadempimento del professionista alla propria obbligazione, per negligente
svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni
deve ritenersi sussistente solo qualora, sulla scorta di criteri
probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione, il risultato sarebbe stato
conseguito”.
Testo del provvedimento
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