ISSN 2385-1376
Testo massima
La locuzione “salvo una formalità ipotecaria” inserita in un contratto di compravendita di immobile libero da pesi, vincoli e ipoteche non è ambigua sicché, ove l’acquirente non abbia fatto esplicita richiesta del significato dell’espressione, non può attribuirsi alcuna responsabilità al notaio rogante.
In questi termini si espressa la Corte di Cassazione, nella pronuncia n. 3285 del 12 febbraio 2013, resa al termine del giudizio inerente l’accertamento della presunta responsabilità professionale di un notaio per non aver avvertito l’acquirente di un immobile che il bene fosse gravato da ipoteca.
Invero, nel contratto oggetto del contendere, era presente l’espressione “salvo una formalità ipotecaria“, la quale è stata ritenuta dagli Ermellini non ambigua e quindi tale da escludere ogni profilo di responsabilità, sotto il profilo omissivo, del notaio.
Allo stesso modo, la circostanza che il soggetto acquirente dell’immobile non avesse chiesto alcun chiarimento in merito alla predetta espressione durante la lettura dell’atto, non faceva altro che confermare l’esclusione di ogni profilo di colpa a carico del notaio.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 34454/2006 proposto da:
T.F.;
RICORRENTE
Contro
F.C. = notaio;
– INTIMATO
avverso la sentenza n. 23/2006 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 27/01/2006 R.G.N. 267/2004;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
T.F. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Terni il notaio F.C. per sentirne affermare la responsabilità professionale in relazione alla stipula di un atto di compravendita di un immobile dalla L. srl e per sentirlo dichiarare tenuto al risarcimento del danno da accertare e determinare in separato giudizio.
Si costituiva il notaio che eccepiva preliminarmente la prescrizione sia dell’azione diretta ad ottenere l’accertamento della sua responsabilità professionale che di quella diretta ad ottenere il risarcimento del danno. Nel merito chiedeva la reiezione delle domande attrici.
Il Tribunale, ritenuta infondata l’eccezione di prescrizione proposta dal convenuto, respingeva le domande proposte dal T. e lo condannava alla rifusione delle spese di lite.
La Corte d’appello, non ravvisando alcuna responsabilità a carico del notaio, confermava la sentenza del Tribunale.
Propone ricorso per cassazione T.F. con due motivi.
Parte intimata non svolge attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il PRIMO motivo parte ricorrente denuncia: 1) “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto art.360 cpc, n. 3, in relazione all’art.2236 cc (responsabilità del professionista collegato a tutta la normativa sui contratti, nessun articolo escluso a partire dal 1301 e più marcatamente agli articoli: 1321 (…), 1338 (…), 1341 (…), 1362 (…), 1363 (…), 1364 (…), 1366 (…), 1369 (…), 1370 (…), 1373 (…), 1375 (…). Ed ancora secondo la nostra interpretazione degli articoli 2721 (…), 2729 (…) e 116 cod. proc. civ. valutazione delle prove“.
Il motivo è inammissibile.
Come questa Corte ha ripetutamente avuto modo di affermare, quando nel ricorso per cassazione è – come nel caso denunziata violazione e falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art.360 cpc, comma 1, n.3, deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina.
Diversamente il motivo è inammissibile, in quanto non consente alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunciata violazione (Cass., 16 gennaio 2007, n. 828; Cass., 18 aprile 2006, n. 8932).
Non è infatti sufficiente un’affermazione apodittica e non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (Cass., 18 aprile 2006, n.8932).
Tali principi risultano disattesi nell’impugnata sentenza.
In particolare, a fronte dell’affermazione della Corte di merito secondo la quale a carico dell’immobile oggetto del rogito del 30 luglio risultava una sola iscrizione ipotecaria e non ravvisando alcuna responsabilità a carico del notaio, il ricorrente elabora un elenco di violazioni di disposizioni di legge, senza nessuna critica alla sentenza impugnata.
Con il SECONDO motivo si denuncia “Violazione dell’art.360 cpc, n.5. Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione con richiamo al primo motivo già esso sufficiente a raffigurare la sussistenza di tale violazione, perchè non avendo il giudice di merito raffigurato l’ipotesi di diritto, l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione ne è la logica conseguenza“.
Assume il ricorrente che la Corte d’Appello ha errato nell’escludere la responsabilità del notaio, non applicando le relative norme in materia contrattuale.
Dalla disamina del contratto, in particolare, secondo il T., emerge che il bene compravenduto era libero da pesi, vincoli ed ipoteche ad eccezione di formalità ipotecarie;
l’espressione “salvo una formalità“, contenuta nel contratto, doveva essere riferita soltanto alla purgazione dell’ipoteca.
Il motivo deve essere rigettato.
E’ giurisprudenza consolidata che nel giudizio di cassazione, la deduzione del vizio di cui all’art.360 cpc, n.5, non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle tali prove difforme da quello dato dal medesimo giudice (Cass., 30 marzo 2007, n. 7972).
Emerge dall’impugnata sentenza che la locuzione “formalità ipotecaria” non è ambigua, essendo stato statuito un termine per la cancellazione di dodici mesi e dunque molto ampio, tale da rendere evidente la rilevanza delle formalità da cancellare.
Nè il ricorrente ha fatto esplicita richiesta del significato di “formalità ipotecaria” durante la lettura dell’atto.
In ogni caso parte ricorrente, nel ricorso, non fornisce argomenti idonei a superare la motivazione dell’impugnata sentenza.
Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 2.600,00, di cui Euro 2.400,00 per compensi, oltre accessori di legge.
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Numero Protocolo Interno : 94/2013