ISSN 2385-1376
Testo massima
Deve escludersi la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. del gestore di una pista di minimoto per la caduta di uno dei mezzi e del suo conducente a seguito della presenza sulla pista di una macchia di olio di incerta composizione, allorché non risulti dimostrato che tale macchia avesse caratteristiche di scivolosità tali da provocare l’evento e, inoltre, la caduta sia avvenuta al terzo giro di pista, dopo che nel corso dei precedenti due giri l’infortunato si era avveduto della presenza di essa e l’aveva evitata.
Occorre infatti tenere presente che la responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. non esonera la parte danneggiata dall’onere della prova non soltanto del fatto storico qualificabile come illecito, ma anche degli elementi costitutivi dello stesso, del nesso di causalità, dell’ingiustizia del danno e dell’imputabilità soggettiva. In presenza dei presupposti sopra detti è quindi possibile affermare che la decisione del danneggiato di continuare a percorrere la pista senza chiedere la rimozione di quella che a suo dire era stata il fattore determinante della sua caduta abbia comunque interrotto il nesso causale.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di Verona
Sezione QUARTA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Massimo Vaccari ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 10208/2008 R.G. promossa da:
TIZIO;
ATTORE
contro:
ALFA;
CONVENUTA
nonché contro
CAIO;
CONVENUTO
Con la chiamata in causa di
BETA,
TERZA CHIAMATA
CONCLUSIONI
PARTE ATTRICE
In via preliminare
Autorizzarsi la chiamata in causa della società proprietaria dell’area del parcheggio, C. S. S.p.A. al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti dall’attore, in via solidale con i convenuti CAIO e ALFA.
Nel merito
1) accertarsi e dichiararsi l’esclusiva responsabilità nella causazione dell’evento dannoso, del sig. CAIO nonchè della ALFA e della S. S.p.A, queste ultima in persona del legale rappresentante pro tempore;
2) conseguentemente condannarsi i convenuti CAIO e ALFA
ALFA, la chiamata in causa BETA in persona del legale rappresentante pro tempo nonché, a seguito dei autorizzazione alla chiamata in causa, S. S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, a risarcire e a pagare, tra loro in via solidale, al sig. TIZIO i danni patiti in seguito al sinistro per cui è causa che si quantificano in euro 36.863,00, come da prospetto che segue:
– danno risarcibile euro 19.485,00;
– aumento personalizzato (40%) euro 7.794,00;
– invalidità temporanea parziale al 75 %, euro 6.142,50;
– invalidità temporanea parziale al 50 % euro 1.365,00;
– invalidità temporanea parziale al 25 % euro 682,50
– spese mediche euro 484,00.
Totale euro 36.863,00.
Salvo quella diversa somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento del danno per la svalutazione monetaria calcolata secondo gli indici Istat di rivalutazione monetaria o calcolato secondo il diverso criterio che risulterà di giustizia, per il periodo che va dalla data del sinistro (2 luglio 2006) al definitivo saldo ed agli interessi legali sulla somma così rivalutata per il medesimo periodo; 4) con vittoria di spese, diritti e onorari di causa, oltre al rimborso forfetario 12, 5 % spese di studio
CONVENUTA ALFA
Come da comparsa di costituzione e risposta
CONVENUTO CAIO
Come da atto di citazione per chiamata di terzo
TERZA CHIAMATA
In via principale
Respingersi la domanda di manleva svolta da CAIO nei confronti di BETA in quanto prescritta ai sensi dell’art. 2952 c.c. e comunque per inoperatività della copertura assicurativa
In via subordinata nel merito
Respingersi le domande attoree tutte per carenza di legittimazione nei confronti della chiamata in causa e perché comunque (anche con riguardo alle domande nei confronti del convenuto) in quanto infondate ed eccessive;
In ogni caso: con rifusione delle spese processuali, con rimborso spese generali, 12,5%, C.p.A e I.V.A.
MOTIVI DELLA DECISIONE
TIZIO ha convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale CAIO e la ALFA per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni che ha assunto di aver subito e che ha quantificato in euro 52.824,43, a seguito della caduta occorsagli il 4 luglio 2006, mentre si trovava alla guida di una delle otto minimoto che, al momento del fatto, stavano percorrendo la pista gestita dal CAIO e installata in una porzione del parcheggio esterno utilizzato dalla società convenuta nel comune di Pastrengo. In particolare, a detta dell’attore, il suddetto evento era stato provocato da una macchia di olio che si trovava sulla pista in prossimità di una curva, nonostante egli avesse moderato la velocità e cercato di azionare il freno posteriore del motoveicolo.
Il TIZIO ha aggiunto che da una indagine condotta presso il comune di Pastrengo aveva appurato che lo spettacolo viaggiante denominato “autopista per minimoto”, di proprietà del CAIO, era privo di autorizzazione amministrativa al momento del fatto e aveva omesso di sottoporre la propria attività alle verifiche periodiche stabilite dalla legge a salvaguardia della pubblica incolumità .
Sulla scorta di tale esposizione l’attore ha indicato il titolo della responsabilità dei convenuti nel disposto dell’art. 2051 c.c.
Il CAIO si è costituito ritualmente in giudizio resistendo alla domanda avversaria e assumendo in particolare che il sinistro era avvenuto per causa imputabile esclusivamente al TIZIO che oltre a circolare nella pista a velocità sostenuta aveva tentato di impennare la minimoto in prossimità di una curva
Pertanto, a detta del convenuto, l’attore non aveva osservato il regolamento di pista che aveva accettato acquistando il biglietto e che era affisso all’entrata dell’attrazione al momento del fatto. Il CAIO ha anche negato che la propria attività fosse stata irregolare dal punto di vista amministrativo e ha chiesto l’autorizzazione a convenire in giudizio la propria compagnia di assicurazioni BETA per essere da essa manlevata in caso di propria condanna.
Ottenuta tale autorizzazione da parte del G.I. il CAIO ha convenuto in giudizio la suddetta compagnia di assicurazione che in via preliminare ha eccepito la prescrizione del diritto del chiamante nei propri confronti, in base al rilievo che questi che aveva denunciato tardivamente il sinistro, e l’inoperatività della copertura per i danni cagionati a terzi nel caso in cui nel corso del giudizio fossero emerso che l’attività non era stata svolta nel rispetto delle norme di legge. Nel merito la terza chiamata ha fatto proprie le deduzioni difensive del CAIO.
La BETA si è parimenti costituita in giudizio e ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva in base all’assunto di non essere stata proprietaria nè del parcheggio ove era stata installata la attrazione mobile del CAIO nè delle minimoto utilizzate nell’attrazione stessa e di non avere nemmeno avuto un potere di fatto sull’una e sulle altre.
Con riguardo al merito ha contestato qualsiasi responsabilità propria e del CAIO sulla base delle stesse ragioni già esposte da quest’ultimo.
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La causa è stata istruita mediante l’esame dei testi indicati dalle parti sui capitolini prova ammessi, l’acquisizione ai sensi dell’art. 213 c.p.c. del contratto di locazione intercorso da la società proprietaria dell’area ove era avvento il sinistro e la BETA e lo svolgimento di una ctu medico legale sulla persona dell’attore.
Ciò detto con riguardo agli assunti delle parti e all’iter del giudizio, prima di valutare le risultanze istruttorie è opportuno precisare quali siano le regole probatorie che la più recente giurisprudenza di legittimità ha fissato in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c. Orbene con la pronuncia n. 7937 del 2012 la Suprema Corte ha stabilito che: “La responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c…non esonera la parte danneggiata dall’onere della prova non soltanto del fatto storico qualificabile come illecito, ma anche degli elementi costitutivi dello stesso, del nesso di causalità, dell’ingiustizia del danno e dell’imputabilità soggettiva. In altri termini il soggetto che agisce per il risarcimento dei danni ha l’onere di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa”.
Tutto ciò precisato può affermarsi che il TIZIO abbia assolto al predetto onere probatorio solamente con riguardo alla circostanza della presenza di una macchia d’olio sulla pista gestita dal CAIO ma non anche con riguardo al particolare fondamentale delle sue caratteristiche e della idoneità di esse a determinare la propria caduta.
Infatti la circostanza può ritenersi acclarata sulla base delle concordi dichiarazioni che sono state rese dai testi di parte convenuta, e che sono idonee a superare la dichiarazione di segno contrario del teste di parte attrice D. C.. Quest’ultima infatti risulta inattendibile in ragione del legame che il teste aveva, al momento della sua deposizione, con la società convenuta, siccome derivante dalla sua qualità di consigliere di amministrazione della stessa, e che egli, piuttosto significativamente, aveva espressamente negato nel corso della sua deposizione. Si noti poi che non può costituire un riscontro alla predetta affermazione quella degli altri due testi di parte attrice, esaminati nella fase istruttoria (si tratta di S. B. e R. C.) secondo cui le minimoto utilizzate dal CAIO andavano a miscela, da ciò dovendosi desumere che sarebbe stato inverosimile che sulla pista vi fossero macchie di tale sostanza, poiché anche la miscela contiene una percentuale di olio (l’incertezza sulla esatta natura e composizione di tale macchia assume però rilievo rispetto al profilo della sussistenza del nesso causale come si dirà di qui a breve).
E’ evidente poi che, per le stesse ragioni appena esposte, non è degna di fede nemmeno l’ulteriore affermazione del teste D. C. secondo cui il TIZIO avrebbe tenuto una condotta di guida imprudente, dal momento che avrebbe tentato di impennare la moto che conduceva. A conforto di tale giudizio va evidenziato che una simile azione non pare nemmeno concretamente realizzabile tenuto conto delle ridotte dimensioni del mezzo utilizzato nel caso di specie. Da tali considerazioni consegue che va disattesa anche l’ulteriore deduzione di parte convenuta in ordine alla mancata osservanza da parte dell’attore del regolamento di pista.
Ciò detto non può dirsi raggiunta la prova che la macchia in questione fosse stata idonea a provocare lo sbandamento e la caduta del veicolo utilizzato dal TIZIO non avendo questi fornito elementi dai quali desumere che essa fosse stata scivolosa. Per contro ad una simile ipotesi ostano, innanzitutto, alcune considerazioni quale quella, esposta dalla stessa difesa dell’attore, che essa potesse essere costituita da miscela, e fosse quindi composta da una percentuale di olio piuttosto bassa, e quella che non è stato dimostrato che si fosse riversata sulla pista di recente e non già invece da tempo.
Con l’assunto attoreo collide poi anche una evidenza di carattere oggettivo: il materiale di cui era composta la pavimentazione della pista, come può evincersi dalle foto che la raffigurano, prodotte sub 1 dall’attore, era poroso e come tale idoneo ad assorbire liquidi non particolarmente viscosi.
A quanto ciò deve aggiungersi, quale ulteriore e distinta ragione che giustifica il rigetto della domanda di parte attrice, che dalle deposizioni rese dai testi di parte convenuta sulla dinamica del fatto può desumersi che la presenza della macchia di olio in questione non fosse stata né imprevedibile né inevitabile e quindi difettasse delle caratteristiche dell’insidia. Essi infatti hanno dichiarato che:
– la caduta del TIZIO si verificò al secondo o al terzo giro di pista;
– al momento del sinistro l’attore si trovava al centro della pista;
– sia i due testi che il TIZIO nel corso dei giri che avevano preceduto quello durante il quale il Lucente cadde si erano accorti della presenza della macchia di olio e l’avevano evitata;
– il teste L. ha anzi precisato che il TIZIO l’aveva appositamente evitata “prendendo la curva più stretta”
Da tali concordi dichiarazioni può quindi evincersi che l’attore, dopo essersi avveduto della presenza della traccia d’olio, se l’avesse stimata pericolosa per la sua sicurezza, ben avrebbe potuto arrestare la marcia del mezzo e pretendere che venisse rimossa dal gestore della pista.
Alla sua decisione di continuare i giri di pista si possono allora attribuire due diversi significati entrambi sfavorevoli all’attore: o che egli avesse escluso che la traccia potesse compromettere la stabilità dei veicoli (valutazione che trova riscontro nelle considerazioni e nella evidenza oggettiva sopra citate), o, invece, che la sua presenza rendesse più emozionante la corsa perché richiedeva una maggiore destrezza di guida.
E’ evidente che se fosse stata questa la spiegazione del comportamento dell’attore con esso egli accettò il rischio di perdere il controllo del mezzo e quindi di cadere e la sua scelta interruppe il nesso causale tra il prospettato fattore di rischio e l’evento lesivo.
Su quest’ultimo aspetto può farsi applicazione del medesimo principio che la Corte di Cassazione ha avuto occasione di affermare con riguardo ad un caso, simile a quello oggetto del presente giudizio, nel quale l’utilizzatore di una struttura sportiva rilevi la presenza in essa di un fattore di rischio per la propria incolumità ma non la rimuova, pur avendone la possibilità.
La Suprema Corte ha infatti stabilito che: “E’ da escludere la violazione dell’art. 2051 per l’infortunio occorso ad un giocatore di calcetto che urta contro un palo di una porta posta ai lati del campo di gioco atteso che, essendo ben visibile tale porta e non avendone chiesto la rimozione, viene meno il nesso causale, posto che il fattore determinante della causalità, che rompe il nesso, è riferito alla scelta dei giocatori di utilizzare il campo senza rimuovere le porte, dove era possibile, che nel corso del gioco, i giocatori finissero con l’urtare” (Cassazione civile, sez. III, 31/07/2012, n. 13681)
Occorre ora esaminare gli ulteriori e distinti profili di responsabilità dei convenuti che sono stati prospettati dall’attore ossia quello relativo alla pretesa irregolarità dell’attività gestita dal CAIO e quello dell’aver consentito che circolassero sulla pista otto minimoto.
Orbene entrambi sono stati comprovati. Infatti con riguardo al primo è stato prodotto un documento che dimostra come al momento dell’incidente il CAIO non avesse ancora ottenuto l’autorizzazione da parte del comune di Pastrengo a tale attività, avendo presentato la relativa istanza a distanza di quattro giorni dal fatto per cui è causa per vedersela accolta nel settembre dello stesso anno (doc. 5 di parte attrice). Con riguardo al secondo invece assumono rilievo ancora una volta le deposizioni dei testi di parte attrice.
Ad essi non può attribuirsi una influenza causale nel sinistro per cui è causa, dovendosi evidenziare con riguardo alla prima omissione che essa non è causalmente ricollegabile all’incidente secondo il criterio di causalità adeguata sul quale deve fondarsi il giudizio di responsabilità da fatto illecito.
Per quanto riguarda la seconda omissione invece è opportuno evidenziare come non sia emerso in alcun modo dall’istruttoria orale espletata che il numero dei veicoli in pista avesse favorito la caduta del Lucente, ad esempio perché gli impedì di individuare una traiettoria che gli consentisse di evitare la macchia.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte è superflua la richiesta di autorizzazione della società (S. S.p.a) proprietaria dell’area di parcheggio ove è accaduto il sinistro che l’attore ha avanzato.
Le spese di lite ivi comprese quelle della espletata ctu vanno poste a carico dell’attore in applicazione del criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo in base al regolamento 140/2012, entrato in vigore il 23 agosto 2012.
E’ appena il caso di notare che l’attore va condannato a rifondere anche le spese di lite sostenute dalla terza chiamata poiché la necessità per i convenuti di convenirla in giudizio è direttamente ricollegabile alla iniziativa giudiziaria del TIZIO.
Ai fini della relativa quantificazione occorre tenere presente che la presente controversia, avuto riguardo al petitum originario, rientra nello scaglione di quelle comprese tra il valore di euro 50.001,00 e quello di euro 100.000,00 e che, tenuto conto del numero e della complessità delle questioni esaminate nel presente giudizio, il valore medio di liquidazione per le fase di studio e introduttiva va aumentato del 30 % mentre quello delle fase istruttoria e decisoria tenuto conto della loro durata e, con riguardo alla seconda, anche del fatto che è stata duplica a seguito della rimessione della causa sul ruolo vanno aumentati del 50 %. Il compenso complessivo, spettante a ciascuno dei convenuti e alla terza chiamata, va pertanto determinato in euro 10.670,00, di cui 2470,00 per la fase di studio, euro 1.300,00 per la fase introduttiva, euro 3.000,00 per la fase istruttoria ed euro 3.900,00 per la fase decisoria.
PQM
Il Giudice Unico del Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando, ogni diversa ragione ed eccezione disattesa, rigetta le domande avanzate dall’attore e per l’effetto lo condanna a rifondere ai convenuti e alla terza chiamata le spese di lite che liquida nella somma complessiva di euro 10.670,00, oltre accessori, in favore di ciascuno dei convenuti e della terza chiamata.
Verona 7 marzo 2013
Il Giudice
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Numero Protocolo Interno : 271/2013