Se è vero che il NOTAIO, nel momento in cui roga l’atto pubblico, non è rappresentante degli interessi delle parti e che la sua responsabilità professionale non esonera queste ultime dall’onere di osservare le più elementari regole di diligenza, è altrettanto certo che l’opera demandata al NOTAIO della preparazione e stesura di un atto pubblico non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive necessarie affinchè sia assicurata la serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti medesime.
Spetta al NOTAIO verificare la sussistenza di validi poteri rappresentativi (carenza di poteri del procuratore nella concessione di ipoteca) in capo a colui che si qualifica come rappresentante in un contratto di mutuo ipotecario e non rileva in alcun modo che la BANCA abbia svolto direttamente l’istruttoria della pratica e la verifica dei documenti medesimi.
Questo il principio espresso dalla Cassazione civile, sez. prima, Pres. Proto – Rel. Gilardi, con la sentenza n. 24939 del 29.11.2007.
Nel caso controverso, la BANCA conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma l’asserito PROCURATORE del TERZO DATORE DI IPOTECA ed il NOTAIO, esponendo di aver stipulato con una società, un contratto di mutuo ipotecario a medio termine per un ingente importo, garantito dal TERZO DATORE DI IPOTECA per il tramite del procuratore.
L’ipoteca era stata iscritta l’ipoteca e la BANCA aveva regolarmente erogato il finanziamento, mentre il TERZO DATORE DI IPOTECA era rimasto del tutto inadempiente, omettendo di corrispondere le rate di rimborso.
Ebbene, il legale del TERZO DATORE DI IPOTECA contestava la validità della costituzione dell’ipoteca, per carenza di poteri rappresentativi in capo all’asserito procuratore, per cui la Banca provvedeva all’immediata cancellazione dell’ipoteca, perdendo la garanzia del credito e subendo un gravissimo danno, pari all’ammontare del mutuo erogato, oltre agli interessi pattuiti e non riscossi.
L’attrice chiedeva pertanto che al risarcimento del danno fossero condannati, in via solidale o alternativa, l’ASSERITO PROCURATORE, per avere agito esorbitando dai limiti del mandato, ed il NOTAIO, per aver omesso di verificare i poteri del predetto rappresentante.
Si costituivano entrambi i convenuti opponendosi alla domanda.
Il NOTAIO, in particolare, negava la propria responsabilità, sul rilievo che la Banca aveva svolto direttamente l’istruttoria della pratica e la verifica dei documenti, conferendogli il solo incarico di ricevere l’atto pubblico e di stendere apposita relazione riguardo alle cd. visure ipotecarie.
Deduceva, sotto altro aspetto, che l’attrice aveva omesso di curare diligentemente il recupero del proprio credito, rivolgendosi agli altri garanti, solo dopo la scadenza della quarta rata, quando la predetta società si era ormai spogliata, a prezzo inadeguato, di un immobile di gran pregio che avrebbe potuto garantire il soddisfacimento del credito vantato verso la società.
Il Tribunale respingeva, tra l’altro, la domanda nei confronti del NOTAIO, per la mancanza di prova circa l’esistenza di un danno riconducibile con nesso di causalità diretta alla condotta del professionista, ritenuta colposa.
La decisione del Tribunale veniva confermata dalla Corte d’Appello di Roma, contro la quale la Banca proponeva ricorso sulla base di due motivi, cui il NOTAIO resisteva notificando controricorso, ulteriormente illustrato con memoria successiva.
Con il PRIMO MOTIVO, la ricorrente deduceva la contraddittorietà e carenza di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè violazione e falsa applicazione della Legge professionale notarile n. 89 del 1913, art. 49, in relazione all’art. 1218 c.c. in quanto la Corte d’Appello, pur avendo riconosciuto la colpa professionale del notaio, non avrebbe tratto poi da tale premessa le dovute conseguenze con riguardo all’affermazione di responsabilità ed alla condanna al risarcimento del danno del resistente.
La ricorrente osservava che iL NOTAIO che non sia stato esonerato dalle parti dall’obbligo di assicurare utilmente gli effetti del negozio per la stipulazione del quale è stato chiamato a prestare la propria attività professionale è tenuto, secondo le specifiche norme della legge professionale che gli impongono di non formare atti invalidi, ad assicurarsi circa l’esistenza di tutte le condizioni necessarie a garantire i contraenti l’esatta produzione di tutti gli effetti giuridici che essi si propongono di conseguire.
L’espressione “riceve un atto”, usata dalla legge notarile, deve essere intesa non nel senso di accertare materialmente un documento, ma in quello di indagare la volontà delle parti, interpretarla ed esprimerla in forma giuridica in modo che l’atto medesimo possa conseguire gli effetti voluti dalle parti stesse.
Poichè la legge notarile prevede come obbligo primario del NOTAIO rogante l’accertamento della identità delle parti, non può dubitarsi che, in caso di rappresentanza, spetti al NOTAIO verificare la sussistenza di validi poteri rappresentativi in capo a colui che si qualifica come rappresentante, e ciò al fine di assicurare gli effetti dell’atto consistenti, nella specie, nella redazione del contratto di mutuo con contestuale iscrizione di ipoteca sui beni del terzo datore.
Con il SECONDO MOTIVO, la ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1176, 2236 e 1227 c.c., in quanto la Corte d’Appello, escludendo il nesso di causalità tra la condotta colposa del NOTAIO ed il danno subito da essa ricorrente, e fondando tale conclusione sul rilievo della sussistenza di un autonomo fattore di causazione del danno rappresentata dalla condotta negligente della Banca, aveva trascurato di considerare che il debitore, il quale non esegua esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
In altri termini, il fatto che la Banca, come cliente del NOTAIO, fosse un soggetto particolarmente qualificato, e la mancata verifica, da parte di essa, dei poteri del procuratore generale intervenuto in sede di stipula notarile, non potevano e non dovevano, ad avviso della ricorrente, esimere il professionista dal corretto svolgimento del suo incarico, nè potevano incidere sulla valutazione della responsabilità del resistente nella determinazione del danno.
La Suprema Corte rilevava che il Giudice di seconde cure nell’affermare la sussistenza di un comportamento negligente della ricorrente e nel ricondurre a tale comportamento, in via esclusiva, il nesso di causalità rispetto al danno che la Banca affermava di aver subito, aveva mancato di motivare adeguatamente le ragioni del proprio convincimento.
Il rilievo, contenuto nell’impugnata sentenza, secondo cui della procura era stata data lettura al momento della stipula del negozio, e la considerazione che la procura medesima era stata allegata al contratto, pur evidenziando, alla luce della particolare qualifica professionale propria di un Istituto di credito, profili di negligenza nella condotta della BANCA, tali da giustificare una conclusione di colpa concorrente, aveva omesso di spiegare, i motivi del riconoscimento di una responsabilità esclusiva, nel caso di specie, in capo alla BANCA.
Se è vero che il NOTAIO, nel momento in cui roga l’atto pubblico, non è rappresentante degli interessi delle parti, e che la sua responsabilità professionale non esonera queste ultime dall’onere di osservare le più elementari regole di diligenza, è altrettanto certo, che l’opera demandata al NOTAIO, avente ad oggetto la preparazione e stesura di un atto pubblico, non si riduce al mero compito di accertare la volontà delle parti, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive necessarie affinchè sia assicurata la serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti medesime, con la conseguenza che l’inosservanza dei menzionati obblighi accessori da parte del NOTAIO, salvo che dalla loro osservanza egli non sia stato espressamente esonerato dalle parti, dà luogo a responsabilità “ex contractu” per inadempimento dell’obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare forma di responsabilità.
Orbene, ad avviso del Giudice di legittimità, la Corte territoriale non aveva tenuto conto dello specifico contenuto della prestazione demandata al NOTAIO, giacchè, se lo avesse fatto, non avrebbe potuto eludere l’indagine volta a verificare in che misura proprio il contenuto dell’incarico conferito al professionista, ed il ragionevole affidamento di poter confidare sul puntuale espletamento dell’incarico medesimo, avesse influito sulla diligenza richiesta alla stessa BANCA, rendendo meno penetrante l’esigenza di quei controlli che altrimenti, ove l’incarico professionale non fosse stato conferito, sarebbe stato suo onere esercitare direttamente.
Sulla base di quanto esposto, il Collegio accoglieva il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, anche ai fini delle spese del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
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