In materia di deontologia professionale notarile, la locuzione “ricorrenti prestazioni” presso soggetti terzi, organizzazioni o studi professionali, prevista dall’art. 31, lett. f), dei principi di deontologia professionale dei notai, va interpretata nel senso che si configura violazione allorché il notaio svolge tendenzialmente o sistematicamente la sua attività fuori dalla sede istituzionale, considerato un ragionevole arco di tempo non inferiore all’anno solare. La condotta illecita si verifica se una significativa percentuale degli atti rogati viene effettuata fuori sede, con un limite quantitativo individuato in una maggioranza relativa degli atti stessi.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pre. Manna – Rel. Pirari con la sentenza n. 30799 del 2 dicembre 2024.
Nel caso di specie, la Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina del Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Veneto aveva assolto un notaio dagli illeciti che gli erano stati contestati dal Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa, consistiti nella violazione dell’art. 31, lettera f), del codice deontologico e dell’art. 147, lettera b), della legge notarile, per avere svolto ricorrenti prestazioni presso soggetti terzi, organizzazioni o studi professionali, e nella violazione dell’art. 26, comma 2, della legge notarile, per quanto disposto dall’art. 10 del codice deontologico, per avere aperto un ufficio secondario fuori dal distretto di appartenenza, ritenendo che, dei 141 atti posti in essere fuori dal proprio territorio, non potessero essere presi in considerazione né i 31 presso gli studi di due notai, né i 57 ricevuti presso lo studio tecnico di un geometra, e che i restanti 53 non potessero qualificarsi illeciti.
Il Consiglio Notarile proponeva giudizio di reclamo avverso la decisione del CO.RE.DI, ai sensi dell’art. 158 della legge notarile e dell’art. 26 del D.Lgs. n. 150 del 2011, che si concludeva con l’ordinanza della Corte d’Appello di Venezia che respingeva il reclamo, mentre il procedimento di legittimità, avviato su iniziativa del medesimo Consiglio Notarile, si concludeva con la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio davanti ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia.
Quest’ultima, con ordinanza,, annullava la decisione della CO.RE.DI., irrogando al notaio, per la violazione dell’art. 31, lett. f), dei principi di deontologia professionale dei notai e dell’art. 147, lett. b), della legge n. 89 del 2013, la sanzione della sospensione di 40 giorni dall’esercizio della professione notarile, nonché, in relazione alla violazione dell’art. 26, comma 2, della legge notarile, per quanto disposto dall’art. 10 dei principi di deontologia professionale dei notai, la sanzione pecuniaria di Euro 120,00, e condannandolo altresì al pagamento delle spese di lite.
Il giudizio di legittimità, instaurato dal medesimo notaio, si concludeva con l sentenza, con la quale la Suprema Corte cassava l’ordinanza impugnata, rinviando ad altra sezione della Corte d’Appello di Venezia, che, adita in riassunzione ex art. 392 cod. proc. civ. dal Consiglio notarile, annullò, nel contraddittorio col notaio, la decisione della Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina del Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Veneto, comminando all’incolpato la sanzione della sospensione di 40 giorni dall’esercizio della professione notarile con riferimento alla violazione dell’art. 31 lett. f) dei principi di deontologia professionale dei notai e dell’art. 147, lett. b), della legge notarile, mentre lo mandò assolto dall’imputazione di cui all’art. 26, secondo comma, della legge notarile, per quanto disposto dall’art. 10 dei principi di deontologia professionale dei notai.
Contro la predetta ordinanza, il notaio proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Il Consiglio notarile dei distretti riuniti di Vicenza e Bassano del Grappa resiste con controricorso.
Con il primo motivo si lamentava la violazione e/o falsa applicazione dall’art. 31 dei principi deontologici professionali dei notai e, correlativamente, dell’art. 147, lett. b), della legge notarile, dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 12 preleggi, 1362, 1363 e 1366 cod. civ., degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., e dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto sussistente il requisito della “ricorrenza” delle prestazioni eseguite fuori dal distretto in quanto pari al 8,42% del lavoro complessivo, senza considerare né i principi dettati dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 31006/17, resa nel medesimo giudizio, secondo cui per integrare l’illecito sarebbe stato necessario lo svolgimento di attività sistematicamente e/o preferibilmente svolta fuori dalla sede istituzionale, non essendo sufficiente, come nella specie, l’attività percentualmente irrisoria o sostanzialmente trascurabile, né quelli della comune intenzione, complesso dell’atto e buona fede, propri della materia contrattuale, dettati dall’art. 12 delle preleggi, né quello penalistico del “in dubio pro reo“, e senza valutare la sostanza – e non solo la quantità – dei rogiti posti in essere fuori distretto, 91 dei quali, su 141, erano standard, ossia seriali e di nessuna complessità e remuneratività.
Gli Ermellini ritenevano il motivo fondato, affermando che la locuzione “ricorrenti prestazioni” presso terzi o organizzazioni o studi professionali, descritta dal ridetto art. 31, lett. f), del Codice deontologico, è stata interpretata dalla Suprema Corte nel senso che incorre nel relativo divieto il professionista che abbia rogato fuori dalla propria sede istituzionale un consistente numero di atti, pari ad una percentuale rilevante della totalità degli atti dallo stesso notaio rogati in un ragionevole arco di tempo, non inferiore all’anno solare, e che “l’espressione “ricorrente” fa riferimento ad una attività notarile svolta tendenzialmente o sistematicamente fuori della sede istituzionale del notaio.
Anche in questo caso, perciò, per comprendere se il notaio abbia violato il divieto di apertura di un ufficio secondario di cui all’art. 10 cod. deont. è necessario considerare se normalmente, tendenzialmente, sistematicamente, svolge la sua funzione fuori dello studio istituzionale e a tal fine sarà necessario determinare la totalità degli atti rogati in un arco di tempo ragionevole (che può essere quello di un anno solare) e verificare se la maggiore quantità degli atti rogati siano stati rogati nella sede istituzionale ovvero in sede diversa.
Il notaio incorrerà nel divieto di aprire un ufficio secondario di cui all’art. 10 cit. nel caso in cui, la maggior parte degli atti, relativamente ad un ragionevole arco di tempo (comunque non inferiore all’anno solare) risultano rogati presso studi di altri professionisti od organizzazioni estranei al Notariato.
Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, con condanna del Consiglio notarile al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
AL MOMENTO DELL’EROGAZIONE DEL MUTUO IL DANNO È SOLO POTENZIALE ED IL MUTUATARIO NON È INADEMPIENTE
Sentenza | Corte di Cassazione, Pres. Scarano – Rel. Vincenti | 25.07.2023 | n.22250
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Ordinanza | Corte di Cassazione, III sez. civ., Pres. Travaglino – Rel. Scarano | 29.08.2019 | n.21775
SUSSISTE IN IPOTESI DI VENDITA CON PAGAMENTO RATEALE CON RINUNZIA AD IPOTECA LEGALE
Ordinanza | Corte di Cassazione, Sez. III, Pres. Frasca – Rel. Fiecconi | 04.03.2022 | n.718
NON È NECESSARIO UN INCARICO SPECIFICO, ESSENDO RICOMPRESO NEL DOVERE DI DILIGENZA
Ordinanza | Corte di Cassazione, Pres. Travaglino – Rel. Graziosi | 14.11.2022 | n.33439
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