ISSN 2385-1376
Testo massima
L’azione surrogatoria di cui all’art. 2900 cod. civ. non può essere esercitata, per la prima volta, attraverso la proposizione del ricorso per cassazione “omisso medio” (senza, cioè, avere esercitato la medesima azione nella precedente sede di appello, ovvero avendola ivi erroneamente esercitata), non presentando essa caratteri morfologici meramente “rappresentativi” – tali, cioè, da consentire al soggetto in surroga di inserirsi nel processo in forza di un sottostante rapporto, del tutto indifferente per il terzo cui la domanda è rivolta – bensì connotandosi come attuazione di un potere, il cui accertamento processuale è compito del giudice e presuppone una indagine di fatto non compresa nei limiti del giudizio di legittimità (non mutati, “in parte qua“, per effetto della modifica dell’art. 384 cod. proc. civ., impugnativa di tipo “straordinario” ad effetto devolutivo limitato, che non dà luogo ad una nuova valutazione del merito della causa, ma alla sola revisione della conformità alla legge (sostanziale o processuale) dell’attività giurisdizionale esercitata e dell’esattezza della pronuncia in diritto resa con la sentenza.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 4165/2010 proposto da:
F.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PORTA LABICANA 43, presso il Dott. T.A., rappresentato e difeso dall’avvocato CECERE Antonio giusta procura in atti;
– ricorrente –
contro
alfa assicurazione in persona del procuratore speciale della società Dott. G.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIORGIO VASARI 5, presso lo studio dell’avvocato RUDEL Raoul, che la rappresenta e difende giusta procura in atti;
– controricorrente –
e contro
FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ G.C. S.R.L.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4331/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/12/2008, R.G.N. 3443/2005;
Svolgimento del process
o
Con atto notificato nel 1996 F.A. conveniva, innanzi al Tribunale di Avellino, la g.c. Srl e la alfa Assicurazioni Rappresentanza generale per l’Italia per sentirle condannare al risarcimento dei danni subiti nell’infortunio del (OMISSIS), mentre svolgeva il suo lavoro di manovale edile per la società per prima indicata.
A tale giudizio, in cui si costituiva la società assicuratrice, veniva riunito altro giudizio iniziato nei confronti di quest’ultima dalla g.c. Srl.
Il Tribunale di Avellino, con sentenza del 23 marzo 2005, dichiarava la responsabilità della g.c. Srl e la condannava al pagamento della somma di Euro 360.169,44, oltre interessi, e condannava la compagnia assicuratrice a tenere indenne l’assicurata dalla conseguenze del giudizio.
Avverso tale decisione la alfa Assicurazioni Rappresentanza Generale per l’Italia proponeva appello.
In particolare l’appellante censurava la declaratoria di responsabilità della g.c. Srl e l’operata liquidazione dei danni; deduceva l’inoperatività della garanzia assicurativa; lamentava la condanna oltre il massimale di polizza e la condanna alla refusione delle spese di primo grado in favore dell’assicurata; concludeva per il rigetto della domanda proposta dal F. nei confronti della g.c. Srl e della domanda di manleva da quest’ultima proposta nei suoi confronti e, in via subordinata, per la riduzione della somma liquidata entro il massimale di polizza.
Si costituiva in quel grado il solo F. che proponeva appello incidentale lamentando l’insufficiente liquidazione del danno biologico e l’omesso riconoscimento del danno morale.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 18 dicembre 2008, per quanto rileva ancora in questa sede, in accoglimento parziale dell’appello principale e di quello incidentale, condannava la g.c. Srl al pagamento, in favore del F., della somma complessiva di Euro 454.669,44, oltre interessi, e condannava l’appellante principale alfa Rappresentanza Generale per l’Italia (già Zurigo Compagnia di Assicurazioni SA Rappresentanza Generale per l’Italia) a tenere indenne l’assicurata dalla conseguenze negative del giudizio fino alla concorrenza della somma di Euro 129.114,22 e compensava le spese del grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito F.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, rappresentando di aver inutilmente sollecitato la Curatela del fallimento della Società G.C. Srl, già g.c. Srl, ad impugnare la sentenza di secondo grado e di ricorrere, pertanto, iure proprio, in quanto “destinatario finale” della somma posta a carico della società assicuratrice, non essendoci capienza per il suo credito nell’attivo fallimentare, salvo che per l’importo di Euro 129.114,22 garantito dalla predetta società, o, in subordine, in via surrogatoria, sussistendo – a suo avviso – i presupposti di cui all’art. 2900 cod. civ..
Ha resistito con controricorso la alfa PLC
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso F.A. lamenta violazione degli artt. 1905 e 1917 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonchè insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Assume il ricorrente che erroneamente la Corte di merito avrebbe contenuto la condanna della compagnia assicuratrice a tenere indenne l’assicurata nei limiti del massimale, eccepito e documentato da detta società, sul rilievo che la g.c. Srl non avrebbe mai eccepito la mala gestio della società garante.
Ad avviso del ricorrente, ormai da tempo, secondo la giurisprudenza di legittimità, per il sorgere della responsabilità ultramassimale per mala gestio della società assicuratrice nei confronti dell’assicurato sarebbe sufficiente che la prima sia stata posta in grado di valutare, usando l’ordinaria diligenza ed osservando gli obblighi di correttezza e buona fede, la fondatezza della richiesta risarcitoria del danneggiato, comunque conosciuta, ed abbia tuttavia omesso di mettere a disposizione il massimale.
Sostiene il F. che nella fattispecie all’esame la Corte di merito avrebbe omesso di valutare debitamente la condotta omissiva della società assicuratrice, informata in modo dettagliato delle gravità delle lesioni da lui riportate fin dalla denuncia inoltratale dal difensore all’epoca del ricorrente, a mezzo raccomandata a.r. del 10-16 gennaio 1996, evidenziando che la Corte di appello partenopea neppure aveva dato rilievo alla circostanza che nessun seguito aveva avuto anche la denuncia di sinistro della g.c. Srl del 30 luglio 1996.
2. E inammissibile il ricorso proposto dal F., in proprio, avverso la sentenza di secondo grado nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto non essere mai stata eccepita dalla g.c. Srl la mala gestio della società assicuratrice, stante il divieto posto dall’art. 81 c.p.c., secondo cui nessuno può far valere nel processo e, a maggior ragione, per la prima volta nel giudizio di cassazione, un diritto altrui fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (v., sia pure in tema di r.c.a., Cass. 12 settembre 2011, n. 18649) e difettando, comunque, in capo al F., l’interesse all’impugnazione, non potendosi configurare una sua soccombenza sul punto.
2.1. Neppure il ricorrente può ritenersi legittimato ad agire in via surrogatoria ex art. 2900 c.c., non potendo tale azione essere esercitata, per la prima volta, attraverso la proposizione del ricorso per cassazione, omisso medio (senza, cioè, avere esercitato la medesima azione nella precedente sede di appello, ovvero avendola ivi erroneamente esercitata), non presentando essa caratteri morfologici meramente “rappresentativi” – tali, cioè, da consentire al soggetto in surroga di inserirsi nel processo in forza di un sottostante rapporto, del tutto indifferente per il terzo cui la domanda è rivolta – bensì connotandosi come attuazione di un potere (attraverso l’esercizio della relativa azione) il cui accertamento processuale è compito necessario del giudice e presuppone una indagine di fatto non compresa nei limiti strutturali e funzionali del giudizio di legittimità (limiti non mutati, in parte qua, per effetto della modifica dell’art. 384 del codice di rito, sì come novellato dalla L. n. 353 del 1990, che consente alla S.C. una decisione di merito qualora non risultino necessari ulteriori accertamenti in fatto), poichè tale giudizio, a differenza dell’appello, presuppone una impugnativa di tipo “straordinario” (ovvero ad effetto devolutivo delimitato), che non da luogo ad una nuova valutazione del merito della causa, bensì alla sola revisione della conformità alla legge (sostanziale o processuale) dell’attività giurisdizionale esercitata e dell’esattezza della pronuncia in diritto resa con la sentenza (Cass. 7 ottobre 1997, n. 9747).
A tanto deve aggiungersi che, come questa Corte ha pure affermato, il creditore dell’imprenditore dichiarato fallito non è legittimato ad agire in via surrogatoria, ai sensi dell’art. 2900 c.c., nei confronti del debitore di quest’ultimo; tuttavia, il difetto di legittimazione è sanato ex tunc dalla costituzione nel giudizio del curatore fallimentare, unico soggetto legittimato a far valere i diritti spettanti al fallito, il quale manifesti, con il suo comportamento, la volontà di ratificare la precedente condotta difensiva e di agire per ottenere il pagamento del credito.
3. Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 92 c.p.c., nell’originaria formulazione, applicabile ratione temporis alla fattispecie de qua, sussistono giusti motivi per compensare, per intero, tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità, tenuto conto della peculiarità delle questioni esaminate.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2013
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