ISSN 2385-1376
Testo massima
In un giudizio di revocatoria fallimentare, solo le segnalazioni della Centrale Rischi presso la Banca d’Italia, relative alla “sofferenza” sono rilevanti ai fini della conoscenza della scientia decoctionis.
Del pari, l’andamento anomalo del conto con ripetuti sconfinamenti può costituire anche un elemento di fiducia nei confronti del cliente.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza n. 3923 del 27/11/2012, affronta la problematica relativa alla revocabilità delle rimesse solutorie effettuate dal correntista sul conto corrente bancario, eseguite nel corso dell’anno anteriore la dichiarazione di fallimento, soffermandosi sui rilevanti profili relativi all’accertamento dell’elemento soggettivo (scientia decoctionis) in capo alla banca.
Dispone l’art. 67 comma 2 L. Fall. che sono revocabili i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili compiuti entro l’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento se il curatore prova che l’altra parte era a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore. Invero, il curatore che intenda sottrarre all’esenzione le rimesse in conto corrente bancario, è tenuto a provare che la riduzione dell’esposizione debitoria sia stata consistente e durevole, che le rimesse siano affluite sul conto durante il cd. “periodo sospetto” e che la banca fosse a conoscenza dello stato di insolvenza del cliente.
Per giurisprudenza costante, cui questo Tribunale ha inteso uniformarsi, ai fini della dimostrazione della scientia decoctionis si fa ricorso al sistema delle presunzioni, data l’impossibilità di provare in modo diretto detto stato di insolvenza (la cui prova si andrebbe a caratterizzare da uno stretto intreccio tra profilo oggettivo dell’insolvenza e profilo soggettivo della sua conoscibilità)
Inoltre, precisa il collegio che la valutazione degli elementi presuntivi deve essere effettuata con particolare rigore quando il creditore, che ha percepito il pagamento, sia un istituto di credito attesa la qualità di operatore economico professionale dell’ente creditizio e della sua particolare capacità di individuare e interpretare i sintomi di insolvenza.
In tale ottica, tuttavia, precisa il Tribunale che, seppure è vero che la banca ha la possibilità di avere informazioni sulla situazione patrimoniale di propri debitori in maniera superiore a quella comune è anche vero che solo da tale circostanza non può desumersi la scientia decoctionis in capo alla stessa, stante l’astratta possibilità di conoscere la crisi finanziaria di un cliente correntista in conseguenza della sua organizzazione ovvero dei servizi offerti per conto del cliente, essendo necessario provare concretamente le circostanze di fatto (bilanci, protesti, notizie di stampa, procedure esecutive ecc) idonee ad esprimere le difficoltà economiche del cliente dalle quali si sarebbe potuto desumere in via presuntiva la consapevolezza dello stato di decozione del debitore.
Allo stesso modo, non è sufficiente ai fini della dimostrazione della scientia decoctionis, l’affermazione dell’esistenza di un ANDAMENTO ANOMALO DEL CONTO, con sconfinamenti oltre il fido, in quanto tale elemento come affermato anche dalla Suprema Corte (cass. 18201/03) può in astratto dimostrare tanto la percezione della crisi da parte della banca, quanto la fiducia da questa accordata al cliente.
Alla luce di ciò, afferma il Tribunale, non è possibile desumere la conoscenza dello stato di insolvenza dalla mera affermazione di un ‘andamento anomalo’ del conto, in quanto la mancata allegazione dei bilanci e l’omessa descrizione di tutte le operazioni compiute nell’anno antecedente la dichiarazione di fallimento, non consentono di ricostruire chiaramente, in base ad un processo logico-deduttivo, la scientia decoctionis in capo alla banca.
Quanto al documento della centrale rischi, fondato sul dovere degli istituti bancari e degli intermediari finanziari di comunicare alla Banca di Italia nella qualità di organo di vigilanza la propria esposizione creditizia nei confronti di ciascun cliente qualora raggiunga o superi i limiti di censimento e nella segnalazione della banca di Italia per ogni nominativo per il quale abbiano comunicato la concessione fidi ricevendo quale informazione di ritorno la posizione globale di rischio nei confronti dell’intero sistema bancario, detta segnalazione non assume valore probante ove non siano stati segnalati rischi per “sofferenza” atteso che le segnalazioni per “rischi a revoca” e “rischi autoliquidanti“, costituiscono meri elementi informativi riusultando così assolutamente neutri per la valutazione della conoscenza dell’insolvenza.
La conoscenza della insolvenza della banca dovrà essere collegata in modo logico e cronologico agli eventi e la sua qualità di operatore qualificato potrà solo comportare che gli elementi presuntivi di conoscenza possano essere valutati con maggior rigore senza mai provocare un inversione dell’onere della prova, non consentito dalla legge (cfr. cass.4762/20089).
Testo del provvedimento
si allega la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
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