Le condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria consistono:
1) nell’esistenza di un valido rapporto di credito tra il creditore che agisce in revocatoria ed il debitore che ha compiuto l’atto di disposizione;
2) nell’effettività del danno, inteso come lesione della garanzia patrimoniale conseguente al compimento, da parte del debitore, dell’atto traslativo;
3) nella ricorrenza, in capo al debitore medesimo, ed eventualmente al terzo, della consapevolezza che, con l’atto di disposizione, venga a diminuire la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori.
La scientia damni può essere dedotta, legittimamente, risalendo da un insieme concatenato di circostanze note, precisamente individuate, al fatto ignoto.
In particolare, l’attività lavorativa, seppur non stabile, svolta dalla moglie presso la società di cui il marito è amministratore unico costituisce un fatto noto da cui si ricava quello ignoto, vale a dire la consapevolezza che l’atto di trasferimento immobiliare contenuto nel verbale di separazione coniugale diminuisca la garanzia patrimoniale su cui può rivalersi il creditore.
L’eventus damni non è escluso per il sol fatto che il bene immobile trasferito sia oggetto di una precedente ipoteca o provvedimento di assegnazione della casa coniugale, in quanto l’azione revocatoria ordinaria ha la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, e non la garanzia specifica, con la conseguenza che sussiste l’interesse del creditore, da valutarsi ex ante, e non con riguardo al momento dell’effettiva realizzazione, di far dichiarare inefficace un atto che impedisca o renda maggiormente difficile e incerta l’esazione del suo credito.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. Di Amato – Rel. Di Florio con l’ordinanza n. 9635 del 19.04.2018.
Nella fattispecie processuale emergeva che un verbale di separazione consensuale conteneva un atto di trasferimento immobiliare di un MARITO in favore della MOGLIE che veniva contestato dai CREDITORI, che agivano in revocatoria contro i CONIUGI al fine di ottenere una dichiarazione di inefficacia dell’atto lesivo.
Il Tribunale accoglieva la domanda e revocava l’atto di trasferimento immobiliare, pronuncia che veniva confermata anche in grado di appello.
Avverso il provvedimento sfavorevole, il CONIUGE ricorreva per Cassazione affidandosi a tre motivi.
Con il PRIMO MOTIVO il RICORRENTE lamentava l’assenza della prova in ordine alla scientia damni della MOGLIE.
Sul punto, la Corte ha affermato che la scientia damni può essere dedotta, legittimamente, risalendo da un insieme concatenato di circostanze note, precisamente individuate, al fatto ignoto e che pertanto il motivo di censura non trovava fondamento, in quanto il Giudice di secondo grado desumeva l’implicita consapevolezza della MOGLIE della situazione debitoria della SOCIETA di cui il MARITO era amministratore unico e fideiussore, in quanto la stessa ci aveva lavorato, seppur non stabilmente.
In altri termini, nel caso di specie, l’attività lavorativa, seppur non stabile, svolta dalla MOGLIE presso la SOCIETÀ di cui il MARITO era amministratore unico costituiva un fatto noto da cui si ricavava quello ignoto, vale a dire la consapevolezza che l’atto di trasferimento immobiliare contenuto nel verbale di separazione coniugale diminuiva la garanzia patrimoniale su cui potevano rivalersi i creditori.
Con il SECONDO E TERZO MOTIVO il CONIUGE lamentava un duplice vizio di motivazione, ma in particolare l’ultima doglianza evidenziava l’omessa considerazione della circostanza che sul bene gravava il diritto di abitazione della MOGLIE e un’ipoteca preesistente che ne riducevano il valore, pertanto secondo il RICORRENTE il suddetto trasferimento non poteva configurare un danno rispetto alla garanzia patrimoniale prestata dallo stesso.
Sul punto, il Giudice di legittimità ha rilevato in via generale che le condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria consistono nella preesistenza di un credito che risulti potenzialmente pregiudicato nella sua esazione dall’atto dispositivo realizzato dal debitore, che diminuisce consapevolmente la propria garanzia patrimoniale.
Più nel dettaglio, la Corte ha osservato che non vale ad escludere l’eventus damni la circostanza che il bene fosse gravato da un provvedimento di assegnazione della casa coniugale o che fosse stato in precedenza ipotecato a favore di un terzo, atteso che l’azione revocatoria ordinaria ha la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, e non la garanzia specifica, con la conseguenza che l’interesse del creditore ad ottenere la dichiarazione di inefficacia relativa dell’atto dispositivo va valutato ex ante, vale a dire prima che si realizzi un pregiudizio, avendo l’azione revocatoria funzione cautelare e conservativa del credito.
Alla luce delle suesposte considerazioni la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato il RICORRENTE al pagamento delle spese.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
AZIONE REVOCATORIA: GLI ACCORDI DI SEPARAZIONE OMOLOGATI SONO SUSCETTIBILI DI AZIONE REVOCATORIA
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