La rinuncia agli atti del giudizio ne comporta l’estinzione ex art. 306 c.p.c., la quale deve essere dichiarata con pronuncia che non ha effetto costitutivo ma dichiarativo, ossia di mero accertamento della regolarità formale della rinuncia e della accettazione e che va adottata con sentenza od ordinanza, rispettivamente, nelle cause decise dal Tribunale in funzione di Giudice monocratico ovvero in composizione collegiale.
Il provvedimento che dichiara l’estinzione del processo, adottato dal Giudice monocratico del Tribunale, ha natura di sentenza ancorché sia pronunciato in forma di ordinanza o di decreto, con la conseguenza che laddove pronunciato in primo grado è impugnabile con l’appello.
L’estinzione del processo comporta per il Giudice, che l’ha dichiarata, l’emissione di un ordine di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale svolta nel giudizio estinto, in tal senso disponendo l’art. 2668, 2° comma c.p.c.
Questi i principi ricavabili dalla sentenza del Tribunale di Torino n.169 del 16/01/2019, Giudice Edoardo Di Capua, chiamato a decidere su una vicenda in cui l’attore aveva citato in giudizio tre società e due persone fisiche domandando che fosse accertata e dichiarata l’inefficacia di alcune contratti preliminari e definitivi di compravendita di plurime unità immobiliari ubicate in Sardegna.
Nel corso del giudizio, l’attore rinunciava agli atti nei confronti di una delle tre società, la quale accettava la rinuncia, di talché il Giudice andava a sentenza sulle precisazioni delle conclusioni delle parti, formulate dall’attore rinunciante e da una delle convenute, disponendo la separazione delle cause, con la formazione di un autonomo fascicolo per la prosecuzione del giudizio tra la stessa parte attrice e gli altri convenuti, nei confronti dei quali il primo non aveva espresso alcuna rinuncia.
La sentenza in commento specifica, sinteticamente e correttamente, sulla base del maggioritario orientamento della giurisprudenza, quali siano i provvedimenti che il Giudice deve adottare allorché una delle parti non è più interessata alla prosecuzione del giudizio.
Ed, invero, il Giudice, verificata la regolarità della rinuncia, attraverso il necessario scrutinio della volontà di rinunciare agli atti del giudizio – che deve essere dichiarata personalmente dalla parte o da un suo procuratore speciale, in udienza o con atto notificato alle altre parti, ed accettata di persona dalla controparte o per mezzo di procuratore speciale – ha la possibilità di adottare due distinti provvedimenti: quello di dichiarare l’estinzione del giudizio e quello di liquidare le relative spese che la parte rinunciante deve corrispondere all’accettante, salvo diverso accordo tra le parti.
È opportuno ricordare che, ai fini dell’efficacia della rinuncia, l’accettazione della parte costituita nei cui confronti essa è rivolta, è necessaria solo quando questa abbia interesse alla prosecuzione del processo, che deve concretarsi nella possibilità di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile, ossia un esito della lite che procurerebbe alla parte una utilità maggiore di quella che conseguirebbe all’estinzione del processo.
Sotto tale prospettiva, non sarebbe necessaria l’accettazione ad opera della parte non costituita o di quella costituita che abbia proposto solo eccezioni in rito o che si sia limitata a chiedere la condanna alle spese, mentre, viceversa, è necessaria quando la parte abbia a sua volta proposto domanda riconvenzionale o si sia comunque difesa nel merito.
Pertanto, la notifica della dichiarazione di rinuncia, ai fini dell’accettazione, non è necessaria allorché il convenuto, non essendo costituito, non abbia rivelato alcun interesse, nel senso indicato, alla prosecuzione del giudizio. Quindi, nell’ipotesi in cui la rinuncia sia stata formulata nei confronti della parte che non abbia interesse alla prosecuzione del giudizio, la estinzione può essere dichiarata d’ufficio anche in mancanza della accettazione (in particolare v. Cass. 1168/1995).
La rinuncia agli atti è negozio dispositivo del processo, non della pretesa. Di conseguenza, in caso di pluralità di parti convenute per la stessa prestazione, nei confronti della parte che ha operato la rinuncia, come di quella che l’ha accettata, si estingue il processo, ma questo continua nei confronti delle altre parti, come se sin dall’origine fosse stato instaurato soltanto contro di esse (Cass. 244/1961).
Il Tribunale di Torino ha opinato doversi adottare il provvedimento di estinzione attraverso la forma della sentenza in ossequio al consolidato orientamento della S.C., la quale ha espressamente affermato che il provvedimento con cui viene estinto il procedimento per rinuncia agli atti, ancorché assunto in forma di ordinanza, deve intendersi come una vera e propria sentenza, quando adottata dal Giudice monocratico, la quale, per questo, è impugnabile con l’appello, a differenza dell’ordinanza che è, invece, impugnabile con il reclamo ex art. 178 c.p.c., 2° comma, se adottata dal G.I. nelle cause in cui il Tribunale giudica in composizione collegiale. Quest’ultima disposizione prevede, infatti, che “l’ordinanza del Giudice istruttore, che non operi in funzione di Giudice unico, quando dichiara l’estinzione del processo, è impugnabile con reclamo immediato al collegio”.
Mette conto di rilevare, a tale riguardo, che, laddove la pronuncia di estinzione del processo sia stata impugnata con reclamo in quanto adottata dall’Organo giudicante in composizione collegiale, la decisione sul reclamo stesso è da intendersi come sentenza, ancorché emessa nella forma dell’ordinanza, contro cui è ammissibile l’appello ex art. 339, 1° comma c.p.c. non essendo escluso dalla legge (così Cass. 19973/2004 e Cass. 14574/2007).
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