Qualora sia stata proposta un’azione revocatoria ordinaria per fare dichiarare inopponibile a un singolo creditore un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore e, in pendenza del relativo giudizio, a seguito del sopravvenuto fallimento del debitore, il curatore subentri nell’azione in forza della legittimazione accordatagli dalla L. Fall., art. 66, accettando la causa nello stato in cui si trova, la legittimazione e l’interesse ad agire dell’attore originario vengono meno, onde la domanda da lui individualmente proposta diviene improcedibile ed egli non ha altro titolo per partecipare ulteriormente al giudizio
Una volta, intervenuta la revoca del fallimento, singoli creditori possono riassumere personalmente l’azione revocatoria ordinaria avviata dal curatore, avvalendosi degli effetti sostanziali e processuali dipendenti dalla notifica dell’atto di citazione originario.
Qualora il fallimento venga revocato, la domanda originaria di revocatoria proposta nell’interesse della massa dal curatore si scompone in una pluralità di domande scindibili, autonomamente proseguibili da ciascun creditore.
Il singolo creditore può riassumere l’azione revocatoria ordinaria proposta, ai sensi della L. Fall., art. 66, dal curatore fallimentare dopo l’interruzione determinata dalla perdita della capacità processuale dello stesso per intervenuta revoca del fallimento, giovandosi degli effetti sostanziali e processuali retroagenti alla data di notifica dell’atto di citazione originario.
Allorquando una causa sospesa ex art. 295 c.p.c. o interrotta ai sensi dell’art. 299 c.p.c. e ss. sia riassunta da uno dei contendenti, il litisconsorte facoltativo che, anzichè riassumere anch’egli la causa, svolga intervento adesivo autonomo dopo la scadenza dei termini fissati – a seconda dei casi – dall’art. 297 c.p.c. o dall’art. 305 c.p.c., si può avvalere solo dell’effetto interruttivo della prescrizione derivante dalla notificazione dell’originario atto di citazione (art. 2943 c.c., comma 1), ma non anche dell’effetto sospensivo di cui all’art. 2945 c.c., comma 2, in quanto, non avendo egli tempestivamente coltivato il precedente giudizio, lo ha lasciato estinguere, ai sensi all’art. 2945 c.c., comma 3.
Cass. civ. Sez. III, Pres. DI AMATO , Rel TRAVAGLINO, sentenza n. 0903 del 05.05.2017
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