ISSN 2385-1376
Testo massima
Il fideiussore che, successivamente alla stipula della fideiussione, costituisce un bene in fondo patrimoniale è soggetto all’azione revocatoria ex art.2901 cc.
Così ha stabilito la Corte di cassazione con ordinanza del 19.03.2013 n. 6842, confermando quanto affermato nei precedenti gradi di giudizio ove era stata dichiarata legittima la revocatoria sul fondo patrimoniale del fideiussore laddove il credito sia risalente all’epoca il cui il garante assumeva il suo impegno nei confronti del debitore principale e dunque al momento del rilascio della fideiussione.
L’acquisto della qualità di debitore del fideiussore nei confronti del creditore procedente risale, al momento della nascita del credito, sicchè è a tale momento occorre far riferimento per stabilire se l’atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito
In coerenza con la funzione propria dell’azione revocatoria, la quale, com’è noto, non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori, deve considerarsi ricompresa anche la fideiussione.
Prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale, infatti, gli atti dispositivi del fideiussore, successivi alla prestazione della fideiussione medesima, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti a revocatoria.
In tale caso sarà sufficiente il solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni).
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13214/2011 proposto da:
U.D., P.A.P.,;
– RICORRENTI –
contro
BANCA;
– CONTRORICORRENTE –
avverso la sentenza n. 3877/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA dell’1/03/2010, depositata il 30/09/2010;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Roma in data 11.3.2010 e depositata il 30.9.2010 in materia di revocatoria di fondo patrimoniale. Al ricorso proposto è applicabile la normativa di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, per essere la sentenza impugnata pubblicata successivamente all’entrata in vigore della stessa (4.7.2009).
Il ricorso proposto nell’interesse di P.A.P. è inammissibile.
Il sopravvenuto difetto di legittimazione attiva di U.D. per il raggiungimento della maggiore età del figlio P. A.P. (nato il (OMISSIS)), divenuto maggiorenne in data 31.8.2009, comporta che la procura al difensore per la proposizione del ricorso per cassazione notificato il 6.6.2011 dovesse essere rilasciata dallo stesso P.A.P., non essendo a tal fine più sufficiente – a tacere del fatto che non si tratta neppure di procura speciale richiesta per la valida proposizione del ricorso per cassazione – la “delega a margine dell’atto di intervento del 7.1.2003” rilasciata al difensore dalla madre quale esercente la potestà genitoriale nei confronti del minore.
Va, invece, esaminato il ricorso proposto con lo stesso atto da U.D..
Esso è inammissibile sotto diversi profili.
In primo luogo difetta l’indicazione, ai sensi dell’art.366 cpc, n. 4, delle norme che si assumono violate.
Vero è che una tale indicazione non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, ma come elemento richiesto al fine di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti della impugnazione, sicchè la mancata od erronea indicazione delle disposizioni di legge non comporta l’inammissibilità del gravame, ove gli argomenti addotti dal ricorrente, valutati nel loro complesso, consentano di individuare le norme o i principi di diritto che si assumono violati e rendano possibile la delimitazione del quid disputandum (Cass. 16.3.2012 n, 4233; Cass. 25.11.2010 n. 23961; Cass. 4.6.2007 n. 12929).
Ma, nella specie, non è neppure indicato sotto quale profilo si assume violata la norma dell’art.360 cpc, in particolare se ai sensi del n.3 o del n.5, così impedendo la relativa valutazione da parte della Corte di legittimità.
Peraltro, se con il ricorso per cassazione s’intendesse denunciare violazione e falsa applicazione della legge, non risultano neppure indicate le argomentazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le medesime o con l’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, limitandosi la ricorrente a censurare la decisione impugnata per avere la Corte di merito “sostenuto che correttamente era stato revocato il fondo stante la circostanza che il credito doveva ritenersi risalire all’epoca dell’assunzione dell’impegno da parte dell’Ulisse e, quindi all’epoca del rilascio della fideiussione”.
Sotto questo profilo il motivo sarebbe inammissibile, non consentendo alla Corte di cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione.
Non è, infatti, sufficiente un’affermazione apodittica, e non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo la ricorrente, viceversa, porre la Corte in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata.
Nell’ipotesi in cui debba, invece, ritenersi che il vizio lamentato sia di natura motivazionale, per incongruità o illogicità della motivazione della sentenza impugnata per mancata o insufficiente od erronea valutazione di risultanze processuali (un documento, deposizioni testimoniali, dichiarazioni di parti, accertamenti del c.t.u., ecc.) è imprescindibile, al fine di consentire alla Corte di effettuare il richiesto controllo, anche in ordine alla relativa decisività, che il ricorrente precisi – con la loro integrale trascrizione in ricorso – le risultanze che asserisce decisive o insufficientemente o erroneamente valutate.
Ciò perchè, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione il controllo deve essere consentito sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la S.C. accesso agli atti del giudizio di merito (Cass. 18.4.2007 n. 9245; Cass. 31.5.2006 n. 12984).
La conseguenza del mancato rispetto di tali canoni è, in entrambi i casi, quella dell’inammissibilità del ricorso. Pur essendo assorbenti le precedenti considerazioni, vale rilevare che l’atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche quando è posto in essere dagli stessi coniugi, costituisce un atto a titolo gratuito che può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore, qualora ricorrano le condizioni di cui all’art.2901 cc, n. 1.
Nell’ambito della nozione lata di credito accolta dalla norma citata, non limitata in termini di certezza, liquidità ed esigibilità, ma estesa fino a comprendere le legittime ragioni o aspettative di credito – in coerenza con la funzione propria dell’azione revocatoria, la quale non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori – deve considerarsi ricompresa la fideiussione (da ultimo Cass. 18.10.2011 n. 21492) Inoltre, l’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità.
Pertanto, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale, gli atti dispositivi del fideiussore successivi alla prestazione della fideiussione medesima, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti a tale azione, ai sensi dell’art.2901 cc, n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni).
L’acquisto della qualità di debitore del fideiussore nei confronti del creditore procedente risale, poi, al momento della nascita del credito, sicchè a tale momento occorre far riferimento per stabilire se l’atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito (da ultimo Cass. 15.2.2011 n. 3676).
Pertanto, il ricorso per cassazione sarebbe stato anche manifestamente infondato.
Le conclusioni di inammissibilità del ricorso, cui si è pervenuti, rendono superflua la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario P.P., coniuge della ricorrente, al quale il ricorso non risulta notificato;
trattandosi di un’attività processuale ininfluente sull’esito del giudizio (S.U. ord. 22.3.2010 n. 6826; Cass. 18.1.2012 n. 690)“.
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.
Non sono state presentate conclusioni scritte, ma la resistente è stata ascoltata in camera di consiglio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
Conclusivamente, il ricorso è dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico solidale dei ricorrenti.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
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Numero Protocolo Interno : 160/2013