In tema di azione revocatoria ordinaria, la costituzione di pegno, successivo al sorgere del credito garantito, ha natura di atto a titolo gratuito, senza che abbia rilievo la contestuale pattuizione di una dilazione di pagamento di debito, da ritenersi inerente non alla causa dell’accordo di garanzia, ma ad un motivo di esso. Alla qualificabilità dell’atto in questione, come atto gratuito, consegue, ovviamente, l’irrilevanza dello stato soggettivo del terzo creditore, che non va quindi nella specie indagata.
L’onere probatorio del creditore relativamente all’eventus damni si restringe alla dimostrazione della variazione patrimoniale, senza che sia necessario provare l’entità e la natura del residuo patrimonio debitorio, spettando per contro al debitore dimostrare che, nonostante l’atto di disposizione, il suo patrimonio abbia conservato valore e caratteristiche tali da garantire senza difficoltà il soddisfacimento delle ragioni del credito.
Questi i principi di diritto espressi dal Tribunale di Macerata, Giudice Alessandra Canullo, con sentenza n. 1406 del 31 dicembre 2019.
LA VICENDA PROCESSUALE
In data 23.12.2003 un’impresa stipulava con una società di leasing un contratto di locazione finanziaria con il quale veniva concesso in godimento all’utilizzatrice un bene immobile. In relazione a tale contratto, il Garante contestualmente prestava idonea garanzia fideiussoria in favore della concedente per l’adempimento di tutte le obbligazioni derivanti dal contratto di locazione finanziaria, comprese le obbligazioni di pagamento dei canoni eventualmente scaduti ed impagati maturati alla data della risoluzione del contratto per inadempimento dell’impresa utilizzatrice.
In data 31.10.2008 la società di leasing risolveva il contratto a causa dell’inadempimento dell’utilizzatrice e diffidava la stessa e il Garante a pagare in solido i canoni scaduti ed insoluti oltre agli interessi mora, maturati sino alla data di risoluzione del rapporto. In assenza di riscontri, la società di leasing decideva di agire in sede monitoria e otteneva decreto ingiuntivo il quale non veniva opposto dall’impresa utilizzatrice e diventava pertanto definitivamente esecutivo.
Con atto pubblico del 01.02.2011, il Garante dell’impresa debitrice trasferiva alla Società s.r.l., di cui era Amministratore Unico, tutte le sue proprietà immobiliari.
Con successivo atto, in data 14.03.2011, lo stesso Garante stipulava un atto pubblico di costituzione in pegno avente ad oggetto le quote sociali di sua proprietà nella suddetta Società s.r.l., in favore di un suo conoscente precludendo alla concedente, dunque, ogni possibilità di recuperare in via esecutiva il credito.
Avverso tali atti di disposizione del patrimonio posti in essere dal Garante, con atto di citazione la società di leasing conveniva in giudizio il Garante, la Società s.r.l. rispetto alla quale il Garante era Amministratore Unico, la socia e il conoscente del Garante nei confronti del quale quest’ultimo aveva costituito in pegno i propri beni (partecipazioni sociali), chiedendo la revoca ex art. 2901 c.c. avverso entrambi gli atti dispositivi.
Si costituivano in giudizio i convenuti, contestando la fondatezza delle pretese attoree della società di leasing, per inesistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c.
LA DECISIONE
Il Tribunale di Macerata ha accolto le domande attoree, dichiarando l’inefficacia nei confronti della società di leasing sia dell’atto di conferimento di immobili nella Società s.r.l., sia dell’atto di costituzione in pegno, entrambi posti in essere dal Garante. Ha condannato altresì le parti convenute al pagamento delle spese in favore della società di leasing. In relazione ai presupposti dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., il Tribunale di Macerata ha abbracciato il principio di diritto secondo il quale il pregiudizio alle ragioni del creditore, che costituisce condizione essenziale della tutela revocatoria in suo favore, non postula necessariamente la sussistenza di un danno concreto ed effettivo, essendo invece sufficiente un pericolo di danno derivante dall’atto di disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale del debitore tale da rendere più incerta, difficoltosa o gravosa l’esecuzione coattiva del debito, o da comprometterne la fruttuosità.
Il Giudice ha enunciato che, nel caso di specie, l’atto dispositivo di conferimento di beni immobili nella Società s.r.l. sarebbe idoneo a pregiudicare le ragioni dei creditori del conferente, in quanto determinerebbe nel patrimonio di detto conferente la sostituzione dei beni immobili ceduti con un titolo di partecipazione a “capitale di rischio”, con conseguente difficoltà ed incertezza nel soddisfacimento coattivo del credito. Si tiene conto, infatti, non soltanto della più agevole trasferibilità ed occultabilità dei titoli di partecipazione societaria, ma anche della loro maggiore aleatorietà, in quanto il valore è soggetto all’andamento economico della società s.r.l., ben più imprevedibile e fluttuante rispetto all’andamento del mercato immobiliare.
Il Tribunale di Macerata ha evidenziato come nella fattispecie concreta sussistessero i requisiti dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. dell’eventus damni, della scientia damni e del consilium fraudis per entrambi gli atti di disposizione impugnati dalla società attrice. Relativamente all’atto di disposizione di conferimento di beni immobili, il Giudice ha stabilito che l’elemento psicologico andava accertato non già in capo ai soci, bensì soltanto in capo alla Società s.r.l., destinataria dell’atto impugnato, in quanto unica legittimata passiva. Dal momento che il terzo acquirente era costituito da una Società s.r.l. e, quindi, da una persona giuridica, l’elemento soggettivo doveva essere accertato alla luce dell’art. 1391 c.c. avendo riguardo all’atteggiamento psicologico della persona fisica che lo rappresentava. Quest’ultima, si identificava con il Garante il quale, all’epoca del compimento dell’atto di disposizione impugnato, era l’Amministratore Unico della Società s.r.l. A detta del Giudice, tale circostanza implicherebbe, da parte del Garante, sia la sicura conoscenza del pregiudizio che con l’atto in questione potessero venire compromesse le ragioni del credito, sia l’indubbia sussistenza, anche in capo alla Società s.r.l. acquirente, della consapevolezza dell’idoneità dell’atto dispositivo a ledere la garanzia dei creditori.
Con riguardo al secondo atto di disposizione posto in essere dal Garante – di costituzione in pegno in favore del suo conoscente delle quote di partecipazione sociale di proprietà del Garante – il Tribunale di Macerata ha qualificato l’atto in questione, contrariamente a quanto sostenuto dai convenuti, come atto a titolo gratuito, e non oneroso. Nessuna controprestazione, infatti, cui ancorare la concessione di garanzia, era ravvisabile essendosi, il Garante, limitato a costituire in pegno i propri residui beni (partecipazioni sociali) a garanzia del medesimo debito già scaduto, nel caso di specie, da ben sei anni.
Da tale qualificazione giuridica dell’atto di disposizione, ai fini della sua revoca, ne discende l’irrilevanza dello stato soggettivo del terzo creditore che aveva ricevuto il pegno sull’idoneità dell’atto a ledere la garanzia del credito vantato della Società di leasing.
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