La prova della scientia damni può essere desunta anche dall’esistenza di un vincolo parentale o di una stabile relazione affettiva tra il debitore e il terzo quando si tratta di rapporti che – per natura ed intensità – rendano inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente.
Tale consapevolezza prescinde dalla specifica conoscenza del credito per cui l’azione revocatoria viene richiesta, essendo sufficiente che investa la riduzione della consistenza del patrimonio di detto debitore in danno dei creditori.
Tali presunzioni, oltre che sulla qualità delle parti del negozio fraudolento e sui loro legami personali, possono essere fondate anche su altri elementi oggettivi, quali la divergenza tra il prezzo di mercato del bene oggetto dell’atto di disposizione e il prezzo pattuito, nonché la sua tempistica rispetto alla pretesa del creditore.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Bergamo, Giudice Angela Randazzo con la sentenza n. 749 del 05/04/2023.
E’ accaduto che gli attori, proprietari in regime di comunione dei beni di un immobile, danneggiato e reso inagibile a causa di un incendio appiccato volontariamente dal convenuto, citavano in giudizio quest’ultimo chiedendo la revocatoria dell’atto di compravendita con il quale egli aveva venduto l’unico immobile di sua proprietà alla madre, in pregiudizio del credito a loro favore maturato per i danni causati- dal debitore alienante- all’immobile di loro proprietà.
Il Tribunale ha accolto la domanda evidenziando che il credito, ai fini della esperibilità dell’azione revocatoria, non dovesse avere i requisiti di certezza, liquidità e esigibilità, potendo essere anche solo eventuale, pure nella veste di credito litigioso.
In merito alla consapevolezza del pregiudizio, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, il Tribunale ha rilevato che, trattandosi di ipotesi di atto dispositivo oneroso successivo al sorgere del debito, fosse sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), la cui prova poteva essere fornita anche tramite presunzioni, senza che assumessero viceversa rilevanza l’intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore.
In tale contesto, il Tribunale ha valorizzato il vincolo parentale tra il venditore figlio e l’acquirente madre per ritenere provata la scientia damni.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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