LA MASSIMA
Qualora sia stata proposta un’azione revocatoria ordinaria per far dichiarare in opponibile ad un singolo creditore un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore ed, in pendenza del relativo giudizio in fase di appello – successivo alla sentenza di primo grado favorevole al creditore attore – a seguito del sopravvenuto fallimento del debitore, il curatore fallimentare subentri nell’azione in forza della legittimazione accordatagli dall’art.66 legge fallimentare, accettando la causa nello stato in cui si trova, LA LEGITTIMAZIONE E L’INTERESSE AD AGIRE dell’attore originario VENGONO MENO onde la domanda da lui individualmente proposta diviene improcedibile ed egli non ha titolo per partecipare ulteriormente al giudizio, né come parte né come interventore adesivo in quanto la decisione può produrre nei suoi confronti effetti riflessi di mero fatto. La legittimazione processuale dell’organo concorsuale per il giudizio di revocatoria ordinaria è comunque ESCLUSIVA, non potendo cumularsi a quella del creditore singolare, data la finalità tipica ed essenziale dell’azione revocatoria, cioè consentire il soddisfacimento esecutivo, derivando da tale sbocco inevitabile la perdita di interesse attuale per il creditore.
IL CONTESTO NORMATIVO
Art. 51 legge fallimentare
Art.66 legge fallimentare
Art.2901 cc
IL CASO
Un CREDITORE INDIVIDUALE ha proposto con esito vittorioso azione revocatoria art.2901 cc.
Successivamente è stato interposto appello dagli acquirenti.
Nelle more del giudizio di gravame è stato dichiarato il fallimento dei venditori.
E’ intervenuto nel giudizio di appello il curatore fallimentare, il quale ha chiesto la prosecuzione del giudizio.
La Corte di Torino ha dichiarato improcedibile l’azione dell’originario CREDITORE INDIVIDUALE, atteso che la legittimazione spettava esclusivamente UNICAMENTE alla curatela del fallimento e nel contempo ha confermato la vittoriosa sentenza di revocatoria.
Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso per cassazione.
LA DECISIONE
La Corte ha ritenuto preliminarmente di dover valutare il contrasto in merito alla QUESTIONE DI DIRITTO secondo la quale in conseguenza del sopravvenuto fallimento del debitore venditore nei cui riguardi il creditore abbia vittoriosamente esercitato in primo grado un’azione revocatoria ordinaria, a norma dell’art.2901 cc, se:
1). è consentito al curatore di subentrare all’attore in grado d’appello invocando la disposizione della L. Fall., art.66 (che legittima il curatore ad esercitare la medesima azione revocatoria ordinaria secondo le norme del codice civile),
2). tale subentro comporti l’improcedibilità dell’azione originariamente proposta dal singolo creditore.
La Corte ha affermato che per effetto della dichiarazione di fallimento ove il curatore subentri nell’azione revocatoria già proposta in forza della legittimazione accordatagli dalla legge fallimentare, art.66, accettando la causa nello stato in cui si trova, LA LEGITTIMAZIONE E L’INTERESSE AD AGIRE DELL’ATTORE ORIGINARIO VENGONO MENO, onde la domanda da lui individualmente proposta diviene improcedibile ed EGLI NON HA ALTRO TITOLO PER PARTECIPARE ULTERIORMENTE AL GIUDIZIO.
Per effetto di tale intervento anche in grado di appello, gli effetti della revocatoria saranno estesi a tutti i creditori ed il CREDITORE INDIVIDUALE non avrà più alcuna legittimazione alla prosecuzione dell’appello.
IL COMMENTO
La Corte di Cassazione ha affermato il principio che dopo il fallimento la legittimazione all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria spetta, IN VIA ESCLUSIVA, al curatore fallimentare e pertanto, qualora, dopo la proposizione dell’azione revocatoria, sopravvenga il fallimento del debitore, la legittimazione alla prosecuzione del giudizio spetta esclusivamente al curatore.
La perdita di legittimazione del creditore originario attore è determinata dal venir meno del suo interesse all’azione, consistente non già nel rientro del bene in se stesso nel patrimonio del debitore ma nell’assicurare l’assoggettabilità di detto bene all’azione esecutiva del creditore vittorioso in revocatoria, per cui non potrebbe mai conseguire siffatto risultato in presenza di una dichiarazione di fallimento da cui deriva immediatamente, ai sensi dell’art.51 legge fallimentare, l’impossibilità dell’inizio e della prosecuzione di qualsivoglia azione esecutiva individuale sui beni del fallito.
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