Il Decreto Legge n. 132/2014 ha introdotto l’art 492-bis del codice di procedura civile, disposizione poi “aggiornata” con successivo Decreto Legge n. 83/2015 e dedicata alla “ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare”.
Il legislatore ha previsto la possibilità per il creditore – se munito di titolo esecutivo e previa notifica del precetto – di proporre un’istanza al Presidente del Tribunale affinché, verificato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, autorizzi l’ufficiale giudiziario ad accedere, mediante collegamento telematico diretto, ai dati contenuti nelle banche dati delle Pubbliche Amministrazioni ed, in particolare, nell’Anagrafe Tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di beni e crediti da sottoporre ad esecuzione.
In particolare, le informazioni che è possibile acquisire sul proprio debitore sono:
a) le ultime dichiarazioni dei redditi;
b) gli atti inviati all’Ufficio del Registro recanti il codice fiscale del debitore;
c) l’anagrafe dei rapporti finanziari con la specifica dei conti aperti.
Finalità dell’istituto è quella di garantire che il pignoramento sia esperito in modo fruttuoso, evitando a creditori ed ufficiali giudiziari di effettuare ricerche “esplorative” che, talvolta, rischiano di concludersi senza esito alcuno.
Tale accesso, tuttavia, dovrà essere regolamentato, ai sensi dell’art. 155 quater disp. att. c.p.c., da un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro dell’economia e delle finanze e sentito il Garante per la protezione dei dati personali – ad oggi non ancora pubblicato – che dovrà individuare i casi, i limiti e le modalità di esercizio della facoltà di accesso a tali banche dati, nonché le modalità di trattamento e conservazione dei dati e le cautele a tutela della riservatezza dei debitori.
Oltre all’accesso telematico di competenza dell’ufficiale giudiziario, la normativa, per sopperire alle problematiche tecnico-operative, ha previsto un’ulteriore tipologia di ricerca, disciplinata dall’art. 155 quinquies delle disposizioni attuative del codice di procedura civile: l’accesso diretto del creditore alle banche dati, tramite i gestori delle stesse, consentito su autorizzazione del Presidente del Tribunale, nell’ipotesi in cui “le strutture tecnologiche, necessarie a consentire l’accesso diretto da parte dell’ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all’articolo l’art. 155-quater, comma 1, disp. att. c.p.c. non siano funzionanti”.
Naturalmente, essendo necessari gli stessi requisiti di cui all’art. 492 bis del codice di procedura civile, il creditore dovrà essere in possesso di un titolo esecutivo, provvedere alla notifica dell’atto di precetto e solo dopo il decorso di dieci giorni potrà presentare istanza al fine di essere autorizzato ad accedere direttamente alle banche dati.
La giurisprudenza si divide ancora sull’interpretazione della locuzione “le strutture tecnologiche…non siano funzionanti”: chi propende per un’interpretazione “estensiva” in modo da ricomprendervi tutti i casi di non funzionamento delle strutture, derivanti non solo da motivi tecnici ma anche da motivi giuridici (leggasi, la mancata emanazione del decreto interministeriale attuativo), conclude per l’immediata operatività della normativa; chi, viceversa, intende il non-funzionamento solo sotto il profilo tecnologico, ritiene necessario attendere la normativa regolamentare.
FOCUS
Ferme restando le incertezze che la normativa porta con sé, la concessione dell’accesso diretto al creditore è divenuta ormai prassi per la maggior parte dei tribunali. È opinione prevalente, infatti, che anche in mancanza dell’atteso decreto che dovrà elencare le banche date accessibili, non possa negarsi applicazione ad un istituto che il legislatore ha pensato per adeguare la tutela del credito agli strumenti informativi telematizzati. Peraltro, proprio la mancanza dei decreti attuativi viene interpretata quale causa di quel “non-funzionamento” che legittima il creditore a richiedere l’accesso diretto.
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