ISSN 2385-1376
Testo massima
Si realizza il reato di concorso in riciclaggio da parte di un direttore di banca in ipotesi di autorizzazione di operazioni sospette richieste dal cliente, omettendo viceversa di effettuare le segnalazione all’UIC. Tali operazioni costituiscono indici sintomatici del dolo, in quanto all’agente è imposta una scelta consapevole: agire segnalando o, al contrario, omettere di intervenire consentendo così il perpetrarsi della condotta criminosa.
Questo è il principio di diritto sotteso alla sentenza n. 9472 della Corte di Cassazione Penale del 14 gennaio e pubblicata l’8 marzo 2016.
Nel caso di specie, viene presentato ricorso contro la sentenza della Corte di Appello di Milano che conferma la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale. In sostanza, viene riconosciuto il dolo eventuale nel comportamento di un direttore di filiale, il quale, autorizzando le operazioni bancarie richieste dal cliente – considerate sospette -, concorre così insieme al medesimo nel reato di riciclaggio. Il cliente avrebbe fatto confluire sul conto corrente aperto presso tale dipendenza la somma complessiva di euro 2.444.739,92 – provento di una più ampia truffa pari ad euro 3.803.063,13 -, poi prelevata in denaro contante in più tranches ed in un breve lasso temporale.
La difesa sostiene che, in secondo grado, non è stata considerata la componente volontaristica di tale requisito soggettivo e che, quindi, i giudici di merito abbiano rinvenuto il dolo attraverso la valorizzazione del solo momento rappresentativo e conoscitivo delle operazioni bancarie, senza tener conto dell’aspetto volontaristico (in merito, leggasi Cass. S.U. 38343/2014).
I giudici di legittimità ritengono, però, infondato il ricorso e respingono l’istanza presentata dal direttore, con condanna al pagamento delle spese, in quanto in primis la Corte di Cassazione “non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma può, e deve, solo saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione” (Cass. n. 4842/2004).
In secondo luogo, visto che il reato di riciclaggio ex art. 648 bis c.p. si perfeziona con la sostituzione di un bene al riciclatore in cambio di un altro diverso e, quindi, con la restituzione dei capitali illeciti riciclati a colui che li aveva movimentati, è necessaria la presenza del dolo generico: ossia, la consapevolezza della provenienza delittuosa dell’oggetto del riciclaggio e la volontà di ostacolarne l’identificazione della provenienza, senza richiedere alcun riferimento a scopi di profitto o di lucro. A nulla, dunque, potrebbe rilevare che la Corte di Appello non abbia fatto un’indagine circa la sussistenza o meno della consapevolezza in capo al direttore di banca, perché in tema di elemento soggettivo del reato, il dolo eventuale ricorre quando l’agente si sia chiaramente rappresentata la significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso, per il caso in cui si verifichi.
Anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, la rigorosa dimostrazione dell’elemento psicologico può fondarsi su una serie di indicatori quali:
a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa;
b) la personalità e le pregresse esperienze dell’agente;
c) la durata e la ripetizione dell’azione;
d) il comportamento successivo al fatto;
e) il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali;
f) la probabilità di verificazione dell’evento;
g) le conseguenze negative anche per l’autore in caso di sua verificazione;
h) il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l’azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento.
Secondo gli Ermellini, la Corte di merito ha ricostruito in modo completo l‘iter decisionale messo in atto dal ricorrente, ricavandone sicuri indici di anomalia che non avrebbero, ad ogni modo, dissuaso il medesimo dall’adozione di certe condotte: egli, invece, avrebbe accettato consapevolmente il rischio della consumazione del reato di riciclaggio.
Testo del provvedimento
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