ISSN 2385-1376
Testo massima
Il ricorrente che proponga in sede di legittimità una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.
Questo è il principio di diritto formulato dalla Sezione III della Corte di Cassazione con la sentenza n.23180 del 31 ottobre 2014 avente ad oggetto un ricorso proposto avverso una sentenza di rigetto di un’opposizione all’esecuzione.
Come è noto, per effetto della legge 24 febbraio 2006, n. 52 il legislatore ha stabilito che le sentenze rese nell’ambito dell’opposizione all’esecuzione e dell’opposizione agli atti esecutivi non sono appellabili ma solo ricorribili in cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. Successivamente, la legge n.69 del 2009 ha modificato l’art. 616 c.p.c. Ne consegue che attualmente le sentenze rese nelle opposizioni all’esecuzione sono appellabili e restano soltanto ricorribili in Cassazione le sentenze che decidono il giudizio di opposizione agli atti esecutivi.
Nel caso di specie l’opposizione è stata proposta dall’esecutato avverso l’ordinanza di distribuzione. Egli ha eccepito l’omesso esame delle contestazioni già sollevate al riparto e l’omessa considerazione del mancato deposito del titolo da parte di due creditori. Il ricorso in opposizione è stato notificato unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di comparizione dinanzi al giudice dell’esecuzione, solo ad alcuni creditori. Pertanto, il giudice ha fissato il termine perentorio per la rinotificazione che è stata eseguita nei confronti di una delle società creditrici presso l’avvocato in origine nominato per la procedura esecutiva, nonostante, nelle more, fosse stata dichiarata fallita.
Disposto il rinvio immediato per la decisione in rito, il Tribunale adito ha rilevato l’irritualità dell’instaurazione del contraddittorio e ha dichiarato l’improcedibilità dell’opposizione, compensando tra le parti le spese di lite.
Il ricorrente, con il primo motivo di ricorso ha chiesto alla Corte di dire se la decisione impugnata violava gli artt. 102 – 141 e per analogia l’art. 300 c.p.c., nonché l’art.43 L. Fall ante riforma, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e se il giudice di primo grado, anziché dichiarare improcedibile la domanda avrebbe dovuto ritenere regolare la notifica al domicilio eletto della società creditrice o rimettere in termine la parte ex art. 184-bis come richiesto, per la notifica al fallimento Fi.De.V. srl in persona del curatore pro-tempore.
La Corte ha ritenuto inammissibile tale motivo rilevando che la questione della ritualità della notifica effettuata alla società fallita presso il procuratore nominato quando era ancora in bonis e l’istanza di rimessione in termini erano state proposte per la prima volta solo con il ricorso in Cassazione. Infatti, in tale ricorso mancava- se non pure la trascrizione degli esatti termini – l’indicazione della sede processuale le questioni in esame erano state sollevate.
La Corte, dunque, ha ribadito che, in linea di principio il ricorrente che proponga in sede di legittimità una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (per l’ipotesi di questione non esaminata dal giudice del merito, tra le molte: Cass. 2 aprile 2004, n. 6542; Cass. 10 maggio 2005, n. 9765; Cass. 12 luglio 2005, n. 14599; Cass. 11 gennaio 2006, n. 230; Cass. 20 ottobre 2006, n. 22540; Cass. 27 maggio 2010, n. 12992; Cass. 25 maggio 2011, n. 11471; Cass. 11 maggio 2012, n. 7295; Cass. 5 giugno 2012, n. 8992; Cass. 22 gennaio 2013, n. 1435).
E tanto perché occorre comunque, per consentire alla Corte di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, che nel ricorso si rinvengano sia l’indicazione della sede processuale di adduzione delle tesi poste a base dell’impugnazione, sia la trascrizione dei passaggi argomentativi.
Testo del provvedimento
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