ISSN 2385-1376
Testo massima
E’ esente da censure, sotto il profilo del difetto di motivazione, la pronuncia del Giudice di merito che abbia esaminato tutte le circostanze rilevanti ai fini della decisione, svolgendo un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze istruttorie considerate ed immune da contraddizioni e vizi logici, tale che le valutazioni svolte e le coerenti conclusioni che se ne sono tratte, configurano una opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole e che, pur non escludendo la possibilità di altre scelte interpretative anch’esse ragionevoli, è espressione di una potestà propria del Giudice del merito che non può essere sindacata nel suo esercizio. Consegue a quanto innanzi la inammissibilità del motivo di ricorso che si sostanzi nella esposizione di una lettura delle risultanze probatorie diversa da quella data dal Giudice del gravame e nella richiesta di un riesame di merito del materiale probatorio.
Questo è il principio stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. lavoro, con la sentenza n. 20949 del 03.10.2014.
Nel caso di specie, Tizio citava la società ex datrice di lavoro al fine di ottenere, a causa delle mansioni dirigenziali che l’attore riteneva di svolgere, il riconoscimento della qualifica di dirigente con relative attribuzioni economiche anziché di quadro direttivo. Inoltre, ritenendo illegittimo il suo licenziamento, chiedeva il pagamento dell’indennità sostitutiva di preavviso e dell’indennità supplementare. In caso di mancato riconoscimento della qualifica dirigenziale, chiedeva la reintegrazione nel posto di lavoro, oltre al risarcimento dei danni per perdita dei benefit.
La società convenuta compariva e chiedeva a sua volta, con apposita domanda riconvenzionale, il risarcimento dei danni all’attore per mancato adempimento agli obblighi contrattuali.
In primo grado, il giudice: I. riconosceva la qualifica di dirigente in capo all’attore; II. Condannava la società al pagamento delle differenze retributive; III. Condannava, altresì, l’attore al risarcimento del danno per inadempimento contrattuale.
Adita la Corte d’Appello, questa, nella sua qualità di giudice di merito avente il potere di decidere su tutti gli aspetti della causa, sia di fatto che di diritto, attraverso un iter interpretativo comprensivo di tutto il materiale probatorio, stravolgeva la pronuncia del giudice di primo grado e non riconosceva la qualifica di dirigente in capo all’attore, non convincendo le affermazioni dei testi sulla sussistenza di un suo autonomo ruolo decisionale. Inoltre, l’adita giudicante accoglieva l’appello incidentale promosso dall’attore in primo grado, in quanto, essendo il risarcimento dei danni consequenziale proprio al riconoscimento della qualifica di dirigente, venendo meno quest’ultima, veniva meno anche la riparazione.
Successivamente, Tizio proponeva ricorso per Cassazione ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. eccependo l’omessa disamina da parte della Corte d’Appello della documentazione prodotta nonché l’erronea valutazione delle risultanze testimoniali. Sui punti la Suprema Corte stabilisce che, per quanto riguarda il mancato esame dei documenti, questi, se pur non riportati nella loro interezza, sono stati sintetizzati e valutati; per quel che concerne le risultanze testimoniali, la Corte territoriale, sulla base della propria analisi interpretativa, ha ritenuto che non potesse riconoscersi la qualifica di dirigente in capo al ricorrente, dato quest’ultimo che non può essere censurato da un giudice di legittimità quale la Corte di Cassazione.
È stato, infatti, più volte ribadito che il vizio di motivazione denunciabile come motivo di ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche, giacché, ove il giudice di merito abbia correttamente deciso le questioni di diritto sottoposte al suo esame, sia pure senza fornire alcuna motivazione o fornendo una motivazione inadeguata, illogica o contraddittoria, la Corte di Cassazione, nell’esercizio del potere correttivo attribuitole dall’art. 384, comma 2 c.p.c., deve limitarsi a sostituire, integrare o emendare la motivazione della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 557/2014