ISSN 2385-1376
Testo massima
In materia di ricorso per cassazione, la pedissequa riproduzione di atti processuali e documenti, ove si assuma che la sentenza impugnata non ne abbia tenuto conto o li abbia mal interpretati, non soddisfa il requisito di cui all’art. 366, co. 1, n. 3, c.p.c,, in quanto costituisce onere del ricorrente operare una sintesi del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure, al fine di evitare di delegare alla Corte un’attività, consistente nella lettura integrale degli atti assemblati finalizzata alla selezione di ciò che effettivamente rileva ai fini della decisione, che, inerendo al contenuto del ricorso, è di competenza della parte ricorrente e, quindi, del suo difensore.
Questo è il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, in data 27 maggio 2014 con sentenza n. 20589, pubblicata in data 30 settembre 2014.
Nel caso di specie, i Giudici hanno riunito e dichiarato entrambi inammissibili i ricorsi, per violazione degli artt. 360 c.p.c., 2118 c.c. e 92 CCNL per dipendenti di aziende di credito del 1994, presentati dal lavoratore e dalla banca con cui era in essere un rapporto di lavoro.
Rilevanti, alla luce delle considerazioni che qui si intendono svolgere, sono i requisiti di specificità, puntualità, sinteticità e chiarezza che debbono avere le censure fatte in sede di giudizio di legittimità. La Corte ha ribadito quanto affermato qualche anno prima: centrale è l’esposizione delle ragioni di diritto alla base della censura che viene mossa e detta esposizione, al fine di assicurare in maniera concreta l’esercizio del diritto alla difesa costituzionalmente garantito all’art. 24, deve avvenire in modo preciso e conciso, evitando la mera riproduzione degli elementi già esposti in primo e secondo grado. La pedissequa riproduzione di atti e documenti non soddisfa, dunque, le finalità perseguite dal dettato dell’art. 366, co. 1, n. 3 c.p.c., che parla di “esposizione sommaria dei fatti di causa”, ovvero degli elementi indispensabili alla medesima Corte per poter avere un quadro completo: il ricorrente deve determinare l’oggetto della controversia, lo svolgimento del processo e le posizioni assunte dalle parti. La Corte deve essere in condizione di conoscere tali elementi senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo. Il riesame che viene chiesto alla Corte deve, pertanto, avere quale fulcro di partenza la denunzia dei vizi di motivazione del provvedimento impugnato per errata valutazione del materiale probatorio e non per errori di logica giuridica, altrimenti il ricorso non può che risultare inammissibile come nel caso di specie.
I Giudici della Corte hanno, per l’ennesima volta, avuto modo di delineare i confini del controllo di legittimità ad essi spettante; confini che si espandono entro i concetti di correttezza giuridica e coerenza logica e che non attengono al merito ed alla valutazione delle risultanza probatorie.
Testo del provvedimento
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