Non è possibile revocare la rinunzia alla eredità per tacita accettazione dell’eredità precedentemente rinunziata.
Nel sistema delineato dagli artt. 519 e 525 c.c., in tema di rinunzia all’eredità – la quale determina la perdita del diritto all’eredità ove ne sopraggiunga l’acquisto da parte degli altri chiamati – l’atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni), con la conseguenza che una revoca tacita della rinunzia è inammissibile.
In particolare, l’art. 519 cc prevede una forma solenne per la rinuncia all’eredità, prescrivendo che la stessa debba essere formulata per mezzo di “dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale (…) e inserita nel registro delle successioni”.
A differenza dell’accettazione dell’eredità, che ben può realizzarsi tacitamente, la rinuncia – per essere validamente prestata – deve necessariamente seguire le forme previste dal Codice, pertanto la revoca tacita della rinuncia non è ammissibile anche laddove si pongano in essere atti idonei a configurare la tacita accettazione dell’eredità precedentemente rinunziata.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. Manna – Rel. Varrone, con l’ordinanza n. 37927 del 28 dicembre 2022.
La vicenda in esame trae origine da operazioni immobiliari poste in essere da un’impresa edile che si era adoperata per l’edificazione di abitazioni civili per conto di più committenti, i quali a loro volta si erano impegnati a rimborsare ogni onere, anche fiscale, sostenuto dall’impresa nello svolgimento dell’incarico.
Conclusi i lavori, la ditta appaltatrice citava in giudizio i committenti per ottenere il rimborso degli oneri di urbanizzazione anticipati durante l’esecuzione del contratto.
L’impresa chiedeva la condanna al rimborso dei versamenti e in subordine il loro indennizzo, a titolo di indebito arricchimento, ex art. 2041 c.c.
Si costituivano i convenuti e nelle more due dei convenuti venivano a mancare e conseguentemente venivano citati in giudizio gli eredi di questi ultimi.
Gli eredi ribadivano le difese nel merito delle parti originarie e, in via subordinata, pur essendosi dichiarati eredi, eccepivano l’assenza di legittimazione passiva, asserendo di aver rinunciato alle rispettive eredità con la conseguente richiesta di rigetto delle domande attoree.
Il Tribunale, in accoglimento della domanda dell’impresa, condannava tutti i convenuti al pagamento delle somme anticipate dall’attore ritenendo che gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione, in ragione della loro natura reale, gravavano sul proprietario dell’immobile al momento della concessione.
Avverso tale statuizione proponevano gravame i soccombenti ribadendo la carenza di legittimazione passiva in quanto, asseritamente, avevano rinunciato all’eredità.
In appello si costituiva l’impresa appaltatrice che chiedeva il rigetto delle domande degli appellanti.
La Corte d’Appello, esaminate le istanze delle parti, rigettava l’impugnazione, asserendo l’incompatibilità della condotta tenuta in primo grado dagli appellanti con la rinuncia all’eredità. Più specificamente la Corte d’Appello riteneva che la difesa svolta nel merito dagli originari convenuti, poteva intendersi come accettazione tacita dell’eredità.
I soccombenti proponevano ricorso per Cassazione, lamentando che il Giudice di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto incompatibile la condotta processuale dei ricorrenti con la precedente rinuncia all’eredità.
L’impresa si costituiva anche innanzi ai Giudici di legittimità, chiedendo il rigetto del ricorso.
La Suprema Corte ha rilevato che nel sistema delineato dagli artt. 519 e 525 c.c., in tema di rinunzia all’eredità l’atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni), con la conseguenza che una revoca tacita della rinunzia è inammissibile.
L’errore di diritto nella decisione impugnata era rappresentato dal fatto che la Corte di merito non si fosse adeguata a tale principio per cui erroneamente ha ritenuto che, con la loro condotta processuale, i ricorrenti avessero implicitamente revocato la rinuncia all’eredità per cui conseguentemente aveva accolto la domanda avanzata nei loro confronti.
Gli Ermellini, ritenendo che non si poteva configurare “revoca tacita” della precedente rinuncia all’eredità, hanno accolto il gravame, rinviando alla Corte d’Appello di Napoli per la decisione nel merito.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
IL PAGAMENTO DI DEBITI EREDITARI NON COSTITUISCE ACCETTAZIONE TACITA SE COMPIUTO CON DENARO PROPRIO
Articolo Giuridico | Corte di Cassazione, seconda sezione | 27.01.2014 | n.1634
Sentenza | Tribunale di Napoli, Giudice Ettore Pastore Alinante | 01.11.2011 | n.7420
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/rinuncia-alleredita
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