Provvedimento segnalato dall’Avv. Paolo Calabretta del Foro di Catania
Per l’esercizio dell’impugnazione della rinunzia ad un’eredità da parte dei creditori è richiesto un unico presupposto di carattere oggettivo, ossia che la rinunzia all’eredità da parte del debitore importi un danno per i suoi creditori, in quanto il suo patrimonio personale non basti a soddisfarli e l’eredità presenti un attivo; non è necessario che la rinunzia all’eredità sia stata preordinata allo specifico scopo d’impedire ai creditori di soddisfarsi, e neppure occorre da parte del debitore la consapevolezza del pregiudizio loro arrecato.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Caltanissetta, Giudice Ester Rita Difrancesco, con la sentenza n. 488 del 16.09.2019.
Il fallimento di una società ha convenuto in giudizio un soggetto, erede di un debitore della stessa, che aveva rinunciato all’eredità dopo che il decreto ingiuntivo emesso era stato già dichiarato definitivamente esecutivo e dopo che era già stata scritta ipoteca nei suoi confronti. Contestualmente, il fallimento ha chiesto al Tribunale di essere autorizzato ad accettare l’eredità in luogo del rinunziante, fino alla concorrenza dei suoi crediti.
L’erede si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto di tutte le domande proposte da parte attrice, ritenendole infondate in fatto ed in diritto. In particolare ha dedotto che la rinuncia all’eredità non costituisse grave pregiudizio per le ragioni di credito di parte attrice, né che comportasse un danno per quest’ultima, affermando di essere titolare di altri beni e redditi, diversi dalla quota di proprietà (di 1/3) dell’immobile sul quale era stata scritta ipoteca.
La domanda attorea è stata accolta dal Tribunale, ai sensi dell’art. 524 comma I c.c., che specifica che “Se taluno rinunzia, benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e in luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti”. Tale azione, esercitata dal creditore affinché sia autorizzato ad accettare l’eredità in nome ed in luogo del debitore rinunciante, ha una funzione strumentale ai fini del soddisfacimento del credito del primo, in quanto mira a rendere inopponibile al creditore le rinuncia stessa e a consentirgli di agire sul patrimonio ereditario.
Nel caso di specie il fallimento ha provato di essere creditrice dell’erede e ha, altresì, provato la sussistenza del presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’accoglimento dell’azione ex art. 524 c.c., ossia l’esistenza di un danno per i creditori derivante dalla rinuncia all’eredità effettuata dal debitore, risultando che la quota immobiliare di 1/3 sia l’unico bene sul quale la procedura concorsuale che ha agito in giudizio può agire per soddisfare i creditori concorsuali.
Facendo riferimento a giurisprudenza di legittimità ormai consolidata e ritenendo che, in relazione all’azione ex art. 524 c.c., la dichiarazione di fallimento costituisce elemento tale da far ritenere altamente verosimile che il patrimonio del debitore non sia sufficiente a soddisfare tutte le pretese creditorie, il Giudice ha autorizzato l’attore ad accettare con beneficio di inventario l’eredità in nome e per conto del rinunziante, che è stato condannato alla rifusione delle spese processuali.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
AZIONE DI RIDUZIONE: LA BANCA PUÒ IMPUGNARE IL TESTAMENTO IN VIA SURROGATORIA DEL LEGITTIMARIO PRETERMESSO RIMASTO INERTE
L’azione va proposta contro i beneficiari delle disposizioni lesive nonché contro lo stesso debitore
Sentenza | Corte di Cassazione, Sez. II, Pres. Campanile – Rel. Carrato | 20.06.2019 | n.16623
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/azione-di-riduzione-la-banca-puo-impugnare-il-testamento-in-via-surrogatoria-del-legittimario-pretermesso-rimasto-inerte
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