ISSN 2385-1376
Testo massima
Segnalata dall’avv. Roberto Rusciano e dal dott. Marco Minuto
Deve considerarsi tempestiva, in materia di azione di ripetizione di indebito, l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca in comparsa di risposta e poi meglio qualificata in comparsa conclusionale alla luce della giurisprudenza nel frattempo consolidatasi, chiedendo che la prescrizione fosse valutata nei termini di cui alla stessa giurisprudenza, tenendo conto, in particolare, della distinzione, divenuta necessaria, tra rimesse solutorie e meramente ripristinatorie della provvista. Del resto, risulta pacifico che nella conclusionale ex art. 190 c.p.c. è ben possibile illustrare i nuovi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, con il solo limite di non estendere il dibattito a questioni non precedentemente dedotte.
L’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolalo in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo, funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stai registrati. Infatti, nell’anzidetta ipotesi, ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacché il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens.
Si è così pronunciata la Corte di Appello di Milano, Pres. Marescotti Rel. Bonaretti, con la sentenza n. 78 del 13.01.2016.
Nel caso di specie, una banca proponeva appello avverso la sentenza con cui il Tribunale l’aveva condannata, in primo grado, al pagamento di euro 70.914,54 in favore del cliente, accogliendo la domanda di ripetizione di indebito esercitata da quest’ultimo, fondata sull’asserita nullità delle clausole convenzionali concernenti gli interessi, la capitalizzazione degli stessi, le commissioni di massimo scoperto e le valute.
Il Tribunale, disattendendo la preliminare eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, in quanto alcuni profili della stessa sarebbero stati trattati solo in comparsa conclusionale, aveva disposto la condanna della convenuta, rilevando la nullità della clausola anatocistica ed accertando un credito a favore del cliente pari a euro 70.914,54.
In sede di appello, la banca censurava le statuizioni del Giudice di prime cure nella parte in cui avevano rigettato l’eccezione di prescrizione e contestava la espletata CTU, nella parte in cui non aveva “considerato immediatamente solutori gli addebiti di competenze intervenuti su conto attivo o assistito da apertura di credito capiente e laddove non aveva imputato le rimesse solutorie a pagamento, in primis, delle competenze precedentemente maturate e non ancora pagate“.
Si costituiva in giudizio il cliente, il quale concludeva per il rigetto dell’appello e la conferma dell’impugnata sentenza, salvo la maggior somma che fosse eventualmente risultata dalla ctu contabile richiesta in via preliminare e istruttoria.
La Corte di merito sospesa preliminarmente la provvisoria esecutività del provvedimento impugnato in accoglimento delle censure articolate dalla banca appellante relativamente alla reiterata eccezione di prescrizione, ha parzialmente modificato la sentenza appellata, accertando, a favore del cliente, il credito di euro 353,99, da compensarsi nei confronti della banca con il ricalcolato saldo a debito.
A fondamento delle proprie statuizioni, il Giudice di appello ha richiamato la pronuncia delle Sezioni Unite n.24418/2010, evidenziandone l’erronea applicazione operata dal Tribunale, precisando che “in realtà, nella comparsa conclusionale, la banca non aveva proposto, in senso stretto, alcuna domanda tardiva né nuova, stante la tempestiva proposizione dell’eccezione di prescrizione già nella comparsa di risposta“.
Ribadito che l’azione di ripetizione di indebito esercitata da un correntista nei confronti della banca “è soggetta al termine di prescrizione decennale decorrente dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati, purché i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo una funzione ripristinatoria della provvista“, la sentenza in commento ha poi ribadito che soltanto per i versamenti con funzione solutoria (ossia quelli eseguiti su conto scoperto o extrafido), in virtù di quanto chiarito dalle Sezioni Unite, la prescrizione verrebbe a decorrere dalle singole appostazioni. Di conseguenza, “la banca, in conclusionale, ha provveduto ad adeguarsi alla nuova giurisprudenza, chiedendo che la prescrizione fosse valutata nei termini di cui alla sentenza citata, tenendo conto, cioè, della distinzione, divenuta necessaria, tra rimesse solutorie e meramente ripristinatorie della provvista. Del resto, risulta pacifico che nella conclusionale ex art. 190 c.p.c. è ben possibile illustrare i nuovi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, con il solo limite di non estendere il dibattito a questioni non precedentemente dedotte. Dal momento che la questione era stata tempestivamente sollevata, deve quindi concludersi che non si tratta di una nuova eccezione, bensì di una diversa qualificazione giuridica della stessa eccezione proposta in comparsa di risposta“.
In accoglimento delle richieste istruttorie articolate sia di parte appellante che appellata, la Corte ha disposto CTU contabile al fine di “rideterminare il saldo del rapporto di conto corrente, depurandolo dai pagamenti con funzione solutoria, secondo la definizione di cui alla sentenza Cass. S.U. 24418/2010, effettuati nel periodo antecedente al 14 marzo 1996 (decennio anteriore alla notifica della citazione del giudizio di primo grado, avvenuta il 14.3.2006)“.
Da tale ricalcolo, emergeva “una differenza, a credito del cliente, di euro 353,99. Di tale importo, dunque, l’odierno appellato vedrà ridotto il proprio saldo in dare nei confronti della banca al 31 dicembre 2005 (data dell’ultimo estratto conto prodotto)“.
Particolarmente significativa è stata la specificazione relativa all’eccezione di prescrizione, avendo la Corte precisato che la diversa qualificazione giuridica della stessa eccezione proposta in comparsa di risposta non costituisce una eccezione nuova, in quanto con la conclusionale ex art. 190 c.p.c. è ben possibile illustrare i nuovi riferimenti dottrinali e giurisprudenziali, con il solo limite di non estendere il dibattito a questioni non precedentemente dedotte.
In conclusione, la Corte di Appello ha accolto il gravame e disposto la parziale riforma della sentenza impugnata. ?
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 37/2016