ISSN 2385-1376
Testo massima
Segnalato dall’Avv. Antonella Panagini del foro di Novara
Nella pendenza di un rapporto di conto corrente, i versamenti di danaro eseguiti su di esso dal correntista non costituiscono pagamenti ma costituiscono semplici rimesse che hanno il carattere di ripristinare il fido concesso dalla banca al cliente, laddove eseguite su di un conto affidato e nell’ambito dell’affidamento concesso.
L’azione di ripetizione dell’indebito per pagamenti eseguiti dal correntista in virtù di annotazioni in conto illegittimamente eseguite dalla banca può essere esercitata solo una volta estinto il conto corrente. Solo in questo momento, infatti, il correntista è chiamato a saldare alla banca l’eventuale passività esposta dal conto corrente: chiuso il conto e la relativa apertura di credito su di esso concessa, il saldo negativo diviene un vero e proprio debito che, esatto dalla banca, il correntista deve pagare portando il conto al cd. “saldo 0”.
In sostanza, in presenza di un conto corrente ancora aperto, al cliente è consentita la sola azione di accertamento della legittimità dei negozi alla base delle appostazioni applicate dalla banca al conto stesso, ossia l’azione di nullità della convenzione di interessi, di massimo scoperto o di anatocismo.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Verbania, dott. Mauro D’Urso, con la sentenza n. 712, depositata in data 24.12.2015.
Nel caso di specie, una società, sull’assunto d’aver intrattenuto con la banca un rapporto di conto corrente, a cui era collegato un conto anticipi, conveniva in giudizio l’istituto di credito, contestando l’illegittima applicazione di interessi usurari ed anatocistici, oltre che di interessi passivi in misura ultralegale e di commissione di massimo scoperto in assenza della relativa pattuizione scritta. L’attrice chiedeva, pertanto, declaratoria di nullità delle predette condizioni contrattuali, il ricalcolo del saldo di conto corrente e la condanna della banca alla restituzione delle somme indebitamente riscosse in virtù degli addebiti asseritamente illegittimi.
Si costituiva in giudizio l’istituto di credito, il quale eccepiva la prescrizione dell’azione ripetitoria, contestando nel merito la fondatezza di ciascuno degli addebiti articolati dall’istante.
Il Tribunale ha rigettato la domanda attorea all’esito della espletata CTU, dalle cui risultanze era emerso che il conto corrente dedotto in giudizio fosse ancora aperto, tanto alla data della notifica dell’atto di citazione, quanto al momento della redazione dello stesso elaborato peritale.
Il provvedimento in commento, allineandosi a diffusa giurisprudenza, ha affermato l’inammissibilità dell’azione di ripetizione di indebito nella pendenza di un rapporto di conto corrente, atteso che solo con la chiusura del conto “è giuridicamente ravvisabile il pagamento eseguito dal correntista oppure in astratto il suo maggior credito, laddove ritenga che il saldo positivo del conto sia stato comunque frustrato dall’applicazione di poste indebitamente inscritte dalla banca e, quindi, a partire da questo momento è eventualmente possibile ricostruire le vicende del conto corrente, espungendo gli effetti delle annotazioni illegittime applicate dalla Banca“.
In sostanza, quando il conto corrente è ancora aperto, “non esiste una situazione realmente debitoria del correntista e la circostanza che in quel momento il saldo passivo del conto sia influenzato da interessi illegittimamente fin lì computati, si traduce in una indebita limitazione di tale facoltà di maggior indebitamento, ma non nel pagamento anticipato di interessi“.
A tale inammissibilità consegue quella della domanda di accertamento del saldo del conto corrente che presuppone l’istanza di ripetizione anzitutto per carenza di interesse ex art. 100 c.p.c. in capo al correntista-attore, dal momento che quest’ultimo, per ottenere la ripetizione di quanto indebitamente versato, deve necessariamente attendere o provocare la chiusura del conto corrente, mentre per conseguire il solo fine della eliminazione delle annotazioni ha il diverso strumento della contestazione di ex art. 1832 c.c..
Ne deriva, in tale contesto, l’ammissibilità della sola azione di accertamento della nullità delle clausole contrattuali relative alle rimesse oggetto di contestazione, anche in considerazione del fatto che “il solo accertamento della nullità delle pattuizioni non può portare ad una riscrittura del saldo del conto corrente da annotarsi sul conto, in quanto l’azione di accertamento della nullità dei negozi non soffre il contributo dell’eccezione di prescrizione che, evidentemente, la banca ha ragione ed interesse a spiegare solo nell’ambito della domanda di ripetizione dell’indebito“.
Per approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
RIPETIZIONE INDEBITO: INAMMISSIBILE SE IL CONTO È APERTO
INFONDATE LE DOGLIANZE USURARIE SULLA BASE DEL METODO “ALL INCLUSIVE” PER I RAPPORTI ANTE 2010
Sentenza | Tribunale di Verona, dott. Andrea Mirenda | 26-11-2015 | n.3229
RIPETIZIONE INDEBITO: INFONDATA SE IL CONTO È ANCORA APERTO
LE RIMESSE NEI LIMITI DEL FIDO NON HANNO NATURA SOLUTORIA
Sentenza | Tribunale di Livorno, dott. Luciano Arcudi | 05-08-2014
RIPETIZIONE INDEBITO: INFONDATA SE IL CONTO CORRENTE È AFFIDATO
I VERSAMENTI SU CONTO CON SALDO PASSIVO NON HANNO EFFETTO SOLUTORIO MA MERAMENTE RIPRISTINATORIO DELLA PROVVISTA
Sentenza | Tribunale di Padova, dott.ssa Maria Antonia Maiolino | 31-07-2014 | n.2537
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 14/2015