Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
LA MASSIMA
Ove la Banca convenuta produca il contratto da cui risulta che il tasso di interesse è stato pattuito per iscritto, che la commissione di massimo scoperto era stata espressamente prevista e quantificata, che la capitalizzazione trimestrale era stata prevista conformemente alla delibera CICR del 9.02.00 e che l’applicazione delle valute, era stata disciplinata in modo puntuale, la mera produzione di una perizia di parte si appalesa del tutto generica e la domanda, non provata.
Questi i principi come ricavabili dalla sentenza del Tribunale di Roma, Giudice Dott.ssa Maria Pia De Lorenzo n. 3169 resa in data 08 febbraio 2018.
IL CASO
La domanda di parte attrice aveva ad oggetto l’accertamento della nullità delle clausole di contratti di conto corrente, dei conti anticipi e sconti oltre che alla dedotta illegittimità degli addebiti per interessi usurari ed anatocistici, per differenze di valuta, per commissioni di massimo scoperto; essa stessa attrice invocava a rideterminazione del saldo e la richiesta di correzione della segnalazione operata dalla Banca convenuta, alla Centrale Rischi.
La Banca deduceva indi l’infondatezza delle domande, assumendo che la gestione del conto era sempre stata conforme alle prescrizioni contrattuali e che il contratto era stato stipulato in osservanza della disciplina applicabile, ratione temporis.
Il giudice, concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., su concorde richiesta delle parti, rinviava la causa all’odierna per la discussione orale e la decisione ex art. 281 sexies c.p.c.
Orbene e con la sentenza oggi in commento, il Tribunale di Roma ha dedotto in primis che le domande ex latu actoris non facevano alcun riferimento alla disciplina negoziale del rapporto, ma soltanto alla perizia stragiudiziale allegata al fascicolo di parte. Tale perizia, come si evinceva dalle premesse, presupponeva l’assenza di una valida pattuizione della capitalizzazione trimestrale e di qualsiasi valida qualsiasi valida regolamentazione delle voci che si assumevano illegittimamente addebitate; essa, dopo avere esposto concetti generali su alcuni temi di attualità nel contenzioso bancario, riportava in modo meramente assertivo le somme che sarebbero dovute a parte attrice, a titolo di indebito per usura oggettiva, usura soggettiva, interessi anatocistici. Le ragioni poste a fondamento della domanda, pertanto, sono state ritenute dal giudice del tutto prive di riscontro documentale, oltre che generiche.
La banca convenuta aveva infatti prodotto il contratto, da cui risultava che il tasso di interesse era stato pattuito per iscritto, che la commissione di massimo scoperto era stata espressamente prevista e quantificata, che la capitalizzazione trimestrale era stata prevista conformemente alla delibera CICR del 9.02.00 e che l’applicazione delle valute, era stata disciplinata in modo puntuale. Si è palesata pertanto per il Tribunale di Roma, la assoluta genericità ed assenza di prova, delle doglianze della società parte attrice.
Le domande sono state indi rigettate e le spese di lite, hanno seguito la soccombenza.
IL COMMENTO
Seppure impegnativo il lavoro di ricerca, dottrinale e giurisprudenziale, compiuto dalla parte attrice, essa indagine è apparsa del tutto decontestualizzata.
Le eccezioni avversarie, in buona sostanza, risultando generiche e prive di riscontri probatori concreti…rectius non riferibili ai rapporti azionati; rappresentando mere congetture, in ragione delle quali si tentava di ottenere l’inversione dell’onere della prova.
A ben vedere gli attori avevano meramente ipotizzato l’esistenza di irregolarità e di un presunto “andamento anomalo del rapporto con la banca”, richiamando (ma non allegando in atti il relativo documento) la “ricostruzione contabile del rapporto di conto corrente” dalla quale sarebbe emerso il “superamento del tasso soglia di una volta e mezza”, per effetto – dicitur – della ingiusta quantificazione di tutte le voci concorrenti a determinare l’effettivo tasso di intesse globale annuo; il predetto superamento, si sarebbe verificato sia con riferimento all’usura oggettiva che all’usura soggettiva; tuttavia la parte attrice nulla riferiva in merito ai periodi in cui tale superamento si sarebbe determinato ed ai parametri utilizzati per giungere al predetto risultato, in tal modo rendendo palese la lesione del diritto di difesa della banca convenuta.
Nel caso di specie, mancava inoltre ogni documentazione relativa alle presunte patologie dei rapporti de quibus, né a tale onere probatorio e di allegazione poteva sopperire l’invocata consulenza tecnica d’ufficio. Il suddetto mezzo di indagine, giova infatti ribadirlo, non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, o al fine di supplire alla deficienza delle proprie allegazioni, o ancora al fine di compiere un’attività meramente esplorativa, alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati.
Buona parte dello sforzo ricostruttivo avversario, si concentrava su problematiche che potevano semmai in astratto riguardare contratti sorti anteriormente all’entrata in vigore della nota delibera CICR dell’anno 2000; al contrario pacifica la circostanza che i rapporti portati all’esame, erano sorti dopo la delibera CICR, che ha legittimato la trimestralizzazione degli interessi, con carattere di reciprocità nei rapporti Banca-Cliente
Censurabile era pertanto l’eccezione relativa alla “unilaterale applicazione della trimestralizzazione degli interessi post luglio 2000”, con la asserita esclusione della reciprocità dei trattamenti e della pattuizione scritta in tal senso.
A ciò si aggiungeva che essendo stata lecitamente pattuita, sotto la vigenza della Delibera CICR del 09.02.2000, la capitalizzazione trimestrale, essa non poteva essere considerata al fine della determinazione del TEG e ciò perché il debito, da interesse passivo, viene conglobato nel capitale, così mutando di regime giuridico: da obbligazione accessoria d’interessi a obbligazione principale per sorte capitale (cfr sul punto Tribunale di Torino, sentenza n. 3783/2014; Tribunale di Torino, sentenza n. 2883/2012).
Persino la presunta revoca/recesso asseritamente esercitata dalla Banca convenuta – indicata dalla attrice come illegittima giacchè priva di giusta causa – era stata smentita per tabulas, atteso che i rapporti in esame erano stati estinti di comune accordo.
Anche in questo caso, a conferma della totale infondatezza della eccezione avversaria, v’èra la assenza di alcuna conseguente allegazione documentale.
La lamentata modifica unilaterale ed ingiustificata delle condizioni contrattuali, in senso peggiorativo per il cliente, ovvero l’asserita applicazione arbitraria di tassi di interessi non approvati e superiori a quelli originariamente pattuiti, risultava meramente ipotizzata ed ancora una volta genericamente argomentata.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla parte attorea, le condizioni (tutte pattuite), erano state in concreto applicate dall’istituto di credito, al quale era comunque riconosciuta, sia dalla legge sia dal contratto, la facoltà di apportare modifiche anche in senso peggiorativo per il correntista, sia con riferimento al rapporto di conto corrente, che agli affidamenti ed al finanziamento chirografario.
Quanto alla commissione di massimo scoperto, la relativa disciplina era stata ampiamente richiamata in comparsa di costituzione e risposta, sicchè appariva sufficiente riportare di seguito la più recente evoluzione giurisprudenziale (Corte Appello Milano, Pres. Dott. Canzio, Ordinanza del 20.10.2014; Tribunale Milano, Ord. 702 ter c.p.c. del 21.10.2014; Tribunale di Ferrara Sentenza del 02.07.2014; Tribunale di Ferrara Sentenza n. 592 del 21-05-2014; Tribunale Milano Sentenza n. 7234 del 03.06.2014; Tribunale di Torino Sentenza 1244 del 17.02.2014; Tribunale di Verona, Sentenza del 09.12.2013) che, in serie:
-aveva confermato la legittimità delle Istruzioni Banca Italia e la loro capacità di dare uniforme applicazione alla disciplina di cui all’art. 644 c.p.;
-aveva affermato la legittimità della c.m.s. pattuita secondo i criteri della legge n. 2/2009;
-aveva escluso la rilevanza della c.m.s. “a fini usura”, per il periodo anteriore al 31.12.2009.
Da ultimo, ma non in ordine di importanza, anche la circostanza che l’istituto di credito avesse applicato interessi usurari, risultava dedotta ma assolutamente non provata, né era stato consentito alla Banca, di verificare i criteri di calcolo impiegati dalla controparte all’interno della eppure più volte richiamata perizia, la quale, come detto, non risultava effettivamente prodotta in giudizio se non in estratto.
Contrariamente a quanto eccepito dalla attrice, oltre alla esatta e puntuale applicazione della disciplina pattizia, la Banca aveva costantemente seguito tutte le direttive via via impartite dalla Banca Centrale e dal Ministero del Tesoro, avendo cura di rispettare la normativa e le disposizioni tempo per tempo vigenti, anche e soprattutto in materia di usura.
In alcun modo poteva rinvenirsi, nel caso di specie, il reato di usura, stante il pieno rispetto della normativa di riferimento e dei tassi soglia vigenti al momento della stipula dei contratti, con riferimento ai singoli trimestri di vigenza del conto e delle aperture di credito; al pari mai applicati, da parte della Banca, tassi di interessi sproporzionati rispetto alla prestazione fornita o tenuto conto delle condizioni economiche/finanziarie del correntista.
Anche qualora, per avventura ed all’esito del giudizio, avesse dovuto riscontrarsi un superamento del tasso soglia – unicamente però ipotizzato dalla parte attrice e non provato – detta circostanza non avrebbe comportato e comunque la nullità della relativa clausola contrattuale, ammettendosi semmai una riduzione del tasso in parola, alla soglia fissata ex lege.
L’indagine avente ad oggetto l’eventuale superamento del tasso soglia, avrebbe dovuto infatti essere limitata al momento della pattuizione, non sussistendo, invece, alcun appiglio normativo a supporto di una indagine, sulla c.d. usura sopravvenuta.
L’art.1 della legge 28 febbraio 2001 n. 24, concernente interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996 n. 108, stabilisce expressis verbis, che il momento determinante ai fini della valutazione di usurarietà è il “momento in cui (gli interessi) sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.”
Il sindacato relativo al superamento del tasso soglia (che comporta la comparazione tra il tasso globale effettivamente applicato ed il tasso fissato ex lege) deve utilizzare, pertanto, unicamente i dati cristallizzati nel trimestre in cui il tasso di interesse è stato pattuito, quando cioè si è proceduto all’apertura del conto corrente e/o a sottoscrivere eventuali modifiche contrattuali, ovvero quando si è ottenuta una linea di credito e/o il suo rinnovo a condizione variate, ecc. Qualsiasi diversa statuizione avrebbe infatti l’effetto di ritenere la Banca responsabile per comportamenti oggettivamente non esigibili, come la previsione di tassi che, in ragione al mutamento di indirizzi e/o previsioni successive alla pattuizione – come ad esempio l’inclusione della Commissione di Massimo Scoperto nel calcolo del TEGM – siano divenuti usurari. (cfr Tribunale Civile Torino, Sentenza n. 1244/2014).
Da ultimo, nella fattispecie oggi in commento, non potevano che richiamarsi gli effetti determinati dalla comunicazione proveniente dalla stessa parte attrice, in costanza di rapporto, la quale permetteva di superare tutte le doglianze formulate dalla prima.
Ed invero, la società attrice non solo aveva riconosciuto il debito in favore della Banca, ma, aveva dichiarato addirittura di aver ricevuto, nel corso del rapporto, tutte le previste comunicazioni, estratti conto, condizioni e modifiche, dichiarando legittima, conosciuta ed accettata, la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi. Aveva rinunciato all’esercizio di qualsiasi eccezione e/o contestazione, anche in sede giudiziale, relativa alla tenuta dei rapporti in oggetto, con particolare riguardo ma non esclusivo riferimento alle metodologie di liquidazione e computo degli interessi applicate dalla Banca, a far data dall’accensione dei rapporti.
In buona sostanza la attrice non solo non soddisfava in alcun modo l’onere probatorio che già discendeva dalla propria posizione sostanziale, ma pretendeva che fosse la Banca a precisare e dimostrare fatti ed elementi costitutivi e/o impeditivi, già coperti dal riconoscimento operato da essa stessa attrice, in violazione della disciplina di cui all’art. 2697 c.c.
Corretto e quindi il dictum del Tribunale di Roma, con la applicazione ed anche del principio di soccombenza piena, in merito alle spese ed ai compensi di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in rivista:
INDEBITO: INCOMBE SUL CORRENTISTA-ATTORE L’ONERE DI PRODURRE I CONTRATTI E GLI ESTRATTI CONTO TRIMESTRALI
È INDISPENSABILE AVERE VISIONE DELLE ANNOTAZIONI ATTIVE E PASSIVE PER RICOSTRUIRE L’ANDAMENTO DEL RAPPORTO
Sentenza | Tribunale di Roma, Giudice Fausto Basile | 25.10.2017 | n.20154
INDEBITO BANCARIO: IL CORRENTISTA CHE AGISCE IN GIUDIZIO DEVE FORNIRE LA PROVA DEGLI AVVENUTI PAGAMENTI
E’ ONERATO DI DOCUMENTARE L’ANDAMENTO DEL RAPPORTO CON LA PRODUZIONE DEGLI ESTRATTI CONTO
Sentenza | Corte di Cassazione, sezione VI civile, Pres. Genovese – Rel. Falabella | 23.10.2017 | n.24948
RIPETIZIONE INDEBITO: È ONERE DELL’ATTORE INDICARE NELLA DOMANDA I SINGOLI PAGAMENTI RIPETIBILI
IN MANCANZA L’AZIONE È INAMMISSIBILE
Sentenza | Tribunale di Treviso, Giudice Francesca Vortali | 19.09.2017 | n.1881
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