In tema di azione di ripetizione dell’indebito l’onere di provare il fatto costitutivo della domanda incombe sull’attore.
La Suprema Corte (2018/27705) ha precisato che poiché la decorrenza della prescrizione dalla data dei pagamenti asseriti come non dovuti è condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio dei medesimi, essa sussiste sempre in mancanza di una persistente apertura di credito e che in casi di tal fatta, eccepito dalla banca la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dai pagamenti, spetta al cliente, che ne ha l’onere, provare l’esistenza dell’apertura di credito che qualifichi quei pagamenti come mero ripristino della disponibilità in essere.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Avellino, Giudice Raffaele Califano, con la sentenza n. 1847 del 22 novembre 2018.
Un cliente conveniva innanzi al Tribunale di Avellino una banca, con la quale aveva stipulato un contratto di conto corrente per il quale:
– nel 1984 gli veniva concessa una linea di credito per 50.000.000 di lire;
– nel 1985 tale linea di credito era stata ampliata ad 80.000.000 di lire;
– mentre, nel 2011 il predetto conto veniva chiuso e presentava un saldo attivo pari ad euro 29.797; ritenendo che su tale conto la banca aveva sin dall’inizio percepito interessi esorbitanti ed illegittimi, che tali rapporti bancari erano stati stipulati senza nessuna preventiva informazione, caratterizzati altresì da nullità contrattuali ed indebite percezioni di interessi ultralegali anatocistici, interessi usurari, commissioni di massimo scoperto, al fine di ottenere la nullità delle predette clausole negoziali e la condanna della banca a restituire quanto indebitamente trattenuto.
Si costituiva la Banca, la quale chiedeva il rigetto della domanda, in quanto la richiesta di ripetizione era infondata; gli interessi, le commissioni e le altre spese erano stati pattuiti per iscritto più volte e sempre validamente, da ultimo nel 2001; che era onere dell’attore provare le pretese ripetizioni e che eventuali pagamenti non dovuti eseguiti avevano natura solutoria ed erano da considerare prescritti, poiché per gli stessi era decorso il termine decennale per agire previsto dalla legge.
Il Giudice adito, valutati i fatti dedotti dalle parti, rilevava che l’attore non aveva né prodotto l’originario contratto di conto corrente né aveva con precisioni indicato gli estremi, per di più non aveva prodotto le ricontrattazioni successive.
Orbene, in tema di azione di ripetizione dell’indebito è notorio che l’onere di provare il fatto costitutivo della domanda cada sull’attore, tuttavia, nel caso in esame, ciò non era stato adempiuto.
Il Tribunale continuava affermando che sul punto giovava precisare che eventuali pagamenti correlati ad addebiti illegittimi (ad esempio per anatocismo con periodicità dissimili, che a partire dai primi anni 2000 è stato considerato illegittimo e che sino al febbraio 2000 era frequente) sarebbero da considerare prescritti se anteriori al 2005; infatti, la banca, che in primis li aveva esclusi, ne aveva comunque eccepito la natura solutoria e la prescrizione per decorso del termine decennale previsto dalla legge.
In tal senso, infatti, si è pronunciata la Suprema Corte (2018/27705) la quale ha precisato che “poiché la decorrenza della prescrizione dalla data dei pagamenti asseriti come non dovuti è condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio, dei medesimi, essa sussiste sempre in mancanza di una persistente apertura di credito e che in casi di tal fatta, eccepito dalla banca la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dai pagamenti, spetta al cliente, che ne ha l’onere, provare l’esistenza dell’apertura di credito che qualifichi quei pagamenti come mero ripristino della disponibilità in essere”.
Invero, la documentazione prodotta dallo stesso attore comprovava che gli affidi accordatigli dalla banca nel 1984 e nel 1985 avevano soltanto durata annuale; a riprova, in produzione attorea si rinveniva in missiva della banca datata 3 11 1988 che quest’ultima aveva comunicato al cliente che le linee di credito accordategli erano «scadute e, pertanto, da considerarsi prive di validità».
Per le suddette ragioni il Giudicante ha rigettato la domanda, con compensazione delle spese del giudizio.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
INDEBITO: IL MANCATO ASSOLVIMENTO DELL’ONERE DELLA PROVA NON PUÒ ESSERE SUPERATO CON ORDINE DI ESIBIZIONE EX ART. 210 C.P.C..
L’ISTANZA È AMMISSIBILE SOLO SE LA PARTE DIMOSTRI DI ESSERSI ADOPERATA PER L’ACQUISIZIONE DEI DOCUMENTI IN FASE PRE-PROCESSUALE
Sentenza | Tribunale di Verona, Giudice Claudia Dal Martello | 12.03.2018 | n.650
PRESCRIZIONE RIMESSE IN C/C: L’ECCEZIONE DELLA BANCA È VALIDAMENTE PROPOSTA ANCHE SE GENERICA
SPETTA AL GIUDICE VERIFICARE QUALI OPERAZIONI SIANO IRRILEVANTI AI FINI DELLA PRESCRIZIONE
Ordinanza | Corte di Cassazione, sez. sesta, Pres. Scaldaferri – Rel. Falabella | 22.02.2018 | n.4372
INDEBITO: ONERE DEL CLIENTE PRODURRE CONTRATTI ED ESTRATTI CONTO ED INDIVIDUARE ANALITICAMENTE CLAUSOLE E ADDEBITI CONTESTATI
IN MANCANZA LA DOMANDA È GENERICA E, COME TALE, INAMMISSIBILE
Sentenza | Tribunale di Modena, Giudice Alberto Rovatti | 01.02.2018 | n.158
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