Provvedimento segnalato da Anna De Feo.
L’anatocismo bancario su ritmo trimestrale degli interessi debitori ha immediatamente fonte normativa e deve reputarsi legittimo ai sensi dell’art. 1283 c.c., pertanto, la composizione trimestrale degli interessi passivi è perfettamente legittima, a condizioni di parità con il ritmo di capitalizzazione degli interessi attivi, per i contratti conclusi successivamente all’1.07.2000.
La richiesta di acquisizione ex art. 210 c.p.c configura un’eccezione al principio generale dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., e può essere esercitata solo se la prova del fatto che si intende dimostrare non sia acquisibile aliunde.
In assenza di prova alcuna su quanto rappresentato nell’atto introduttivo del giudizio non si può dare ingresso alla invocata CTU che altrimenti rivestirebbe una funzione meramente esplorativa, in quanto, la consulenza tecnica, essendo strumento posto per la valutazione dei fatti già dimostrati, non può costituire un mezzo di prova o di ricerca dei fatti.
La promessa di pagamento secondo la disciplina dell’art. 1988 cod. civ., comporta una presunzione “iuris tantum” dell’esistenza del rapporto sottostante, fino a che l’emittente non fornisca la prova dell’inesistenza, invalidità ed estinzione di tale rapporto, dunque, dispensa colui a favore del quale la ricognizione di debito o la promessa di pagamento è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale, in quanto questo si presume fino a prova contraria.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Castrovillari, Dott.ssa Di Maio Maria Francesca, con sentenza n.173 del 27.02.2017.
Nel caso in oggetto, un correntista proponeva azione di ripetizione di indebito nei confronti della Banca, lamentando tra l’altro, l’illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi, e proponendo, inoltre, richiesta di acquisizione ex art. 210 c.p.c. dei documenti inerenti il rapporto di conto corrente.
Il giudice in merito alle doglianze attoree, affermava che la capitalizzazione trimestrale trova un avallo normativo, in quanto conforme all’art. 120 d.lgs. 385/93, così come modificato dall’art 25 d.lgs. n. 342/99, nonché dalla Delibera CICR 9.2.2000, secondo cui in deroga alla previsione generale di cui all’art. 1283 c.c., l’anatocismo bancario su ritmo trimestrale degli interessi, deve reputarsi legittimo.
I contratti stipulati successivamente all’emanazione della suddetta delibera, quindi, assicurano la stessa periodicità nel conteggio degli interessi, sia debitori sia creditori.
Ciò perché, la capitalizzazione su base trimestrale, praticata a decorrere dell’efficacia della delibera CICR. del 2000, soddisfa il requisito prescritto dalla legge, cioè l’esigenza di garantire lo stesso ritmo nel conteggio della composizione degli interessi attivi e passivi.
Pertanto, a condizione che anche gli interessi attivi siano applicati sugli interessi primari con decorrenza trimestrale, a partire dal 01.07.2000, la composizione ogni trimestre degli interessi passivi si appalesa legittima.
Nel caso di specie, rilevava il giudicante, che non poteva aversi nessuno scomputo della capitalizzazione trimestrale degli interessi, atteso che si trattava di un contratto stipulato in data successiva al 01.07.2000.
In ordine poi alla richiesta di acquisizione ex art. 210 c.p.c formulata dal correntista, il Tribunale precisava che il potere attribuito al giudice da tale norma configurando un’eccezione al principio generale dell’onere della prova ex art. 2697 c.c., può essere esercitato solo se la prova del fatto che si intende dimostrare non sia acquisibile aliunde.
L’art. 2697 c.c. non ha solo la funzione di stabilire a quale parte compete di provare i fatti rilevanti ai fini della decisione, ma costituisce, altresì, una “regola di giudizio” finalizzata proprio a stabilire quale sia il giudizio da pronunciare nel caso questi fatti o alcuni tra essi rimangano incerti, cioè non provati.
Giurisprudenza consolidata afferma che nel caso in cui non si raggiunga la prova del fatto, rimasto non dimostrato per difetto di prova, il giudice non deve accertarlo ma deve limitarsi a trarre il presupposto tecnico-giuridico del rigetto della domanda.
Nella specie, il correntista non aveva fornito prova di aver proceduto invano alla richiesta di documentazione, pertanto, il giudice del merito aveva considerato, in applicazione del principio dell’onere della prova, non vero il fatto non provato.
In assenza di prova, inoltre, il Tribunale riteneva meramente esplorativa la CTU, che non può rappresentare un rimedio all’inerzia della parte, provocando, per giunta, un allungamento dei tempi processuali con palese violazione delle norme sul giusto processo.
Infine, in merito alla determinazione del debito maturato del mutuo chirografario, affermava che la scrittura privata versata in atti costituiva una “promessa di pagamento/ricognizione di debito” che secondo la disciplina dell’art. 1988 c.c., una presunzione, fino a prova contraria, dell’esistenza del rapporto sottostante.
Invero, detta norma del codice civile determina la c.d. “astrazione processuale”, che dispensa colui a favore del quale la ricognizione di debito o la promessa di pagamento è rivolta, dall’onere di provare il rapporto fondamentale, presunto esistente fino a prova contraria.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale rigettava la domanda del correntista, con condanna al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti provvedimenti pubblicati in rivista:
Sentenza | Tribunale di Avellino, dott.ssa Natalia Ceccarelli | 10.10.2016 | n.2236
RIPETIZIONE INDEBITO: IL CORRENTISTA DEVE PRODURRE IL CONTRATTO E GLI ESTRATTI CONTO INTEGRALI
IN MANCANZA, LA DOMANDA VA RIGETTATA
Ordinanza | Tribunale di Bari, Dott. Sergio Cassano | 22.09.2016 |
RIPETIZIONE INDEBITO: GRAVA SUL CORRENTISTA L’ONERE DI PRODURRE IN GIUDIZIO IL CONTRATTO
IN MANCANZA, IL PETITUM È INDETERMINATO E LA DOMANDA VA RIGETTATA
Sentenza | Tribunale di Bari, Articolazione di Rutigliano, dott. Gaetano Grillo | 29.08.2016 | n.4399
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