ISSN 2385-1376
Testo massima
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8941 del 24/04/2010, pronunciandosi in materia di sanzioni amministrative ha precisato che, la consegna del verbale di accertamento all’ufficiale giudiziario per la notifica non è idonea ad interrompere il decorso del termine di prescrizione quinquennale del diritto alla riscossione previsto dall’art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Nel caso di specie il Tribunale aveva rigettato l’opposizione proposta per l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione (relativa a violazione della L. n. 118/1992, in materia di somministrazione ad animali bovini di sostanze anabolizzanti) in quanto la notificazione del verbale di accertamento aveva interrotto la prescrizione del diritto a esercitare la pretesa sanzionatoria e specificava che da detta notificazione aveva iniziato a decorrere nuovo termine quinquennale.
Proposto ricorso per cassazione i ricorrenti lamentavano, tra l’altro, violazione dell’art.2943 cc e della L. n.689 del 1981, art.28 per avere il giudice omesso di considerare che il termine di prescrizione in esame ha “natura recettizia”, sicchè per esso non può valere il principio, indicato da Corte Costt. 477/02.
La Corte ha accolto il ricorso.
Uniformandosi a precedenti giurisprudenziali in materia (cfr. Cass. 13588/09) questa Corte ha precisato che, in materia di prescrizione, la consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare non è idonea ad interrompere il decorso del termine prescrizionale del diritto fatto valere, dovendosi ritenere che il principio generale – affermato dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte cost. – secondo cui, quale che sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, non si estenda all’ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione.
Invero, affinché l’atto, giudiziale o stragiudiziale, produca l’effetto interruttivo del termine, è necessario che lo stesso sia giunto alla conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) del destinatario”, (conf. Cass. 14862/09).
Ne consegue a maggior ragione che, in materia di procedimento amministrativo sanzionatorio, la consegna di un atto del procedimento all’ufficiale giudiziario non produce un effetto interruttivo, restando escluso che possa equipararsi la natura di tale procedimento a quella del processo civile, sulla cui peculiare funzione e struttura è stato ritagliato il principio espresso da C. Cost. 477/02.
Nel caso di specie, da quanto dedotto in atti risulta che l’ordinanza venne presentata all’ufficiale giudiziario entro cinque anni, ma è implicitamente inequivocabile in tutti gli atti che la notifica pervenne a tutti i destinatari dopo il superamento dei cinque anni dal precedente atto interruttivo, da cui ne consegue la sussistenza dell’eccepita prescrizione ed il conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 849-2007 proposto da:
T.G., T.N., B.R., BO.RE.,;
RICORRENTI
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 220/2005 del TRIBUNALE DI TORINO, SEZIONE DISTACCATA di MONCALIERI, depositata il 07/11/2005;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
Il tribunale di Torino sez. stacc. di Moncalieri con sentenza del 7 novembre 2005 rigettava l’opposizione proposta da T.G., T.N., B.R. e D.R. avverso l’Azienda Sanitaria locale n.8 del Piemonte, per l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione n 47 del 2004, relativa a violazione della L. n. 118 del 1992, art.3 (somministrazione ad animali bovini di sostanze anabolizzanti). Affermava che la notificazione del verbale di accertamento, avvenuta il 6 ottobre 1999, aveva interrotto la prescrizione del diritto a esercitare la pretesa sanzionatoria e specificava che da detta notificazione aveva iniziato a decorrere nuovo termine quinquennale, rispettato dalla notifica della ordinanza ingiunzione, perfezionatasi il 4 ottobre 2004.
Quanto a quest’ultima data, assumeva che essa corrispondeva alla data di consegna all’ufficiale giudiziario. Gli opponenti hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 23 dicembre 2006, al quale la ASL (OMISSIS) di Chieri ha resistito con controricorso.
Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso perchè manifestamente fondato.
Decisivi per la decisione della causa sono secondo e terzo motivo di ricorso, attinenti alla legittimità della sanzione opposta. Il secondo motivo lamenta violazione della L. n. 689 del 1981, artt. 18 e 28 e della L. n. 241 del 1990, art. 2 oltre che vizi di motivazione, in relazione al fatto che sia stato ritenuto applicabile il termine di prescrizione di cinque anni per l’adozione dell’ordinanza ingiunzione. Detto termine per la sua eccessiva lunghezza viene sospettato dal ricorrente di incostituzionalità per violazione degli artt. 3, 24, 97 e 111 Cost..
Il motivo è infondato.
Le SU (Cass. 9591/06) hanno ritenuto infatti che la disposizione di cui alla L. 7 agosto 1990, n.241, art. 2, comma 3, tanto nella sua originaria formulazione, applicabile “ratione temporis”, secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dal D.L. 14 marzo 2005, n.35, art.36-bis, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n.80, secondo cui detto termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo legislativo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dalla L. 24 novembre 1981, n.689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine così breve.
Inoltre Cass. 7804/05 ha ritenuto che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L. n.689 del 1981, art.18 nella parte in cui non prevede il termine di durata del procedimento ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 2, o quello stesso termine posto al prefetto sul ricorso di cui all’art.203 C.d.S. (art. 204 C.d.S.), come requisito di legittimità della fattispecie, per contrasto con gli artt.3 e 97 Cost. e art.111 Cost., comma 2: infatti il verbale di contestazione-accertamento per violazioni per le quali sia comminata esclusivamente una sanzione amministrativa pecuniaria è solo il primo atto del procedimento amministrativo e non è, di per sè, a differenza dei verbali di accertamento per violazioni del codice della strada, immediatamente lesivo di posizioni del soggetto cui viene attribuita la violazione, dovendo, sempre ed in ogni caso, intervenire al riguardo una ordinanza ingiunzione (o, diversamente, una ordinanza di archiviazione) e, una volta intervenuto l’atto lesivo mediante l’emanazione dell’ordinanza ingiunzione, i vizi di quest’ultima e del relativo procedimento possono esser fatti valere liberamente con l’opposizione della L. n.689 del 1981, ex art.22, rinvenendosi in tale sede piena tutela senza alcuna sottrazione al giudice naturale, onde non è ravvisabile alcuna compressione nè dei principi di uguaglianza e di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, nè del principio di ragionevole durata del processo, facendo quest’ultimo, peraltro, chiaro riferimento all’esercizio della funzione giurisdizionale e non consentendo, quindi, di tenere conto anche dei procedimenti di carattere meramente amministrativo, quantunque essi abbiano avuto ad oggetto la medesima pretesa poi fatta valere in via giurisdizionale.
Si è pertanto concluso che “Nelle ipotesi in cui trovano applicazione le norme generali dettate dalla L. n. 689 del 1981, il potere di emanare l’ordinanza- ingiunzione, ai sensi dell’art. 18 di detta legge, può essere legittimamente esercitato nel termine quinquennale di cui all’art. 28 della stessa legge, ancorchè tale norma ponga riferimento al termine massimo (di prescrizione) per riscuotere le somme dovute per le violazioni, non essendo prevista alcuna espressa decadenza in relazione all’osservanza di altro precedente termine” (Cass. 24.8.2006 n. 18442; 14890/06; 10452/06).
Il terzo motivo lamenta violazione dell’art.2943 cc e della L. n.689 del 1981, art.28 per avere il giudice omesso di considerare che il termine di prescrizione in esame ha “natura recettizia”, sicchè per esso non può valere il principio, indicato da Corte Costt.477/02″, secondo il quale opera la scissione fra il momento di perfezionamento della notificazione (adempiuta con la spedizione dell’atto notificato)per il notificante e per il destinatario.
La censura coglie nel segno.
Pur consapevole dell’esistenza di una voce giurisprudenziale dissenziente (Cass. 18399/09), questa Sezione reputa corretto il principio, enunciato già da Cass. 13588/09, in forza del quale: “In materia di prescrizione, la consegna all’ufficiale giudiziario dell’atto da notificare non è idonea ad interrompere il decorso del termine prescrizionale del diritto fatto valere, dovendosi ritenere che il principio generale – affermato dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte cost. – secondo cui, quale che sia la modalità di trasmissione, la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, dal lato del richiedente, al momento dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, non si estenda all’ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione in quanto, perchè l’atto, giudiziale o stragiudiziale, produca l’effetto interruttivo del termine, e necessario che lo stesso sia giunto alla conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) del destinatario”, (conf. Cass. 14862/09). Ne consegue a maggior ragione che, in materia di procedimento amministrativo sanzionatorio, la consegna di un atto del procedimento all’ufficiale giudiziario non produce un effetto interruttivo, restando escluso che possa equipararsi la natura di tale procedimento a quella del processo civile, sulla cui peculiare funzione e struttura è stato ritagliato il principio espresso da C. Cost. 477/02.
L’accoglimento del terzo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del primo, relativo alla liquidazione delle spese di lite, effettuata in favore dell’amministrazione, sebbene non fosse assistita da difensore ma da funzionario delegato e del quarto motivo, concernente la richiesta riduzione della sanzione.
La sentenza impugnata va infatti cassata e la causa può essere decisa nel merito.
Da quanto dedotto in atti risulta che l’ordinanza venne presentata all’ufficiale giudiziario entro cinque anni, ma è implicitamente inequivocabile in tutti gli atti che la notifica pervenne a tutti i destinatari dopo il superamento dei cinque anni dal precedente atto interruttivo del 1999. La sussistenza dell’eccepita prescrizione, cagiona quindi l’annullamento dell’atto impugnato. Si liquidano in favore della parte ricorrente, come richiesto, le spese “della presente fase di giudizio”.
PQM
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il secondo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito accoglie l’opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione impugnata. Condanna parte controricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 1.000 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
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