ISSN 2385-1376
Testo massima
Segnalata da Donato Giovenzana Legale d’Impresa
Il termine per la contestazione di un illecito decorre dal momento in cui la Consob risulti in grado di adottare le decisioni di sua competenza, senza che si possa tener conto di ingiustificati ritardi, derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti ai suddetti organi assegnati.
Tuttavia, il giudice di merito, a fronte di circostanziate doglianze con cui l’opponente denunci l’ingiustificata dilatazione dei termini di contestazione, deve adeguatamente motivare le ragioni che lo inducono a giudicare tali tempi ragionevoli e congrui, specialmente quando i tempi dell’indagine siano stati particolarmente ampi, le violazioni contestate si siano esaurite in un arco cronologico ristretto, la struttura dell’indagine si sia caratterizzata per la presenza di prolungati intervalli di inattività.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, sez. seconda, Pres. Bucciante Rel. Cosentino, con la sentenza n. 8204 del 22.04.2016.
Nella fattispecie considerata, il ricorrente impugnava per Cassazione la sentenza con cui la Corte di Appello di Roma aveva rigettato l’opposizione proposta ex art. 187 septies D.Lgs. 58/98 nei confronti della delibera della Consob avente ad oggetto l’irrogazione ad un intermediario finanziario di una sanzione amministrativa per avere egli disposto l’acquisto di 180.000 azioni della società (omissis), utilizzando l’informazione privilegiata concernente il progettato avvio da parte della predetta società, di una iniziativa di investimento di imprese in difficoltà.
La Corte di appello di Roma aveva rigettato il gravame proposto dall’intermediario finanziario, non riscontrando la eccepita violazione dei termini di contestazione della violazione, dei principi di neutralità ed imparzialità dell’Autorità garante, nonché del principio di proporzionalità tra violazione contestata e sanzione irrogata, senza, tuttavia, motivare adeguatamente le ragioni per cui aveva ritenuto congrua la durata delle indagini compiute dalla Consob.
In particolare, il Giudice di seconde cure aveva omesso di esaminare le deduzioni dell’opponente in ordine alla sussistenza di due protratti periodi di stasi delle indagini (il primo dall’ottobre 2007 al giugno 2008 e il secondo dall’agosto 2008 all’aprile 2009) ed aveva mancato di spiegare perché la durata quasi biennale dell’attività di indagine compiuta, fosse da considerarsi giustificata e legittima, atteso che le operazioni finanziarie poste in essere con abuso di informazioni privilegiate si erano, viceversa, concentrate in un arco temporale di soli tre giorni.
In sede di legittimità, il ricorrente denunciava, con il primo motivo di censura, la violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 2, L. 689/81, per avere la Corte territoriale, erroneamente individuato il dies a quo ai fini della decorrenza del termine di decadenza dell’azione di contestazione dell’illecito ascrittogli dalla Consob, solo in epoca successiva all’audizione del ricorrente.
Con il secondo motivo, deduceva il vizio di motivazione della sentenza in ordine al presunto abuso di informazione privilegiata, argomentando che le modalità di realizzazione dell’investimento sarebbero state del tutto coerenti con la prassi degli investimenti mobiliari tramite intermediario autorizzato e che la somma investita in azioni sarebbe stata proporzionata rispetto agli altri investimenti azionari compiuti.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamentava l’illegittimità del metodo deduttivo-dimostrativo usato dalla Consob che aveva fondato l’accertamento della responsabilità dell’intermediario finanziario, sulla base di mere presunzioni attinenti l’epoca di acquisto e vendita delle azioni, nonché sui valori medi di quotazione del titolo nel relativo periodo.
Infine, deduceva la sproporzione della sanzione pecuniaria ingiunta, di gran lunga superiore al valore dell’utile realizzato con l’operazione finanziaria sanzionata.
La Consob si costituiva con controricorso, chiedendo il rigetto della pretesa ex adverso avanzata.
La Suprema Corte, dopo aver chiarito che il giudice di merito non può, ai fini della individuazione della decorrenza del termine di contestazione dell’illecito amministrativo, sostituirsi all’amministrazione nel valutare l’opportunità di atti istruttori collegati ad altri e compiuti senza apprezzabile intervallo temporale, e specificato che le valutazioni relative alla congruità del tempo impiegato nelle indagini necessarie per pervenire all’accertamento dell’illecito si risolvono in giudizi di fatto non sindacabili in sede di legittimità, se adeguatamente motivati, rilevava che nella sentenza gravata, la Corte di appello, si era limitata a considerare, in termini apodittici, la complessità delle indagini compiute dalla Consob, trascurando di esaminare le deduzioni dell’opponente in ordine alla sussistenza di due protratti periodi di stasi delle indagini ed omettendo di motivare adeguatamente le ragioni per cui ne aveva ritenuto congrua la durata.
Per le argomentazioni suesposte, gli ermellini, accoglievano il primo motivo del ricorso, dichiarando assorbiti gli altri e cassavano la sentenza impugnata, rinviando la causa ad altra sezione della Corte di appello di Roma, onde consentirle il riesame dell’eccezione preliminare di decadenza e l’emendamento dei rilevati vizi motivazionali.
Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 279/2016