ISSN 2385-1376
Testo massima
Con la sentenza n. 16214 del 31.07.2015, la Corte di Cassazione, Sezione Prima, Pres. Ceccherini Rel. Scaldaferri, ha rigettato il ricorso ad impulso della Curatela del fallimento ed ha accolto, invece, il ricorso incidentale della Banca, cassando per l’effetto la sentenza del Tribunale di Trani limitatamente al capo sulle spese, rinviando al medesimo Tribunale, in diversa composizione, anche per la definizione delle spese del giudizio di cassazione.
La vicenda processuale de qua scaturiva dall’azione di revocatoria fallimentare avviata dalla Curatela in danno della Banca e rigettata dal Tribunale, in quanto fondata su elementi presuntivi ritenuti insufficienti, essendo onere del curatore dimostrare la conoscenza effettiva da parte dell’Istituto di credito dello stato di insolvenza dell’imprenditore. Conoscenza che non può essere genericamente affidata all’andamento irregolare del conto, sempre teso al rientro e con saldo negativo, né all’esistenza di operazioni effettuate dalla correntista al precipuo scopo di evitare la scopertura del conto, né alle segnalazioni di rischio esistenti presso la Centrale dei rischi della Banca d’Italia al tempo delle rimesse, né dai numerosi protesti e decreti ingiuntivi in epoca sospetta.
Il Tribunale ha anche correttamente rigettato la richiesta di ordine di esibizione della C.R. formulata dalla Curatela in quanto esplorativa e dunque stridente con il principio dell’onus probandi fondato sull’art. 2697 c.c., rimarcando che “non è possibile affermare che la Banca abbia, solo in quanto tale, la possibilità di conoscere le difficoltà economiche e finanziarie dei propri clienti”, posto che, così ragionando, si rischierebbe di escludere (illegittimamente) ogni necessità di allegazione da parte del curatore degli elementi sintomatici della concreta conoscenza della crisi dell’imprenditore o addirittura di dar luogo ad una e propria inversione dell’onere della prova.
Se, in effetti, può ragionevolmente ammettersi che la banca abbia la possibilità tecnica ed organizzativa di conoscere la reale situazione patrimoniale dei propri clienti prima e meglio degli altri creditori, ciò evidentemente non basta per ritenere dimostrata la sua effettiva conoscenza dello stato di insolvenza del correntista poi fallito, essendo pur sempre necessario che il Curatore deduca e dimostri in giudizio quelle circostanze di fatto da cui la Banca, prima e meglio di altri operatori economici, avrebbe potuto trarre la consapevolezza delle difficoltà finanziarie del debitore al momento dell’adempimento.
Non è possibile, in definitiva, desumere la conoscenza dello stato di insolvenza dalla mera affermazione di un andamento anomalo del conto, in quanto la mancata allegazione dei bilanci e l’omessa descrizione di tutte le operazioni compiute nell’anno antecedente la dichiarazione di fallimento, non consentono di ricostruire chiaramente, in base ad un processo logico-deduttivo, la scientia decoctionis in capo alla Banca.
I dati concernenti il concreto andamento del conto si presentano insufficienti a sostenere la tesi della curatela attrice che, viceversa, dagli stessi vorrebbe trarre argomenti certi a sostegno della dimostrazione della scientia decoctionis, che neanche può ritenersi provata dall’elevazione di due protesti (a distanza di un giorno dall’altro) a carico della fallita.
Pertanto, se la conoscenza da parte del terzo contraente dello stato dell’imprenditore deve essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo, ai fini della dichiarazione di inefficacia dell’atto, la concreta situazione psicologica della parte al momento dell’atto impugnato, e non pure la conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche della controparte, non può dirsi che tale conoscenza effettiva connotasse la situazione psicologica della convenuta al momento delle singole rimesse, non potendosi desumere dai dati forniti dalla Curatela elementi indiziari gravi precisi e concordanti da cui possa legittimamente ricavarsi la prova della scientia decoctionis.
Quanto sinora osservato fa sì che non possa ritenersi dimostrata la scientia decoctionis in capo alla convenuta, con doveroso rigetto della domanda.
Testo del provvedimento
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