Testo massima
Nel disporre l’affidamento condiviso dei figli, in caso di separazione personale dei coniugi, il Giudice può stabilire la misura e il modo con cui ciascun genitore deve contribuire al mantenimento dei figli.
Qualora sussista un’accentuata litigiosità tra i coniugi, il Giudice, nell’esercizio del potere discrezionale riconosciutogli dalla legge, potrà escludere il MANTENIMENTO DIRETTO, prevedendo il pagamento di un ASSEGNO PERIODICO, onde evitare la creazione di ulteriori conflitti in un contesto (affidamento condiviso) che, al contrario, esige una condotta pienamente collaborativa.
Il contesto normativo
Art. 155 cc – PROVVEDIMENTI RIGUARDO AI FIGLI
I) Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
II) Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
III) La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente.
IV) Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
V) L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
VI) Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi
Art. 148 cc – CONCORSO NEGLI ONERI
I) I coniugi devono adempiere l’obbligazione prevista nell’articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
II) In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l’inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole.
III) Il decreto notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.
IV) L’opposizione è regolata dalle norme relative all’opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.
V) Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.
Il fatto
VIOLA ROSA, separata consensualmente dal coniuge ROSSO CARLO, si rivolge al Tribunale di Catania per ottenere la modifica degli accordi di separazione, relativamente all’assegno di mantenimento, di cui chiede l’aumento per sé e per i figli.
Si costituisce in giudizio ROSSO CARLO, chiedendo il rigetto del ricorso e, in via riconvenzionale, l’affidamento condiviso dei figli con obbligo di mantenimento diretto da parte di entrambi i coniugi.
Il Tribunale di Catania, con provvedimento del 05/12/2008, eleva l’assegno per la moglie, dispone l’affidamento condiviso dei figli con mantenimento diretto da parte dei genitori e un assegno perequativo a carico di ROSSO CARLO dell’importo di 1.500,00 mensili.
Avverso tale provvedimento, VIOLA ROSA propone reclamo innanzi alla Corte d’Appello di Catania.
Si costituisce in giudizio ROSSO CARLO chiedendo, in via incidentale, la revoca dell’assegno per la moglie e per i figli, in quanto gli stessi dovevano essere mantenuti direttamente da entrambi i genitori.
La Corte d’Appello di Catania, con provvedimento del 15/03/2010, in accoglimento del reclamo principale ed in rigetto del reclamo incidentale, revoca il mantenimento diretto dei figli e dispone per essi l’assegno mensile di euro 5.000,00 a carico del padre.
Avverso tale provvedimento, ROSSO CARLO ricorre in cassazione, sulla base di DODICI motivi.
La decisione
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio.
Con detta decisione la Corte, nel ribadire che l’affidamento “condiviso”, comportante l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi ed una condivisione delle decisioni, si pone, oramai, come regola, ha precisato che il Giudice, nell’adottare i provvedimenti relativi alla prole, può fissare ” la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento…”.
In caso di accentuata conflittualità tra i coniugi, è possibile, pertanto, escludere il mantenimento diretto dei figli e prevedere la corresponsione dell’assegno di mantenimento mensile.
Il commento
La problematica posta all’attenzione della Corte riguarda la delicata tematica dell’affidamento dei figli (in caso di separazione personale dei coniugi), e delle possibili difficoltà di espletamento in concreto della forma di affidamento prevista.
Nel quadro della disciplina relativa ai “provvedimenti riguardo ai figli” dei coniugi separati, di cui agli artt.155 e 155 bis cc, così come modificati ed integrati dalla Legge n.54 del 2006, l’attenzione del legislatore è rivolta al diritto del minore alla cd “bigenitorialità” (al diritto, cioè, dei figli a continuare ad avere un rapporto equilibrato con il padre e con la madre anche dopo la separazione).
Se da un lato l’affidamento “condiviso”, (comportante l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi ed una condivisione, appunto, delle decisioni di maggior importanza attinenti alla sfera personale e patrimoniale del minore) costituisce la regola e non più l’eccezione, dall’altro tale forma di affidamento, per essere effettivamente e concretamente attuata, presuppone che tra i coniugi sussista uno “spirito collaborativo” che consenta la realizzazione in concreto della cogestione e della condivisione.
Ove ciò non sia possibile, il Giudice potrà/dovrà, pur senza escludere tale forma di affidamento (condiviso), prevedere le modalità concrete di espletamento dello stesso, nell’interesse morale e materiale” della prole.
Risulta, pertanto, pienamente condivisibile il ragionamento della Suprema Corte, laddove, nel caso di specie, ha rigettato il ricorso del marito volto ad ottenere il riconoscimento del mantenimento diretto dei figli, in quanto non concretamente realizzabile nel caso specifico, stante l’accentuata conflittualità esistente tra i coniugi.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
SENTENZA
sul ricorso 12656/2010 proposto da:
ROSSO CARLO, marito ricorrente.
RICORRENTE
contro
VIOLA ROSA, moglie controricorrente.
CONTRORICORRENTE
nonché contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA
INTIMATO
avverso l’ordinanza n.32/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 15/03/2010;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 15/04/2008, VIOLA ROSA chiedeva modificarsi il regime di separazione personale consensuale dal marito ROSSO CARLO, chiedendo un aumento dell’assegno di mantenimento per sé e per i figli.
Costituitosi il contraddittorio, il ROSSO CARLO chiedeva rigettarsi il ricorso e, in via riconvenzionale, l’affidamento condiviso dei figli, nonché il loro mantenimento diretto da parte di entrambi i coniugi.
Il Tribunale di Catania, con provvedimento del 05/12/2008, elevava l’assegno per la moglie, disponeva affidamento condiviso dei figli con mantenimento diretto da parte dei genitori, ed assegno perequativo per il ROSSO CARLO per l’importo di euro 1.500,00 mensili.
Proponeva reclamo la VIOLA ROSA
Costituitosi il contraddittorio, il ROSSO CARLO ne richiedeva il rigetto, e in via incidentale, la revoca dell’assegno per la moglie e per i figli, che dovevano essere mantenuti direttamente da entrambi i genitori.
La Corte d’Appello di Catania, con provvedimento in data 15/3/2010, accoglieva il reclamo principale, revocando il mantenimento diretto dei figli, disponendo per essi assegno mensile di euro 5.000,00 a carico del padre; rigettava il reclamo incidentale.
Ricorre per cassazione il ROSSO CARLO, sulla base di dodici motivi illustrati con memoria.
Resiste, con controricorso, la VIOLA ROSA.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va innanzi tutto rilevata l’invalidità della procura rilasciata dalla VIOLA ROSA al nuovo difensore avv. Laura Bianco, in quanto apposta a margine della memoria per l’udienza, e quindi in un atto diverso da quelli tassativamente indicati nell’art.83 cpc, nel testo vigente ratione temporis.
Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art.155 cc, in punto revoca del contributo diretto per i figli; con il secondo, vizio di motivazione al riguardo; con il terzo, violazione ulteriore dell’art.155 cc, sulla quantificazione dell’assegno; con il quarto, vizio di motivazione al riguardo; con il quinto, violazione dell’art.155 cc, in relazione all’art.148 cc; con il sesto, violazione dell’art.2697 cc, artt.115 e 116 cpc, sulla revoca del contributo diretto.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente connessi.
Essi appaiono infondati.
Come è noto, la Legge 8 febbraio 2006, n.54, ha introdotto la disciplina dell’affidamento condiviso.
Già la scelta del termine è significativa, rispetto all’espressione più tradizionale, contenuta nella legge di divorzio dopo la riforma del 1987, di “affidamento congiunto”: non solo affidamento ad entrambi, ma fondato sul pieno consenso di gestione, sulla condivisione, appunto.
Ciò tuttavia non esclude che il minore possa essere prevalentemente collocato presso uno dei genitori, anche se l’altro dovrà avere ampia possibilità di vederlo e tenerlo con sé.
L’assunto del ricorrente secondo il quale con la riforma del 2006 il contributo diretto da parte di ciascuno dei genitori costituirebbe la regola, come conseguenza diretta dell’affido condiviso, non può essere accolto: ed invero l’art.155 cc, riformato, nello stesso secondo comma in cui prevede in via prioritaria “la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori”, dispone che il giudice fissi altresì ” la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento…”, così conferendo allo stesso giudice un’ampia discrezionalità, sempre ovviamente “con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale” della prole (v. sul punto Cass. 2006 n.18187).
Inoltre, il successivo comma 4, affida al giudice il potere di stabilire, “ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità”.
Della discrezionalità esercitata nell’escludere il contributo diretto la ordinanza impugnata ha fornito congrua motivazione, facendo riferimento all’accentuata litigiosità dei genitori, quale circostanza idonea a sollevare ulteriori conflitti in un contesto che al contrario esige una condotta pienamente collaborativa, e tale valutazione non può costituire oggetto di controllo in questa sede.
Dunque correttamente è stato revocato il regime di mantenimento diretto.
La Corte di Appello ha, altresì, rilevato, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento dei minori, la notevole sproporzione tra le condizioni economiche dei genitori (la VIOLA ROSA, ha un reddito netto annuo di euro 27.000,00 circa, il notaio ROSSO CARLO nel 2007 un reddito di euro 268.558,00, sceso ad euro 86.000,00 nel 2008, con detrazione di spese deducibili per oltre euro 300.000,00). Non si ravvisa al riguardo violazione dell’art.148 cc, il quale stabilisce che i genitori devono adempiere all’obbligo educativo, di istruzione e di mantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e capacità di lavoro professionale e casalingo.
Secondo giurisprudenza consolidata (per tutte, Cass. n. 11772 del 2010, n. 11538 del 2009), deve essere assicurato ai figli il tenore di vita di cui essi godevano durante la convivenza matrimoniale, ma rilevano gli incrementi di reddito di ciascuno dei genitori, se riferiti, come nella specie, all’attività che essi svolgevano durante la convivenza, rappresentandone il prevedibile sviluppo.
Del tutto privo di fondamento appare l’assunto del ricorrente secondo il quale non potrebbe configurarsi in via generale, alcun prevedibile sviluppo per la carriera notarile: è evidente, al contrario, che l’esperienza acquisita, l’aumento dei clienti, ed anche, come nella specie, lo spostamento da una piccola località ad una città più grande, integrano “sviluppi prevedibili”. E a ciò fa evidentemente riferimento il Giudice a quo, elevando l’importo dell’assegno per i figli ad euro 5.000,00.
Con i motivi settimo e ottavo il ricorrente lamenta violazione dell’art.156 cc, e vizio di motivazione, in relazione all’assegno per il coniuge.
Anche tali motivi appaiono infondati.
Per giurisprudenza consolidata, l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge va raffrontata al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (tra le altre, Cass. n. 20582/10).
Giurisprudenza altrettanto consolidata precisa che le attuali condizioni economiche delle parti possono costituire, in mancanza di ulteriori prove, elemento indicativo del pregresso tenore di vita della famiglia (tra le altre Cass. n.16606/10). Né va dimenticato che, in sede di modifica delle condizioni di separazione (o di divorzio), è necessario riferirsi ad elementi di novità rispetto al regime originario.
Come già si è detto trattando del mantenimento dei figli, si è notevolmente accresciuto il divario economico tra i coniugi, in relazione all’incremento dell’attività notarile del ROSSO CARLO già svolta durante la convivenza matrimoniale, che ne costituisce un prevedibile sviluppo. A tutto ciò si riferisce, con motivazione adeguata, il giudice a quo.
L’unico elemento di novità a favore del ROSSO CARLO potrebbe essere costituito dalla dedotta convivenza more uxorio della C. con un “facoltoso avvocato”. Ma di ciò – come precisa il giudice a quo – egli non ha fornito prova.
Palesemente infondato è il decimo motivo, attinente al vizio di motivazione, con riferimento al diverso parere del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello: è evidente che la sentenza impugnata, nella sua motivazione, ha manifestato contrario avviso rispetto alle conclusioni del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Catania; non era necessario che espressamente le contestasse.
Inammissibili infine i motivi undici e dodici, attinenti al regime delle spese processuali (violazione dell’art.91 cpc e vizi di motivazione).
Non è censurabile il regime delle spese dettato dal giudice di merito, se sorretto da adeguata motivazione (per tutte, Cass. n. 13229 del 2011). Nella specie, il giudice a quo ha richiamato la sostanziale soccombenza del ROSSO CARLO.
Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per onorari ed euro 200,00 per esborsi oltre a spese generali ed accessori di legge.
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