Segnalata dall’Avv. Ernesto Giardino del foro di Cosenza
Sussiste compatibilità tra il sequestro conservativo ex artt. 2905 c.c. e 671 c.p.c. e l’azione revocatoria ordinaria, sia in ragione dell’acclarata finalità di quest’ultima, ovvero di ricostruzione della garanzia generica assicurata dal creditore al patrimonio del suo debitore, sia avuto riguardo all’esplicito disposto di cui al secondo comma dell’art. 2906 c.c., atteso che se il rimedio cautelare è proponibile nei confronti del terzo acquirente, nella causa in cui è stata proposta l’azione per far dichiarare l’inefficacia dell’alienazione, deve esserlo a fortiori in quella esperita nei confronti del debitore principale.
La verifica dell’eventus damni deve essere compiuta con riferimento esclusivamente alla consistenza patrimoniale ed alla solvibilità del fideiussore e non anche a quella del debitore garantito.
È sufficiente, ai fini della cd. scientia damni, la semplice consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, ovvero la previsione di un mero danno potenziale, rimanendo, invece, irrilevanti tanto l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo.
Ai fini della configurabilità del consilium faudis è sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore stesso (e non anche del terzo beneficiario), del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Cosenza, Dott. Gino Bloise, con l’ordinanza del 01.02.2017.
Nel caso di specie, una Banca creditrice conveniva in giudizio un debitore, garante di una società, assumendo che quest’ultimo avesse posto in essere atti pregiudizievoli in proprio danno, mediante la costituzione di un fondo patrimoniale con la coniuge, in cui erano confluite le azioni della società garantita e la donazione di altre azioni appartenenti alla medesima società.
L’istituto di credito, ritenendo configurato il fumus boni iuris ed il periculum in mora chiedeva, che fosse esperita l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. e che si procedesse, contestualmente al sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. delle azioni della società garantita, oggetto degli atti di disposizione.
Si costituivano in giudizio, il debitore garante e la coniuge, deducendo preliminarmente l’evidente sproporzione tra i beni oggetto dell’istanza di sequestro ed il credito vantato dalla Banca e contestando, pertanto, la sussistenza tanto del fumus quanto del periculum.
Il Tribunale ha ritenuto ammissibile la domanda di sequestro, ritenendo compatibile l’azione revocatoria ordinaria con il sequestro conservativo, posto che se il rimedio cautelare è proponibile nei confronti del terzo acquirente, nella causa in cui sia stata proposta per far dichiarare l’inefficacia dell’atto di disposizione, deve esserlo a fortiori anche in quella esperita nei confronti del debitore principale.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, invero, la verifica dell’eventus damni deve essere compiuta con riferimento esclusivamente alla consistenza patrimoniale ed alla solvibilità del fideiussore e non anche a quella del debitore garantito ritenendo sufficiente il solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, solo in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore.
Il Giudicante, contrariamente alle contestazioni dei convenuti, relativamente ai presupposti cautelari, ha ritenuto evidente la sussistenza delle condizioni necessarie per l’esperimento del sequestro, ed in conformità con un consolidato indirizzo ermeneutico della giurisprudenza di legittimità, ha sancito che non è necessaria la totale compromissione delle ragioni del creditore, bastando la semplice valutazione di maggiore difficoltà della loro realizzazione anche nel caso di garanzia fideiussoria, posto che è da ritenersi sufficiente per la procedibilità del sequestro conservativo, l’esistenza di elementi certi e sintomatici del possibile depauperamento del patrimonio del debitore, da porsi in ulteriore relazione con la composizione del patrimonio stesso, con la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto assunto dal debitore medesimo.
Nello specifico, ai fini della configurabilità del consilium fraudis, il Tribunale ha ritenuto che risulta assolutamente irrilevante la prova dell’intenzione di nuocere ai creditori, essendo anche in tal caso sufficiente la consapevolezza (anche solo presunta), da parte del debitore stesso del pregiudizio (anche potenziale) arrecato, mediante l’atto di disposizione, alle ragioni del creditore.
Sulla base delle ragioni suesposte il Tribunale accoglieva la domanda della ricorrente e per l’effetto autorizzava la Banca al sequestro conservativo delle azioni della società garantita.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti articoli pubblicati in Rivista:
FONDO PATRIMONIALE E AZIONE REVOCATORIA: INEFFICACIA NEI CONFRONTI DEI CREDITORI
L’AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA PRESUPPONE PER LA SUA ESPERIBILITÀ LA SOLA ESISTENZA DI UN DEBITO E NON ANCHE LA CONCRETA ESIGIBILITÀ DELLO STESSO
Sentenza | Cassazione civile, sezione sesta | 12.12.2012 | n.22878
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