ISSN 2385-1376
Testo massima
Nel concedere il sequestro conservativo si deve raccordare il profilo patologico (il fumus) del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio con il periculum in mora, nel senso di concedere la misura cautelare quando l’inadempimento dell’obbligazione dedotta in giudizio finisce con il rafforzare il convincimento che sia concreto e non astratto il rischio, per il tempo in cui verrà emessa la eventuale sentenza di condanna, di non rinvenire nel patrimonio del debitore beni di sicuro realizzo.
Così il Tribunale di Taranto, in composizione collegiale, Giudice relatore dott. Claudio Casarano, con provvedimento del 22.05.2013, ha affrontato la delicata problematica sul come vada valutato il periculum in mora, ai fini della concessione di un sequestro conservativo di alcune partecipazioni societarie detenute dalla società estera che non abbia beni immobili in Italia e nel proprio territorio nazionale.
Ebbene, il giudice di prime cure, aveva escluso la concessione della misura del sequestro per il cd. principio di autoresponsabilità, richiamando anche una massima della S.C. secondo la quale: “nelle obbligazioni contrattuali se il patrimonio dell’obbligato era già privo di beni di sicuro realizzo al momento genetico del rapporto, la parte che concedeva credito non può che imputare a sé stessa la circostanza che, in caso di inadempimento della controparte, non vi siano suoi beni da assoggettare ad eventuale esecuzione forzata; ricorrerebbe invece il periculum in mora, utile per la concessione del sequestro, solo in caso di rischio di atti dispositivi successivi all’assunzione dell’obbligazione“.
Per cui, solo in caso di atto dispositivo successivo al sorgere del vincolo poteva essere autorizzata la concessione di una tal misura cautelare.
Diversamente, il Collegio ha ritenuto che il detto principio non può essere accolto in maniera generalizzata, escludendo che possa portare di per sè al rigetto della concessione della cautela.
Né, precisano i Giudici, il rischio di pregiudizio per le eventuali ragioni creditorie può ritenersi scongiurato dal rilievo secondo cui l’ultimo bilancio della società spagnola attestava il conseguimento di ricavi significativi, atteso che questi sono elementi suscettibili di subire variazioni in senso negativo nel tempo.
Nell’optare per la concessione del sequestro, i Giudici hanno preferito fare una valutazione sulla ricorrenza o meno di un rischio in concreto, di mancanza cioè di beni di sicuro realizzo per il tempo in cui sarebbe intervenuta l’eventuale sentenza di condanna.
Spiega il collegio che non si può valorizzare il solo momento genetico del rapporto, giungendo, per l’effetto, a penalizzare il contraente – che appare in buona fede per non aver verificato, prima di impegnarsi con esborso di somme, l’esistenza in capo alla controparte di una garanzia patrimoniale sufficiente( 2740 c.c.).
L’approccio allora da preferire è quello di raccordare il profilo patologico (il fumus insomma) del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio con il periculum in mora, nel senso di concedere la misura quando lo stesso inadempimento dell’obbligazione dedotta in giudizio (beninteso, versandosi nella fase cautelare, in termini di semiplena probatio) finisce con il rafforzare il convincimento che sia concreto e non astratto il rischio, per il tempo in cui verrà emessa la eventuale sentenza di condanna, di non rinvenire nel patrimonio del debitore beni di sicuro realizzo.
Invero, proprio il caso sottoposto all’esame del Collegio rappresenta una idonea verifica della bontà (ex parte creditoris) della regola di diritto di cui si è voluta fare applicazione atteso che la parte reclamante aveva adottato la diligenza necessaria, pur di non perdere l’opportunità dell’affare con la società fornitrice cinese; facendosi rilasciare in garanzia dalla società spagnola sponsor un cospicuo assegno, proprio per il rischio di mancata restituzione della somma di euro 1.000.000,00.
Sulla scorta di tali motivazioni il collegio ha accolto il reclamo autorizzando il sequestro conservativo delle partecipazioni societarie ex art.2471 bis cc. e/ o dei crediti della società resistente verso terzi, fino al limite di un milione di euro.
Testo del provvedimento
TRIBUNALE DI TARANTO
II SEZIONE
Ordinanza (ex art.669 terdecies 671 cpc)
Presidente: Gianfranco Coccioli
Giudice relatore: dott. Claudio Casarano
Giudice: Enrica Di Tursi
LA RICORRENZA DEL FUMUS BONI IURIS POSTO A FONDAMENTO DEL RICORSO IN CORSO DI CAUSA PER SEQUESTRO CONSERVATIVO
Nell’ambito dei complessi rapporti intercorsi tra la società reclamante (ALFA SPA) e quella spagnola resistente (BETA), in cui, fra l’altro, la prima doveva acquistare pannelli fotovoltaici e la seconda doveva presentare società in grado di fornirli, è pacifico che gli evocati contratti di subappalto si siano risolti per mutuo consenso.
Non può però neanche contestarsi che tra le parti interveniva altresì un accordo – quello del 26-01-2011 e di cui al documento 11 allegato dalla parte reclamante in virtù del quale si dava conto del versamento di un assegno a garanzia di euro 4.000.000,00, da parte della società spagnola ed in favore della reclamante; nonchè del versamento a titolo di acconto da parte di quest’ultima ed in favore di una società cinese, la GAMMA, di un assegno di euro 1.000.000,00.
Ora con la predetta scrittura privata espressamente veniva affermato che la consegna dell’assegno di euro 4.000.000,00 veniva sì dato in garanzia, come sostenuto dalla resistente, ma allo scopo però di garantire la eventuale restituzione dell’anticipo di euro 1.000.000,00, che la reclamante aveva versato alla società cinese presentata dalla controparte quale sua sponsor; così ci si esprimeva con la predetta scrittura privata:
“L’importo di euro 4.000.000,00 prima citato rappresenta la garanzia del rimborso di euro 1.000.000,00 anticipato dalla ALFA SPA( reclamante) per conto della BETA in favore di GAMMA fornitore dei pannelli fotovoltaici
Le parti convengono di consegnare l’assegno a garanzia di euro 4.000.000,00..al sig
.in forza della presente scrittura privata l’assegno dovrà essere consegnato al beneficiario (e cioè all’ALFA SPA) al verificarsi alternativamente del mancato rispetto dei termini di consegna nonchè nell’ipotesi del mancato rimborso di euro 1.000.000,00 da parte di GAMMA, ovvero di inadempimenti di contratti da BETA rispetto alla subappaltatrice del ALFA SPA”.
In altri termini del rischio della mancata restituzione dell’anticipo da parte della GAMMA, fornitrice cinese, rappresentato dall’assegno di euro 1.000.000,00, si accollava proprio la società spagnola; che infatti aveva presentato la fornitrice di pannelli fotovoltaici cinese alla società reclamante.
Se allora i contratti di subappalto si sono risolti pacificamente, e non sono stati allegati, allo stato, in maniera probante fatti di inadempimento della committente ricorrente, il pagamento della somma di euro 1.000.000,00 diventa privo di causa e quindi andrebbe restituita alla società reclamante: a rigore da parte della fornitrice, ma in virtù dell’evocata espressa garanzia anche da parte della società spagnola resistente.
La domanda di pagamento non si fonda allora su di un prestito, bensì su di una espressa assunzione da parte della società spagnola dell’obbligazione di garantire la restituzione dell’acconto.
L’impropria utilizzazione da parte della difesa istante dell’espressione prestito e sulla quale si sviluppava buona parte della difesa resistente – può emendarsi, senza incorrere nel rischio di violazione ex art.112 cpc della corrispondenza fra il chiesto e pronunziato, trattandosi del potere di qualificazione giuridica della scrittura privata posta a fondamento della domanda; qualificazione giuridica che invece evoca allo stato piuttosto la ricorrenza di un’assunzione, da parte della società spagnola, della garanzia di restituzione dell’anticipo del prezzo della fornitura programmata.
Peraltro in questi più corretti termini si esprimeva la difesa reclamante a pagina 3 del reclamo.
IL PERICULUM IN MORA: SUA VALUTAZIONE IN CONCRETO UNITAMENTE AL FUMUS E AL RISCHIO FUTURO DI RENDERE VANA LA EVENTUALE SENTENZA DI CONDANNA
Il periculum in mora è poi rappresentato dalla difficoltà di avere delle garanzie di certa restituzione della significativa somma versata; posto che, come risultato da apposita certificazione prodotta dall’istante, la società spagnola nel proprio territorio nazionale non risulta intestataria di beni immobili. E neanche in Italia, posto che la domanda di sequestro era espressamente indirizzata verso partecipazioni societarie.
Il rischio di pregiudizio per le eventuali ragioni creditorie dell’istante non può essere poi scongiurato dal rilievo secondo cui l’ultimo bilancio della società spagnola attestata il conseguimento di ricavi significativi.
Questi infatti di per sé sono suscettibili di subire variazioni in senso negativo nel tempo, dal momento che si tratta in questa sede di effettuare una prognosi circa la concreta possibilità di realizzo di un’eventuale sentenza di condanna favorevole per la reclamante; statuizione che potrebbe intervenire solo da qui a qualche anno. Il tempo necessario, come è notorio, perché si definisca un giudizio di merito nell’ambito dell’adita autorità.
Senza contare che, trattandosi di una società estera, riuscirebbe certamente più difficoltosa l’esecuzione all’estero per quel che concerne i ricavi – di una sentenza di condanna.
Il giudice di prime cure, va rilevato da ultimo, escludeva la concessione della misura del sequestro per il principio di autoresponsabilità, richiamando anche una massima della S.C.: nelle obbligazioni contrattuali ricordava – se il patrimonio dell’obbligato era già privo di beni di sicuro realizzo al momento genetico del rapporto, la parte che concedeva credito non può che imputare a sé stessa la circostanza che, in caso di inadempimento della controparte, non vi siano suoi beni da assoggettare ad eventuale esecuzione forzata; ricorrerebbe invece il periculum in mora, utile per la concessione del sequestro, solo in caso di rischio di atti dispositivi successivi all’assunzione dell’obbligazione.
Il principio non può essere accolto in maniera generalizzata; non può infatti valorizzarsi il solo momento genetico del rapporto, ossia quasi giungere a penalizzare il contraente – che appare in buona fede per non aver verificato, prima di impegnarsi con esborso di somme, l’esistenza in capo alla controparte di una garanzia patrimoniale sufficiente (2740 c.c.).
Anche in questi casi infatti se viene evocato l’inadempimento di controparte (si configura cioè il fumus) e ricorre in ogni caso il concreto rischio di rendere vana una eventuale sentenza di condanna, il sequestro va concesso.
Certo il periculum in mora deve ricorrere; tanto allo scopo di evitare che la misura del sequestro e quindi di un vincolo sul bene dell’assunto debitore segua con automatismo al solo ricorrere del fumus.
L’approccio allora da preferire è quello di raccordare il profilo patologico (il fumus insomma) del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio con il periculum in mora, nel senso di concedere la misura quando lo stesso inadempimento dell’obbligazione dedotta in giudizio (beninteso, versandosi nella fase cautelare, in termini di semiplena probatio) finisce con il rafforzare il convincimento che sia concreto e non astratto il rischio, per il tempo in cui verrà emessa la eventuale sentenza di condanna, di non rinvenire nel patrimonio del debitore beni di sicuro realizzo.
Volendo esemplificare, proprio il caso sottoposto all’esame del Collegio rappresenta una idonea verifica della bontà (ex parte creditoris) della regola di diritto di cui si è voluta fare applicazione.
Come appare evidente dalla semplice lettura della suddetta scrittura privata, la parte reclamante in realtà adottava la diligenza necessaria, pur di non perdere l’opportunità dell’affare con la società fornitrice cinese; infatti si faceva rilasciare in garanzia dalla società spagnola sponsor l’assegno di euro 4.000.000,00, proprio per il rischio di mancata restituzione della somma di euro 1.000.000,00.
Non solo ma l’assegno si accertava che non poteva essere messo all’incasso per l’erronea indicazione in essa contenuta del nome della società ricorrente beneficiaria( erano infatti presenti le seguenti due diciture: ALFA SPA e 4.000.000,00 zero zero).
Come a dire che veniva meno – in fase di prima attuazione dei rapporti obbligatori evocati – la garanzia preventiva rappresentata dall’assegno in parola, non di certo per fatto della ricorrente; quindi, nel caso in esame, a rigore non potrebbe neanche invocarsi il principio di autoresponsabilità posto a fondamento dell’esclusione del periculum in mora con l’ordinanza reclamata.
Senza contare che avendo richiesto la ricorrente il sequestro sulle azioni, gli unici beni aggredibili in Italia, in realtà su di esse può avere fatto affidamento la società ricorrente; con la conseguenza che sotto altro profilo viene esclusa la ricorrenza dell’autoresponsabilità come motivo ostativo della concessione del sequestro, se non seguito da atto dispositivo.
Non avendo il ricorrente indicato il limite di valore del sequestro, può ritenersi implicito quello pari al valore del petitum.
Le spese del presente procedimento al pari di quelle della prima fase – vanno liquidate con la sentenza che definisce il merito del procedimento a cognizione ordinaria.
PTM
Il Tribunale collegiale definitivamente pronunciando sul reclamo proposto dalla ALFA SPA avverso l’ordinanza adottata dal Giudice Unico in data 01-03-2013, nell’ambito del procedimento iscritto al R.G. xxxx, e nei confronti della BETA, in persona del legale rappresentante A. M. S., così provvede:
Accoglie il reclamo proposto e revoca l’ordinanza impugnata;
Autorizza quindi il sequestro conservativo delle partecipazioni societarie ex art.2471 bis cc. e/ o dei crediti della società resistente verso terzi, fino al limite di euro 1.000.000,00 ( un milione di euro);
Spese con la sentenza definitiva del procedimento a cognizione ordinaria.
Il Presidente
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Numero Protocolo Interno : 305/2013