Procedimento patrocinato dagli Avv.ti Tommaso Proto e Vincenzo Cretella del Foro di Roma
L’istanza di sequestro conservativo di un determinato bene è inammissibile in quanto non è finalizzata a tutelare uno specifico diritto al pagamento di una somma di denaro – come postula, invece, l’art. 671 c.p.c. – ma solo ad aggredire un determinato bene del debitore, nella sua individualità.
Ai fini della concessione del sequestro conservativo deve sussistere il nesso di strumentalità tra la domanda cautelare e la corrispondente domanda di merito. La mancata indicazione della domanda di merito nella istanza cautelare fa venire meno il nesso di strumentalità.
Il periculum in mora va inteso non come pericolo di danno derivante dal ritardato adempimento, bensì come “pericolo da infruttuosità” e cioè eventualità che – nelle more del giudizio di merito – il patrimonio del debitore venga depauperato o “trasformato” in modo tale da sottrarlo in tutto o in parte alla sua funzione di garanzia generica sancita dall’art. 2740 c.c..
Questi i principi stabiliti dal Tribunale di Milano, G.U. Dott.ssa Stefania Novelli, con l’Ordinanza emessa in data 01.12.2020.
Il Giudizio traeva origine da un ricorso ex art. 671 c.p.c. con il quale la Società Alfa (subappaltatrice) richiedeva il sequestro conservativo dei crediti vantati dalla Società Beta (appaltatrice), sua presunta debitrice, nei confronti delle Società Gamma (stazione appaltante) e Delta (mandataria).
Le parti resistenti si costituivano in giudizio sollevando una serie di eccezioni preliminari (afferenti all’incompetenza del Giudice adito, all’inammissibilità dell’istanza cautelare proposta, alla carenza di legittimazione passiva delle società terze ecc.) e contestando, in ogni caso, l’insussistenza, nel caso di specie, dei presupposti giustificativi tipici per l’adozione di una misura cautelare (il fumus boni iuris ed il periculum in mora).
Con l’Ordinanza in discorso, il Giudice adito, a scioglimento della riserva assunta all’esito dell’udienza di comparizione delle parti, rigettava la domanda di sequestro conservativo promossa sia, in via principale, per l’inammissibilità della stessa che, in via residuale, per l’assenza del periculum in mora.
La decisione assunta con detta Ordinanza non pare passibile di censura dal momento che il Giudice concludeva per il rigetto della domanda di sequestro conservativo promossa all’esito di un iter logico argomentativo semplicemente inappuntabile.
Il Giudice designato, infatti, dopo aver vagliato le ragioni addotte da parte ricorrente, nonché le modalità con cui questa aveva introdotto il procedimento cautelare, anche alla luce delle difese proposte dalle Società resistenti, statuiva rettamente per l’inammissibilità della domanda promossa dal momento che la Società ricorrente formulava la propria richiesta di sequestro conservativo solo nei confronti di singoli beni della presunta debitrice e non rispetto al suo intero patrimonio.
Come è noto, infatti, il sequestro conservativo è uno strumento volto a tutelare il pericolo per il creditore di perdere la garanzia del proprio credito mediante l’imposizione di un vincolo sul patrimonio complessivamente inteso, agli effetti dell’art. 2740 c.c., e non può, pertanto, avere ad oggetto uno o più beni specifici singolarmente individuati diversamente dallo strumento del sequestro giudiziario (Tribunale Nola Ordinanza del 15.01.2013).
Da qui l’evidente inammissibilità della domanda promossa dalla ricorrente derivante dal fatto che, come è stato opportunamente specificato dal Giudice del Cautelare, il sequestro conservativo di un bene determinato si pone in stridente contrasto con la ratio della norma che disciplina l’istituto, in quanto la cautela articolata in questo modo piuttosto che essere volta alla tutela di “… uno specifico diritto al pagamento di una somma di denaro – come postula, invece, l’art. 671 c.p.c….” è di fatto finalizzata “… ad aggredire un determinato bene del debitore nella sua individualità…” (si veda pag. 4 Ordinanza; nello stesso senso ex multiis Tribunale di Milano Decreto del 18.10.2017, Tribunale Nola Ordinanza del 26.07.2010, Tribunale Modena Ordinanza del 20.12.2007).
Allo stesso modo non potrà essere ritenuta suscettibile di contestazione la parte del provvedimento con la quale il Giudice segnala come ai fini dell’ammissibilità di un sequestro conservativo sia necessaria la sussistenza di un nesso di strumentalità tra la predetta istanza cautelare e la corrispondente domanda di merito.
Nesso di strumentalità che viene meno nel caso in cui la richiesta di misura cautelare sia priva dell’indicazione della domanda di merito.
Nel caso in cui la domanda di sequestro conservativo venga proposta ante causa, infatti, il relativo atto introduttivo deve contenere anche l’indicazione della domanda di merito ovvero del diritto sostanziale per il quale si chiede la misura cautelare e del provvedimento che verrà richiesto al Giudice del merito.
Il ricorrente, quindi, nella generalità dei casi, ha l’onere di indicare nel ricorso per sequestro, a pena di inammissibilità, la domanda che intende proporre nel giudizio di merito per il cui diritto è stata invocata la tutela cautelare in quanto è solo in questo modo che il Giudice adito può verificare nell’ordine:
– la propria giurisdizione;
– la propria competenza;
– la ricorrenza del requisito del fumus boni iuris;
– l’adeguatezza (e la proporzionalità) della misura cautelare richiesta (ex multiis Tribunale Udine Ordinanza del 19.09.2016, Tribunale Roma Ordinanza del 06.10.2015).
Pertanto non può essere ritenuto suscettibile di contestazione l’accertamento del tribunale relativo all’assenza del nesso di strumentalità tra la misura cautelare richiesta ed il relativo giudizio di merito nel caso in cui la domanda di sequestro conservativo fosse stata intesa come destinata nei confronti delle Società Gamma e Delta dal momento che “…Il ricorrente (…) non ha indicato alcun oggetto dell’eventuale giudizio di merito – nei confronti delle resistenti che rivestono la qualifica di mandataria e di stazione appaltante – rispetto al quale il richiesto provvedimento cautelare potrebbe ritenersi strumentale…” (si veda pag. 4 Ordinanza).
Passando, infine, alle ragioni che inducevano il Giudice ad escludere, in via residuale, anche la sussistenza del periculum in mora non si può fare a meno di sottolineare come le argomentazioni svolte dal Giudice adito siano, anche in questo caso, semplicemente inappuntabili.
Il Giudice, infatti, al momento della decisione, veniva costretto a prendere atto del fatto che la Società ricorrente, per il tramite delle proprie argomentazioni difensive e sulla scorta di quanto prodotto documentalmente, non aveva fornito alcuna prova:
- del peggioramento della situazione patrimoniale del presunto debitore in data successiva alla conclusione dell’accordo con il ricorrente, oggi reclamante [“…La società ricorrente non ha dimostrato, sulla base dei bilanci pubblici prodotti e degli altri documenti allegati (la maggior parte dei quali inerenti al procedimento monitorio e alla successiva opposizione a decreto ingiuntivo), la sopravvenuta incapienza ovvero il sopravvenuto peggioramento della consistenza economica del patrimonio oggetto di garanzia, successivamente alla data di conclusione dell’accordo del novembre 2019…” (si veda pag. 5 Ordinanza)];
- di un contegno della presunta debitrice volto al depauperamento della garanzia generica ex art. 2740 “…tale da rendere possibile (e non necessariamente probabile) che all’esito del giudizio il diritto sostanziale, pur se riconosciuto, rimarrà insoddisfatto…” (si veda pag. 6 Ordinanza). Va da se, che, a fronte di tali carenze probatorie, difficilmente il Giudice adito avrebbe potuto concludere per la sussistenza del requisito del periculum in mora dal momento che, come correttamente riportato in Ordinanza, in accordo con l’univoco orientamento giurisprudenziale “… il periculum in mora va inteso non come pericolo di danno derivante dal ritardato adempimento, bensì come “pericolo da infruttuosità” e cioè eventualità che – nelle more del giudizio di merito – il patrimonio del debitore venga depauperato o “trasformato” in modo tale da sottrarlo in tutto o in parte alla sua funzione di garanzia generica sancita dall’art. 2740 c.c. (cfr. Cassazione civile sez. I, 17 giugno 1998, n. 6042; Cass. 17.6.1996 n. 6460; Cassazione civile sez. IV, 16 aprile 1996, n. 3563; Cassazione civile, sez. I, 9 febbraio 1990 n. 902; Cassazione civile, sez. I, 9 gennaio 1987 n. 69)…” (si veda pag. 3 Ordinanza).
Da qui l’ulteriore, decisivo, elemento da cui trarre l’indubbia correttezza del provvedimento decisorio oggetto del presente commento.
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