Il sequestro si converte in pignoramento ipso iure allorchè il creditore ottenga una pronuncia di condanna esecutiva ed è da tale momento che ha inizio l’esecuzione forzata (art. 491 c.p.c.), sicchè gli adempimenti dell’art. 156 disp. att. c.p.c. costituiscono atti di impulso espressamente prescritti dalla legge da compiere entro un termine perentorio e, dunque, a pena di decadenza; conseguentemente, l’inutile spirare del termine prescritto dalla citata disposizione non implica affatto un vizio dell’atto di pignoramento, nè dell’espropriazione con esso iniziata, ma è significativo di un’inattività della parte che comporta l’estinzione della procedura a norma dell’art. 630 c.p.c..
Tutti i provvedimenti del giudice dell’esecuzione in tema di estinzione sono assoggettati esclusivamente al reclamo nelle forme previste dall’art. 630 c.p.c., commi 2 e 3, a prescindere dal fatto che essi abbiano accolto o respinto la relativa istanza proposta dal debitore, ovvero che il giudice abbia omesso di pronunziarsi su di essa, restando pertanto escluso che il debitore possa proporre opposizione all’esecuzione, ex art. 615 c.p.c., per far valere l’improseguibilità della stessa dopo la verificazione della causa di estinzione, ovvero agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., per contestare tanto il provvedimento del giudice dell’esecuzione che abbia dichiarato l’estinzione (ovvero abbia omesso di farlo), quanto gli atti del processo esecutivo adottati successivamente alla verificazione di una causa di estinzione non dichiarata.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. De Stefano – Rel. Fanticini, con la sentenza n. 35365 del 18 dicembre 2023.
Il caso di specie originava dalla sentenza con la quale il Tribunale di Torino condannava la ricorrente, in quanto coimputata in un procedimento penale e in solido con gli altri imputati, a versare alla cancelleria del Tribunale una somma di denaro, autorizzando la banca, parte civile, ad eseguire un sequestro conservativo ex art. 316 c.p.p., nei confronti della stessa ricorrente.
La banca procedeva al sequestro delle quote di beni immobili con trascrizione del vincolo.
La Corte d’appello, con sentenza in riforma della decisione di primo grado, assolveva gli imputati dall’imputazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale post-fallimentare e dichiarava non doversi procedere, per intervenuta prescrizione, nei confronti dell’imputato principale per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di tutti gli imputati per il reato continuato di abuso d’ufficio, confermando per quest’ultimo reato le statuizioni civili della sentenza del Tribunale e, cioè, la condanna al versamento della somma sopra indicata.
I ricorsi per cassazione del Procuratore Generale e degli imputati venivano respinti dalla Suprema Corte.
Successivamente la banca, sul presupposto dell’intervenuta conversione del sequestro conservativo in pignoramento, presentava al Tribunale istanza di vendita dei beni sequestrati in danno della ricorrente e dava comunicazione al legale di quest’ultima dell’avvenuta iscrizione a ruolo della procedura esecutiva immobiliare.
Con ricorso la ricorrente proponeva opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi e chiedeva anche la dichiarazione di estinzione della procedura ex art. 630 c.p.c., lamentando in particolare il mancato deposito, presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione, dell’annotazione della sentenza di condanna esecutiva in margine alla trascrizione del sequestro e della copia esecutiva del titolo nonché la perenzione del pignoramento per intempestività dell’istanza di vendita ex art. 497 c.p.c..
Il giudice dell’esecuzione del Tribunale con ordinanza respingeva l’istanza di sospensione della procedura esecutiva e fissava termine di 60 giorni per l’introduzione del giudizio di merito. Con ordinanza successiva, il Tribunale collegiale, investito del reclamo ex art. 624 c.p.c., dell’opponente, accordava la sospensione.
Nel giudizio di merito la ricorrente domandava, in riferimento alla proposta opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., comma 2, di accertare e dichiarare la nullità e/o inefficacia del pignoramento immobiliare e di tutti gli atti esecutivi conseguenti e dunque dell’azione esecutiva nel suo complesso promossa dalla banca in quanto proposta in violazione dei requisiti formali richiesti dall’art. 156 disp. att. c.p.c., e/o art. 497 c.p.c., e dichiararne l’estinzione con conseguente ordine alla Conservatoria competente di cancellazione delle relative trascrizioni.
Il Tribunale con sentenza rigettava l’opposizione, ritenendo infondata la censura relativa alla violazione degli adempimenti previsti dall’art. 156 disp. att. c.p.c., essendo stati gli stessi eseguiti in data 24/12/2018, “pertanto tempestivamente, atteso che la sentenza emessa all’esito dell’ultimo grado di giudizio dalla Corte di Cassazione veniva depositata in data 23.10.2018, e l’apposizione della formula esecutiva sulla sentenza di primo grado passata in giudicato, posta a base della procedura esecutiva e necessaria alla conversione, veniva rilasciata in data 10.12.2018″.
La ricorrente impugnava la predetta sentenza con ricorso per cassazione, basato su due motivi; resisteva con controricorso la banca.
Secondo la Suprema Corte, l’azione proposta dalla ricorrente è stata dalla medesima qualificata come opposizione agli atti esecutivi, ma dalle conclusioni prese nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado si evinceva che la ricorrente non imputava alcun vizio originario o intrinseco all’atto di pignoramento, deducendo la sua perdita di efficacia per inadempimento degli oneri prescritti dall’art. 156 disp. att. c.p.c., invocando quale conseguenza l’estinzione del processo.
Pertanto, l’opposizione della ricorrente era volta a far valere sopravvenute e tipizzate cause di estinzione del processo esecutivo per inattività del creditore procedente (già sequestrante), sicchè – rispetto all’eccezione di estinzione e al suo rigetto – l’esecutata avrebbe dovuto proporre il reclamo previsto dall’art. 630 c.p.c., non già l’opposizione ex art. 617 c.p.c..
Dovendosi escludere la possibilità di reputare sanata l’inammissibilità derivante dall’erronea individuazione del mezzo previsto dal codice per far valere l’estinzione, essendo l’inammissibilità insuscettibile di sanatoria ex se, nè l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. poteva essere riqualificata in reclamo ex art. 630 c.p.c., sia per l’impossibilità di attribuire alla domanda una qualificazione diversa da quella espressamente voluta dalla parte, sia per la destinazione dell’atto al giudice dell’esecuzione, anzichè al collegio, la sentenza impugnata è stata cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 c.p.c..
Alla decisione è conseguita la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.
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