Articolo giuridico a cura dell’Avv. Paolo Calabretta del Foro di Catania
Avviene con una certa frequenza che, a seguito di un sequestro conservativo o di un pignoramento presso terzi di un conto corrente bancario o postale (ovvero di altro rapporto bancario e/o postale), il terzo dichiari la sussistenza di un conto cointestato con altro soggetto, senza però indicare le complete generalità del cointestatario (verosimilmente, per un malinteso rispetto della normativa sulla privacy).
L’omissione dei dati del cointestatario è foriera di gravi conseguenze. In primis, tale omissione non consentirà al creditore di procedere alla notifica dell’avviso ex art. 599 c.p.c., sicchè:
1) da una parte, il creditore non potrà provocare il contraddittorio con l’altro cointestatario al fine di superare la presunzione di appartenenza al debitore della metà del saldo, sicchè dovrà limitarsi a chiedere l’assegnazione di tale metà del saldo;
2) dall’altra parte, il creditore si troverà esposto ad un’azione di ripetizione d’indebito da parte del cointestatario, il quale dimostri che le somme di pertinenza di quest’ultimo siano riferibili, in tutto od in parte, anche al residuo 50% presuntivamente di pertinenza del debitore.
Illuminante, sul punto, quanto ha statuito il Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario e Finanziario, con Decisione N. 8227 del 30 ottobre 2015: “Rileva in primo luogo in via generale che, una volta rifluite le rimesse su un conto corrente cointestato, si produce la piena confusione del patrimonio dei cointestatari senza possibilità di distinguere, da parte del terzo debitor debitoris, il patrimonio personale di ciascuno dei cointestatari, neppure per quote ideali. Questa soluzione si impone anche per la difficoltà di imputare alla iniziativa e alle valutazioni dell’intermediario la soluzione dei problemi connessi ai diritti dei cointestatari, che invece vanno affrontati nel corso dell’udienza di cui agli artt. 547 e 548 c.p.c. D’altra parte, in presenza di un provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, l’intermediario può soltanto dare esecuzione senza nulla poter opporre o far valere. Quanto alla tutela dei diritti e degli interessi del cointestatario che assume di aver subito una lesione delle sue prerogative, egli potrà far valere le proprie ragioni proponendo opposizione di terzo ai sensi dell’art. 619 c.p.c., ovvero agendo contro l’assegnatario, quando non avvisato ai sensi dell’art. 180 disp. att. c.p.c., per la ripetizione delle somme riscosse in eccesso. Occorre precisare, infatti, che, una volta ricevuta la notificazione dell’atto di pignoramento contenente l’intimazione a non disporre del credito senza ordine del giudice, il terzo debitore è obbligato per legge a sottrarre alla disponibilità del debitore esecutato il credito indicato nell’atto di pignoramento, assumendo su di sé gli obblighi propri del custode, ai sensi dell’art. 546 c.p.c. Anche per questo aspetto deve rilevarsi che il terzo non può essere gravato dell’obbligo di verificare la provenienza delle somme e di risolvere i problemi relativi ai limiti di pignorabilità del credito spettante al debitore esecutato. Queste questioni vanno dedotte e quindi risolte dal giudice dell’esecuzione, come si è detto, rientrando nelle prerogative di sua competenza”.
Ne deriva come la suindicata decisione dell’ABF (poi ribadita in successive decisioni, da ultimo Decisione Collegio di Napoli N. 3643 del 13 febbraio 2018) dimostra come sia onere del creditore pignorante procedere all’avviso ex art. 599 c.p.c., e cioè l’avviso notificato agli altri comproprietari “… ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice”.
Se, quindi, al cointestatario è fatto tale divieto, è evidente come solo il giudice possa risolvere tale controversia. D’altronde, la Corte di Cassazione aveva statuito che: “In tema di pignoramento di crediti presso terzi, quando il pignoramento cade sul credito alla restituzione di somma depositata su di un libretto bancario intestato a più persone e il creditore abbia assoggettato a pignoramento l’intero, anziché la quota di pertinenza del debitore, gli altri cointestatari del deposito sono legittimati a dedurre, sotto forma d’opposizione di terzo, che il credito appartiene per una quota anche a loro. Peraltro, se l’opposizione di terzo non è stata proposta, l’intestatario non avvisato a norma dell’art. 180 disp. att. c.p.c. può ancora agire contro il creditore procedente e assegnatario del credito per ottenere la restituzione di quanto abbia incassato (Cassazione civile, sez. III, 09/10/1998, n. 10028)”.
Dunque, a seguito della proposizione di un sequestro e/o pignoramento del conto, il terzo, com’ è suo onere, oltre a dichiarare che trattasi di conto cointestato, sarà tenuto doverosamente ad indicare le generalità del cointestatario (provvedendo, contestualmente, a comunicare all’altro cointestatario di avere ricevuto la notifica dell’atto di sequestro e/o pignoramento), sicchè sarà poi onere del creditore procedente provvedere all’avviso ex art. 599 c.p.c..
Ne deriva che, ove il terzo si limiti a dichiarare che il rapporto è cointestato, ma senza indicare le generalità del cointestatario, il creditore – al fine di evitare di esporsi all’azione di ripetizione d’indebito da parte dell’altro cointestatario – sarà onerato di richiedere al terzo di integrare la propria dichiarazione. Sicchè, all’udienza ex art. 543 c.p.c., potranno verificarsi le seguenti eventualità:
– se l’altro cointestatario non si opponga al pignoramento ed il creditore limiti la sua domanda di assegnazione alla metà del saldo, il giudice assegnerà la metà di tale saldo;
– se l’altro cointestatario proponga opposizione di terzo, opponendosi all’assegnazione delle somme in favore del creditore (sia pure nella misura presuntiva di legge, pari al 50 % del saldo), adducendo che le somme depositate sul conto siano per intero ovvero in misura superiore al suindicato limite presuntivo di sua esclusiva proprietà (ovvero nell’ipotesi in cui sia il creditore procedente che – piuttosto che avvalersi della presunzione di contitolarità del conto ed anche se l’altro cointestatario non abbia proposto alcuna opposizione di terzo – chieda dichiararsi che le somme di pertinenza del debitore eccedono la misura presuntiva di legge del 50 % del saldo) non potrà che instaurarsi un giudizio di cognizione, teso all’accertamento dell’esatta ripartizione delle somme di pertinenza di ciascuno dei cointestatari. In questa ipotesi – per il principio di vicinanza della prova – il creditore chiederà ordinarsi al terzo l’esibizione degli estratti conto e della relativa documentazione contrattuale, nonché di tutte le contabili relative ai movimenti del conto. Il creditore, del pari, potrà avvalersi di ogni altra prova consentita dall’ordinamento quale, ad esempio, le presunzioni (quali, ad esempio, la riferibilità degli accrediti all’attività svolta dal debitore e non già al cointestatario, etc.).
Certo, è evidente come una controversia del genere, comporti rilevanti effetti per il cointestatario non debitore, il quale si troverebbe nell’impossibilità di utilizzare la provvista pari alla metà del saldo di sua presunta appartenenza e, quindi, subirebbe le conseguenze del mancato pagamento di eventuali assegni in precedenza tratti sul conto cointestato: reputo che, su richiesta dell’altro cointestatario, possa farsi applicazione, anche analogica, dell’articolo 669 undecies c.p.c., rubricato Cauzione, a tenore del quale “con il provvedimento di accoglimento o di conferma ovvero con il provvedimento di modifica il giudice può imporre all’istante, valutata ogni circostanza, una cauzione per l’eventuale risarcimento dei danni”.
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