La prova della simulazione ben può fondarsi sul ragionamento presuntivo, in relazione ad elementi che, appunto, stanno al di fuori del contratto simulato.
La valutazione della prova presuntiva esige che il giudice di merito esamini tutti gli indizi di cui disponga non già considerandoli isolatamente, ma valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro, senza negare valore ad uno o più di essi sol perché equivoci, cosi da stabilire se sia comunque possibile ritenere accettabilmente probabile l’esistenza del fatto da provare.
Le circostanze sono considerate gravi, precise e concordanti, nei termini affermati da costante giurisprudenza della Corte di legittimità, laddove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia – di regola – desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, con un procedimento logico articolato nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano -appunto- concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Scarano – Rel. Tassone, con l’ordinanza n. 6721 del 13 marzo 2024.
Nel caso sottoposto alla Corte, i ricorrenti propongono ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Venezia confermava la sentenza di primo grado che accoglieva, a sua volta, la domanda proposta dall’originaria banca attrice e dalla terza interveniente e per l’effetto accertava e dichiarava la nullità per simulazione assoluta di quattro compravendite stipulate in favore di altre società convenute in giudizio, accogliendo inoltre la domanda di condanna di tutti i convenuti in via solidale al risarcimento dei danni ex art. 2043 cod. civ..
Con la seconda censura che compone il motivo, i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 2727 e 2729, comma 1, cod. civ., in quanto la corte di merito non ha correttamente invocato la prova presuntiva, non sussistendo fatti gravi, precisi e concordanti che consentano di risalire al fatto ignoto, ed ha anche violato gli artt. 1414 e 1417 cod. civ. in tema di simulazione.
La Suprema Corte, con la sentenza in commento, pone in rilievo la circostanza che l’accertamento della simulazione costituisce indagine di fatto riservata al giudice di merito, accertamento che viene svolto apprezzando l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, peraltro valutati non solo analiticamente ma anche nella loro globalità all’esito di un giudizio di sintesi, non censurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico giuridico (v. tra le tante Cass., 13 maggio 2020, n. 8892; Cass., 19/03/2010, n. 6709).
Il Supremo Collegio precisa inoltre che l’accertamento del giudice di merito non viene effettuato analizzando il contenuto del contratto simulato; pertanto la prova della simulazione non può essere data facendo ricorso al criterio di ermeneutica di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., in quanto l’accordo simulatorio non fa parte del contratto apparentemente posto in essere dalle parti, e dunque non può che fondarsi su elementi estranei al detto contenuto contrattuale (Cass., 19/03/2010, n. 6709).
Tanto premesso, secondo la Corte, la prova della simulazione ben può fondarsi sul ragionamento presuntivo, in relazione ad elementi che, appunto, stanno al di fuori del contratto simulato.
I ricorrenti, con ulteriore censura che compone il motivo, lamentano tuttavia che la corte territoriale non ha svolto correttamente il ragionamento presuntivo, perché avrebbe preso in considerazione, per risalire al fatto ignoto, fatti che non sono né gravi, né precisi, né concordanti.
La Corte ribadisce che “la valutazione della prova presuntiva esige che il giudice di merito esamini tutti gli indizi di cui disponga non già considerandoli isolatamente, ma valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro, senza negare valore ad uno o più di essi sol perché equivoci, cosi da stabilire se sia comunque possibile ritenere accettabilmente probabile l’esistenza del fatto da provare” (Cass., 13/03/2014, n. 5787).
Si precisa, inoltre, che il ragionamento presuntivo, per vero, costituisce “un “iter logico che non è un risalire all’indietro, ma piuttosto un procedere “in avanti”, verso un’ipotesi da verificare, ovvero verso la dimostrazione di un fatto che è prefigurato come possibile conclusione dell’inferenza in cui si articola il ragionamento presuntivo” (così, in motivazione, Cass.,22/06/2020, n. 1218; sul carattere “inferenziale” del ragionamento presuntivo si vedano anche, da ultimo, e tra le innumerevoli, Cass., 05/06/2019, n. 15454; Cass., 29/01/2019, n. 2482) e che “per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida non occorre che l’esistenza del fatto ignoto rappresenti l’unica conseguenza possibile di quello noto secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva“, essendo, invece, “sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull’ id quod plerumque accidit” (Cass., n. 17457/2007; più di recente, Cass., 06/02/2019, n. 3513; Cass., 31/10/2011, n. 22656).
La Suprema Corte, nella sentenza in commento, ritiene che la corte territoriale abbia fatto buon governo dei suindicati principi in tema di ragionamento presuntivo, valorizzando circostanze che ben possono essere considerate gravi, precise e concordanti, nei termini affermati da costante giurisprudenza della Corte di legittimità, laddove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia – di regola – desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, con un procedimento logico articolato nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano -appunto- concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi.
Per tali motivi, la Corte dichiara il ricorso inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al seguente contenuto pubblicato in Rivista:
SIMULAZIONE COMPRAVENDITA: IL CREDITORE PUÒ INVOCARE ELEMENTI PRESUNTIVI A SOSTEGNO DELL’AZIONE
SPETTA ALL’ACQUIRENTE DIMOSTRARE L’EFFETTIVO PAGAMENTO DEL PREZZO
Sentenza | Tribunale di Genova, Giudice Maria Cristina Scarzella | 05.12.2019 | n.2549
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