articolo a cura dell’Avv. Luca Tronconi
Una delle principali misure attuate con il decreto legge n. 23 sulla liquidità delle imprese è senza dubbio lo slittamento dell’entrata in vigore del codice della crisi e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), posticipato dal 15 agosto 2020 al 1° settembre 2021. La normativa in parola, pubblicata nella Gazzetta ufficiale nel febbraio 2019, riforma la legge fallimentare sulla base della proposta della Commissione Rordorf e ha tra le principali finalità quella di consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese.
A questo fine, il codice ha introdotto sistemi di allerta in grado di cogliere i segnali anticipatori della crisi al fine di affidare tempestivamente l’impresa alle cure di esperti. In particolare, la normativa prevede che siano monitorati appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso.
Già a inizio anno il Governo aveva deciso di rinviare al 15 febbraio 2021 la segnalazione delle società in difficoltà per presenza di indicatori e indici della crisi d’impresa o per eccessivi debiti fiscali e previdenziali agli Organismi di composizione della crisi d’impresa (Ocri) che dovrebbero essere costituiti presso ciascuna camera di commercio a ferragosto di quest’anno. Una scelta assai appropriata per evitare di intasare le CCIAA o fare «saltare» le imprese già colpite dal contagio economico del Covid-19.
Ed è proprio in considerazione dell’emergenza attuale che sorgeva l’opportunità, evidenziata da più fronti, di rinviare il codice della crisi prevedendo, quest’ultimo, regole più restrittive di quelle attuali in relazione alle quali tutti gli operatori della giustizia avranno fisiologicamente scarsa dimestichezza. Le ragioni, peraltro condivisibili, di tale slittamento, sono ben argomentate nella relazione di accompagnamento al decreto.
Uno strumento consolidato come l’attuale legge fallimentare appare indubbiamente più idoneo in questo particolare e delicato momento storico rispetto alle fisiologiche difficoltà ed incertezze che l’adeguamento ad un nuovo assetto normativo normalmente porta in dote. Tuttavia, se da un lato non si può che aderire alle argomentazioni che hanno giustificato e che hanno reso opportuno il rinvio delle nuove norme che disciplinano le imprese assoggettabili a procedure concorsuali ex articolo 1 comma 2 L. Fall., l’aver trascurato i benefici delle nuove procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, disciplinate e oggi frettolosamente dimenticate dal decreto in commento in un angolino del nuovo codice della crisi e dell’insolvenza, rappresenta un vero e proprio paradosso, laddove un slittamento delle norme che interessano i soggetti sovraindebitati finirebbe per vanificare gli stessi obiettivi che hanno dato impulso al decreto liquidità.
L’insolvenza dell’imprenditore commerciale, infatti, viene oggi trattata insieme a quella del debitore civile in un corpo normativo unitario. Pur mantenendo una sostanziale corrispondenza con le procedure previste nella Legge 3/2012, il codice della crisi introduce importanti elementi di novità, che recepiscono l’esigenza di semplificare le procedure stesse rendendole non solo più accessibili, dilatandone la platea dei destinatari, ma aumentando esponenzialmente anche le possibilità che il piano sottoposto ai creditori vada a buon fine ovvero che ottenga l’omologazione da parte del Tribunale.
“L’Accordo di Composizione della Crisi”, “il Piano del Consumatore” ed “il Piano di Liquidazione” lasceranno spazio rispettivamente al “Concordato Minore”, alla “Ristrutturazione dei debiti del consumatore” ed alla “Liquidazione Controllata”. Ad affiancare tali procedure sarà introdotto un quarto istituto, dei cui benefici potranno goderne una moltitudine di soggetti che in base all’assetto normativo in vigore non hanno alcuna possibilità di tornare in una posizione economicamente sana, ovvero l’esdebitazione dell’incapiente.
Tra le novità più significative che andranno ad interessare il nuovo Concordato Minore merita menzione la riduzione del quorum di approvazione del piano dal 60% al 50% dei creditori ammessi al voto e l’articolo 80 comma 3 C.C.I., che permetterà al giudice di omologare il piano anche senza adesione della amministrazione finanziaria a condizione che, sulla base della attestazione del gestore della crisi, la proposta sia conveniente rispetto alla alternativa liquidatoria.
Con tale ultima novità, in sostanza, viene introdotto una sorta di “cram down” fiscale, la cui introduzione mira evidentemente a responsabilizzare maggiormente l’erario nell’ottica di una ponderata valutazione della effettiva convenienza della proposta e della relativa espressione di voto. L’enorme rilevanza della novella in parola la si può apprezzare tenendo presente che la quasi totalità dei soggetti sovraindebitati hanno maturato debiti di varia natura verso lo stato, il quale, incidendo in maniera spesso decisiva nella composizione del passivo, vede ora ridimensionato, con il nuovo articolo 80 comma 3, il ruolo di “ago della bilancia“.
Le procedure saranno anche più snelle rispetto al quadro normativo attuale. Non sarà più prevista una udienza di comparizione; il che vale anche per la Ristrutturazione dei debiti del Consumatore, in relazione al quale viene sostanzialmente alzata l’asticella della meritevolezza, il cui perimetro appare con la riforma finalmente delimitato, ovvero dando rilevanza, per quel che concerne l’indagine sulla genesi del sovraindebitamento, a negligenze macroscopiche poste in essere dal debitore. L’omologazione, infatti, sarà preclusa solo nei casi in cui la condotta del debitore, durante la fase che ha dato origine alla crisi, sia stata caratterizzata da dolo o colpa grave.
Novità tutt’altro che trascurabili anche quelle che interessano la nuova Liquidazione Controllata, alla quale potranno accedere, a differenza di quanto previsto per il Piano di Liquidazione oggi in vigore, anche le società di capitali. Ma è con la nuova “Esdebitazione dell’incapiente” che la riforma non solo recepisce ma risolve le problematiche che molti debitori non assoggettabili alle procedure concorsuali ex articolo 1 comma 2 L. Fall., si trovano oggi a dover affrontare senza rimedi a disposizione, consentendo a questi ultimi di poter finalmente tornare in una posizione economicamente sana pur non avendo risorse da mettere a disposizione dei creditori. A mente del nuovo articolo 283 C.C.I., infatti, “Il debitore persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, può accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al dieci per cento”.
Trattasi, in sostanza, di procedura usufruibile da quei soggetti che in base al quadro normativo attuale non hanno concreta possibilità di sottoporre ai propri creditori una proposta di alcun genere, rimanendo pertanto ai margini della società senza alcuna prospettiva di reinserimento. L’entrata in vigore delle nuove norme sul sovraidebitamento, pertanto, rappresentano una necessità non procrastinabile.
Il paradosso è che le argomentazioni su cui poggia l’esigenza di rinviare le norme che disciplinano le imprese “fallibili” ovvero la ragion d’essere dell’intervento normativo in commento sono in buona parte le medesime che giustificano l’immediata entrata in vigore delle nuove procedure di sovraindebitamento, il cui nuovo impianto normativo, si osserva, potrà essere applicato non solo senza difficoltà ma addirittura agevolando il lavoro degli operatori del diritto.
Gli effetti di tale paradosso si possono apprezzare sotto innumerevoli profili.
Il Decreto Liquidità, si osserva, è intervenuto sul termine di adempimento dei concordati omologati, con proroga di sei mesi, e sulla possibilità di modificare proposta e piano anche se già approvati nonché sugli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l.fall. mentre nulla è stato previsto per le imprese non assoggettabili a procedure concorsuali ex art. 1 comma 2 l.fall. ovvero dei soggetti “sovraindebitati”, i cui piani siano già nella loro fase esecutiva.
I nuovi istituti, la cui importanza appare oggi trascurata, consentiranno a tutti quei soggetti che si trovano e che si troveranno in una situazione di sovraindebitamento alla fine della crisi attuale, di cristallizzare il proprio patrimonio e di ristrutturare i propri debiti sfruttando procedure semplificate, i cui benefici sono facilmente immaginabili, primo fra tutti, evitare l’intasamento dei Tribunali a seguito della più che prevedibile aumento delle procedure di espropriazione forzata.
In definitiva, la distanza tra i mezzi resi disponibili dalla politica in questo delicato periodo storico ed i bisogni reali del paese viene in buona parte colmata dalle nuove procedure di sovraindebitamento. Risultato, quest’ultimo, che lo stato può ottenere senza costi, senza fatica oltrechè con un perfetto tempismo. Rimandare di un anno l’entrata in vigore anche di tali istituti rappresenterebbe un imperdonabile errore da parte di chi, chiamato ad intervenire con ogni mezzo per favorire la ripresa economica, trascuri di avere già nel cassetto gli strumenti idonei a raggiungere tale scopo.
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