ISSN 2385-1376
Testo massima
“La società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese mantiene, in virtù di una fictio iuris postulata dalla L. Fall., art. 10, la capacità di stare in giudizio tanto nel procedimento per la dichiarazione di fallimento e nelle eventuali successive fasi impugnatorie, quanto nella eventuale conseguente procedura concorsuale”.
E’ questo il principio di diritto emerso dalla sentenza n.21026 pronunziata dalla Corte di Cassazione, sezione prima, in data 13/09/2013, a seguito del ricorso presentato dal liquidatore di una società contro la decisione della Corte di Appello che aveva dichiarato inammissibile il suo reclamo avverso la dichiarazione di fallimento della società in liquidazione.
Nel caso di specie, la Corte di Appello, premesso che la società era stata cancellata dal registro delle imprese in data 20 gennaio 2011 e che il ricorrente ne era stato l’ultimo liquidatore, aveva affermato che quest’ultimo non fosse legittimato all’impugnazione della sentenza dichiarativa del fallimento in virtù del ragionamento secondo il quale è da escludersi che l’ultimo liquidatore della società cancellata sia munito di poteri di intervento ed impugnazione quale legale rappresentante poiché un ente giuridicamente estinto non può stare in giudizio o comunque avere propri rappresentanti organici, volontari o legali, che lo rappresentino in giudizio come in qualsiasi altro rapporto giuridico.
Ebbene, la Suprema Corte, chiamata a pronunziarsi sul caso de quo, dando seguito ad un orientamento cristallizzato dalle sezioni unite con sentenza n.6070 del 12/03/2013, già oggetto di approfondimento sulla rivista, secondo cui “la possibilità, espressamente contemplata dalla L. Fall., art. 10, che una società sia dichiarata fallita entro l’anno dalla sua cancellazione dal registro comporta, necessariamente, che tanto il procedimento per dichiarazione di fallimento quanto le eventuali successive fasi impugnatorie continuino a svolgersi nei confronti della società (e per essa del suo legale rappresentante), ad onta della sua cancellazione dal registro ed è giocoforza ritenere che anche nel corso della conseguente procedura concorsuale la posizione processuale del fallito sia sempre impersonata dalla società e da chi legalmente la rappresentava, ha ritenuto meritevoli di accoglimento le ragioni del ricorrente atteso che nell’ipotesi di estinzione della società è legittima l’opposizione al fallimento dell’ultimo liquidatore in virtù del ragionamento secondo il quale la posizione processuale del fallito è sempre impersonata alla società e da chi legalmente la rappresentava.
In materia di cancellazione della società, si segnala altresì la sentenza n.13659 pronunziata dalla Corte di Cassazione, sezione prima, in data 30/05/2013 e già oggetto di approfondimento sulla rivista secondo cui in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione al contraddittorio spetta al liquidatore sociale, poiché, pur implicando detta cancellazione l’estinzione della società, nondimeno entro il termine di un anno da tal evento è ancora possibile, ex art.10 l.f., che la società sia dichiarata fallita se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla cancellazione o nell’anno successivo, con procedimento che deve svolgersi in contraddittorio con il liquidatore, il quale, anche dopo la cancellazione, è altresì legittimato a proporre reclamo avverso la sentenza di fallimento.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 9534/2012 proposto da:
G.G.
– ricorrente –
contro
EQUITALIA , CURATELA DEL FALLIMENTO DI alfa S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;
– intimate –
avverso la sentenza n. 68/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/04/2012;
Svolgimento del processo
Con sentenza del 3 aprile 2012 la Corte di appello di Napoli dichiarava inammissibile il reclamo, avverso – la dichiarazione di fallimento della s.r.l. alfa in liquidazione, proposto da G.G. in nome di detta società. In particolare, la Corte di appello, premesso che la società era stata cancellata in data 20 gennaio 2011 dal registro delle imprese e che G.G. ne era stato l’ultimo liquidatore, osservava che:
1) nel caso in cui sia chiesto il fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese e perciò estinta, secondo quanto prevede l’art. 2495 c.c., il liquidatore in carica al momento della cancellazione, così come gli eventuali suoi predecessori nel medesimo incarico e più in generale così come ogni soggetto cui potrebbero derivare conseguenze negative dal fallimento della società, è legittimato ad intervenire in nome proprio nel procedimento prefallimentare promosso nei confronti della società e ad impugnare, sempre in nome proprio, la sentenza con la quale la società sia stata eventualmente dichiarata fallita; 2) si deve, invece, escludere che l’ultimo liquidatore della società cancellata sia munito di poteri di intervento ed impugnazione quale legale rappresentante poichè un ente giuridicamente estinto non può stare in giudizio o, comunque, avere propri rappresentanti organici, volontari o legali, che lo rappresentino in giudizio così come in qualsiasi rapporto giuridico. Infatti, da un lato, la formulazione dell’art. 2495 c.c., come modificato dalla riforma approvata con D.Lgs. n. 6 del 2003, non consente di ipotizzare che la società cancellata dal registro delle imprese rimanga in vita soltanto ai fini dell’eventuale dichiarazione del suo fallimento poichè, sul punto, la riforma ha inteso reagire all’orientamento giurisprudenziale che collegava l’estinzione delle società di capitali all’estinzione di tutti i rapporti giuridici che ad esse facevano capo. D’altro canto, la sopravvivenza della società, per un periodo indeterminabile, legato alla durata del procedimento prefallimentare e dell’eventuale successivo giudizio di impugnazione della dichiarazione di fallimento, comporterebbe inammissibilmente sia il potere dei soci di sostituire il liquidatore sia l’obbligo della società di pagarne il compenso.
G.G., in proprio e quale ultimo liquidatore della s.r.l alfa, propone ricorso per cassazione, deducendo sette motivi. Il fallimento e la s.p.a. Equitalia, creditore istante, non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Con i primi tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia: A) omesso di considerare che egli, come risultava dal reclamo e dall’intestazione della stessa sentenza, aveva agito quale ex liquidatore, prospettando quindi contemporaneamente sia la sua veste di legale rappresentante della fallita società sia, comunque, la sua veste di soggetto interessato a proporre in proprio il reclamo; B) ritenuto erroneamente che il ricorrente, quale ex liquidatore della società estinta, non fosse legittimato all’impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento; in tal modo la Corte di appello, da un lato, aveva disatteso il disposto della L. Fall., art. 18, comma 1, secondo cui il reclamo può essere proposto dal debitore e da qualunque interessato e, d’altro canto, coerentemente ma irragionevolmente e con violazione dei principi del giusto processo, aveva finito per escludere anche la legittimazione dell’ex liquidatore ad essere convocato ed a comparire nella fase prefallimentare in nome della società, e ciò malgrado nella specie la società fosse stata convocata e poi dichiarata fallita proprio in persona dell’ex liquidatore.
Il primo profilo dei motivi è infondato poichè, come risulta dagli atti, il reclamo è stato inequivocabilmente proposto dalla “soc. alfa s.r.l. in liquidazione… in persona dell'(ex) Liquidatore rag. G.G.” e non già da G.G. in proprio, quale ex liquidatore della società.
Il secondo profilo dei motivi è fondato. La questione, sia pure incidentalmente, è stata affrontata e risolta dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza 12 marzo 2013, n. 6070, secondo cui “la possibilità, espressamente contemplata dalla L. Fall., art. 10, che una società sia dichiarata fallita entro l’anno dalla sua cancellazione dal registro comporta, necessariamente, che tanto il procedimento per dichiarazione di fallimento quanto le eventuali successive fasi impugnatorie continuino a svolgersi nei confronti della società (e per essa del suo legale rappresentante), ad onta della sua cancellazione dal registro; ed è giocoforza ritenere che anche nel corso della conseguente procedura concorsuale la posizione processuale del fallito sia sempre impersonata dalla società e da chi legalmente la rappresentava (si veda, in argomento, Cass. 5 novembre 2010, n. 22547). E’ una fictio iuris, che postula come esistente ai soli fini del procedimento concorsuale un soggetto ormai estinto (come del resto accade anche per l’imprenditore persona fisica che venga dichiarato fallito entro l’anno dalla morte)”.
A tale insegnamento deve essere data continuità affermando il seguente principio di diritto: “la società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese mantiene, in virtù di una fictio iuris postulata dalla L. Fall., art. 10, la capacità di stare in giudizio tanto nel procedimento per la dichiarazione di fallimento e nelle eventuali successive fasi impugnatorie, quanto nella eventuale conseguente procedura concorsuale”.
Con i motivi dal quarto al settimo (lett. D-G), che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, il ricorrente lamenta che la società alfa s.r.l. in liquidazione sia stata dichiarata fallita malgrado l’inosservanza del termine a comparire previsto dalla L. Fall., art. 15, comma 3.
I motivi sono inammissibili in quanto riguardano una questione che è rimasta assorbita nel giudizio di reclamo e che, a seguito della cassazione con rinvio, dovrà essere esaminata con tutti i motivi del reclamo proposto dalla società.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
accoglie i primi tre motivi per quanto di ragione; dichiara inammissibili gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2013
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno
Numero Protocolo Interno : 540/2013