ISSN 2385-1376
Testo massima
Il contratto di trasferimento
della quota di partecipazione in una società di fatto, non avendo per oggetto
l’azienda sociale, non richiede la forma scritta “ad probationem“.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 29253-2006 proposto da:
B.M.G.
– ricorrente –
contro
M.G.F.;
– intimato–
avverso la sentenza n. 1211/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 08/08/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/03/2013 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza 18 gennaio 2002, il Tribunale di Saluzzo condannò la signora B.M.G. al pagamento della somma di L. 80.000.000, oltre agli accessori, a favore del signor M.G. F., a titolo di corrispettivo per la cessione della sua quota del 50% della società di fatto esistente tra le parti, e avente a oggetto la gestione di un esercizio commerciale di somministrazione di alimenti e bevande denominato Pizzeria (OMISSIS). Il tribunale accolse la tesi dell’attore, signor M., che solo a causa della sua nazionalità straniera, che impediva l’intestazione dell’esercizio a entrambi, le parti avevano stipulato formalmente un contratto di associazione in partecipazione, e ritenne simulato tale contratto.
2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Torino con sentenza 8 agosto 2005. Condividendo la ricostruzione del fatto accolta dal primo giudice, la corte ha ritenuto che l’esercizio commerciale fosse originariamente gestito da una società di fatto costituita dallo stesso M. e dal socio Ba.; e che quest’ultimo avesse trasferito la sua quota del 50% della società di fatto alla signora B.. La corte ha respinto la tesi di quest’ultima, della nullità dell’atto senza data, stipulato tra le parti in causa, con il quale anche il M. aveva poi a sua volta venduto la sua quota del 50% della società alla B. per il corrispettivo di L. 80.000.000.
3. Per la cassazione della sentenza, non notificata, ricorre la signora B. con atto notificato il 26 ottobre 2006, per cinque motivi.
Il signor M. non ha svolto difese.
Motivi della decisione
4. Con il PRIMO motivo si denuncia la violazione dell’art.2247 cc., che assume come elemento costitutivo della società il conferimento di beni o servizi. Erroneamente la corte territoriale avrebbe affermato che l’esistenza di un conto corrente bancario cointestato costituisce prova dell’esistenza di fondo comune, in mancanza di prova della provenienza del denaro depositato in conto.
5. Con il SECONDO motivo del ricorso si denuncia il vizio di motivazione, avendo la corte territoriale ritenuto provata la società di fatto tra le parti sulla base dei soli elementi costituiti dall’esistenza di un conto corrente cointestato alle parti e dalla registrazione di una società di fatto tra il M. e il Ba.. Il M. era receduto da quel contratto sei anni dopo la verificazione dei fatti di causa, sicchè la società era sopravvissuta alla vendita dell’azienda. Questa, pertanto, era stata trasferita per l’intero dal solo Ba..
6. Con il QUINTO motivo – la cui trattazione è qui anticipata per le ragioni che si vedranno – si denuncia il vizio di motivazione sulla supposta dissimulazione del contratto di società nel contratto simulato di associazione in partecipazione. Si richiama la giurisprudenza per la quale elementi caratteristici della società, e differenziali rispetto all’associazione in partecipazione sono il potere di gestione e la manifestazione esteriore dell’attività sociale di fronte ai terzi. Sul punto era assente ogni motivazione nella sentenza impugnata.
7. I tre motivi possono essere esaminati insieme, perchè investono nel loro complesso la ricostruzione del fatto. Ciò è vero anche per il primo motivo, sebbene con esso apparentemente si denunci sotto la rubrica della violazione di legge l’errore di diritto, in cui il giudice di merito sarebbe incorso motivando il suo convincimento sull’esistenza di una società di fatto tra le parti.
I motivi sono peraltro inammissibili, perchè tendono sostanzialmente ad una rivalutazione del fatto in questa sede di legittimità. Per ciò che concerne specificamente il valore attribuito alla cointestazione di un conto corrente, la lettura della sentenza non consente dubbi sul fatto che, indipendentemente dalla improprietà delle espressioni adoperate, la corte territoriale ha considerato il conto corrente cointestato uno strumento di gestione di liquidità utilizzate nello svolgimento dell’impresa comune, o conseguite attraverso di esso, e ne ha apprezzato il valore indiziario in un contesto ricco di altri elementi.
8. Con il TERZO motivo si denuncia la violazione degli artt.2556 e 1414 cc.. La validità del supposto contratto dissimulato, per cui il trasferimento dal Ba. alla B. avrebbe avuto ad oggetto solo il 50% dell’esercizio (lasciando al M. la residua quota del 50%, poi trasferita alla B. con l’atto senza data che è al fondamento della richiesta di pagamento del prezzo), richiedeva la forma scritta, secondo quanto richiede ad probationem l’art.2556 cc..
9. Il motivo è infondato. Il giudice di merito, infatti, ha accertato che il trasferimento a favore della B. aveva avuto per oggetto la quota della società di fatto spettante al cedente, e non l’azienda sociale; e poichè il trasferimento delle quote sociali non è soggetto a limiti di forma, non ricorrevano i presupposti di fatto per l’applicazione della norma invocata, che riguarda esclusivamente l’azienda.
10. Con il QUARTO motivo si denuncia la violazione degli artt.1418, 1343 e 1344 cc., che sanciscono la nullità del contratto avente causa illecita o in frode alla legge. Il giudice di merito, infatti, aveva ritenuto che la simulazione contrattuale avesse lo scopo di aggirare la normativa italiana che impedisce ai soggetti privi del regolare permesso di soggiorno di diventare titolari di esercizi commerciali.
11. Il motivo è infondato. La violazione delle regole amministrative sui requisiti per lo svolgimento di attività commerciali, pur potendo dar luogo all’irrogazione di sanzioni, non incide sulla validità dei contratti di società stipulati dai privati.
12. In conclusione il ricorso è respinto. In mancanza di difese svolte dalla controparte non v’è luogo a pronuncia sulle spese.
PQM
La corte rigetta ilo ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 15 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2013
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